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#LACULTURANONTIABBANDONA: TU NON ABBANDONARLA, POI

Mi arrendo. Rinuncio a dar conto qui sul blog degli ormai innumerevoli servizi e iniziative che, tramite la rete, gli operatori culturali piemontesi offrono ai cittadini per restargli vicini anche nei giorni della clausura. 
Rinuncio perché sono tanti, troppi per poterne segnalare alcuni facendo torto a chissà quanti altri.
Rinuncio, e me ne scuso.
Ma una cosa la devo dire. Ne ho scritto sul Corriere, ma è giusto che lo ripeta qui.
Ogni giorno che passa cresce in me il rispetto per i comportamenti e la forza di reazione del mondo della cultura di fronte all'emergenza coronavirus. 
Fin dall'inizio della crisi le stringenti difficoltà di un settore ad alto rischio d'estinzione sono state presentate alle autorità - che sulle prime parevano assai distratte - con dignitosa compostezza, senza scena madri né assalti alla diligenza. E già questo era tutt'altro che scontato.
Ma ciò che davvero merita un encomio è quanto sta avvenendo in queste ore. La cultura e lo spettacolo torinesi - anche al di là della generale mobilitazione nelle raccolte fondi - stanno dimostrando nei fatti che #LaCulturaNonTiAbbandona o #LaCulturaNonSiFerma non sono soltanto degli hashtag. 
E' uno spettacolo strano e meraviglioso vedere i protagonisti più variegati della scena torinese, da Arturo Brachetti a Patrizietta Sandretto, e le realtà più differenti, dal grande museo al club alternativo, schierarsi al fianco della comunità. Nessuno escluso. Con la giusta preoccupazione per i propri destini, ma ancor prima con la seria volontà di restare, sia pur con modalità nuove, a disposizione di ogni torinese di buona volontà che voglia anche nell'ora più buia mantenere accesa il sé la vitale fiammella dell'intelligenza, della curiosità. 
Questo si chiama resilienza; ma anche spirito di servizio, consapevolezza di svolgere un ruolo di pubblica necessità, di offrire un bene tanto prezioso quanto immateriale che non può e non deve mancare neppure nei frangenti drammatici: la mente ha bisogno di cibo, come il corpo. Gli uomini e le donne della cultura lo sanno, e si mobilitano. Senza lucro, senza senza applausi. Lo sentono come un dovere civile. E in cambio non chiedono nulla.
Ma meritano molto.
Ricordiamocelo anche dopo.
Persino i bruti che nei giorni facili sputavano - talora anche in senso non figurato - sui lavoratori della sanità, oggi capiscono, angustiati dalla paura o dalla necessità, quanta abnegazione e quanti sacrifici sorreggano - sempre, non soltanto nell'emergenza - l'opera di medici e infermieri che finora denigravano, o sottovalutavano. E anche la politica, passata la buriana, non dovrà dimenticare che la sanità garantita per tutti è quanto di meglio si sia data, pur fra tanti errori, l'Italia repubblicana.
Altrettanto vale per la cultura. Sapremo d'ora in poi, tutti, rispettarla e sostenerla come qualcosa di vitale per ognuno, e di cui ognuno deve avere cura?
L'auspicio - il miracolo - sarebbe una resipiscenza, pur nei noti limiti delle loro capacità, di coloro che finora l'hanno disprezzata o ignorata: i politici che destinano a quel mondo infime briciole dei bilanci pubblici; gli italioti che considerano i lavoratori intellettuali null'altro che inutili parassiti; i laureati all'università della strada che non sanno un cazzo di niente e sputan sentenze su tutto; gli arruffapopolo sempre pronti a scagliare strali contro "professoroni" e "salotti", intendendosi per "professoroni" coloro che sanno ciò di cui parlano, e per "salotto" ogni luogo dove ogni tanto viene aperto un libro; insomma l'intera genìa che lavora alacremente per ridurci a una terra di abbrutiti; ecco, facciamo voti affinché in qualcuno di costoro - non in tutti, non pretendiamo l'impossibile - si accenda una luce. E cominci a pensare.

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