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L'EDUCAZIONE DI UNA FANCIULLA DI CENT'ANNI. PAROLE E SILENZI DI FRANCA VALERI

Franca Valeri se n'è andata pochi giorni dopo aver compiuto cent'anni. La notizia mi raggiunge quassù, fra i castagni dell'Appennino, e mi addolora come mai avrei creduto; perché Franca Valeri l'ho ammirata tanto, come attrice e come autrice; e ancor più perché è una delle non infinite persone di quel mondo (no, non dite "personaggi", non si può vedere: sono persone, esseri umani, e non "personaggi") con le quali - contrariamente alle mie regole - ho volentieri parlato per lavoro. E quell'incontro mi ha lasciato un ricordo prezioso, qualcosa che mi è rimasto nel cuore e sono felice che mi sia rimasto. Così sono andato a cercarmi il resoconto della nostra chiacchiera a tre (c'era anche la mia amica Luciana Littizzetto) uscito su La Stampa pochi giorni prima del Natale 2011 (e "ripreso" da Dagospia); l'ho riletto; e leggerlo mi ha confermato che l'interlocutrice valeva molto più di quanto fossi riuscito a rendere con il mio povero scritto. Però mi sono detto che non ho di meglio, per ringraziare una donna che ritengo un onore aver conosciuto; e così ho deciso di ricopiare l'articolo qui sul blog, per ciò che può valere. E per dire grazie a una gran signora.

VALERI-LITTIZZETTO, LA SNOB E LA MONELLA

Averne due, da intervistare, non è facile. Ti subissano. Una, Luciana, di parole. L’altra, Franca, di silenzi. Le parole e i silenzi sono così precisi, taglienti, e tratti spietati, che dopo un po’ ti senti spiccicato il prototipo del maschio che le due viperette, Luciana Littizzetto e Franca Valeri, vivisezionano con impietosa allegria nel libro che hanno scritto a quattro mani, L’educazione delle fanciulle, pubblicato da Einaudi nella collana Stile Libero. La collana giusta. Più stile libero di così.

A stile libero ha viaggiato tutta la vita Franca Valeri, ragazza di buona famiglia, attrice - peggio, attrice comica - per vocazione e a scorno d’ogni aspettativa borghese, monumento del teatro e della tv italiani. E a stile libero viaggia Luciana Littizzetto, figlia del popolo (popolo d’una volta, ricco di dignità e sani principi) cresciuta con sabauda austerità e sabauda dentro anche adesso che dice le «parolacce» in tivù e dà il tormento al povero Fazio.
Non è la prima volta che Franca Valeri firma un libro a quattro mani: era successo nel 1951 con
Il diario della Signorina Snob, con i suoi monologhi e i disegni di Colette Rosselli, la mitica Donna Letizia: «Donna simpaticissima, di grande eleganza morale oltre che esteriore», la ricorda Franca. Beh, da Donna Letizia a Luciana Littizzetto, qualche differenza c’è. «Sì - ammette Franca Valeri, - la “monella” è un’ingannatrice, perché usa quel suo linguaggio... E invece è profonda, intelligente, colta. Ha un suo retroscena molto umano. E poi ho scoperto che è anche una musicista, cosa che io adoro...». La chiama «la monella». Fantastico. A questo punto ci vorrebbe un bicchierino di rosolio.

E la «monella» ricambia: «Una donna intelligente, di cultura, e sa cosa vuole: quando ha cominciato dev’essere stata durissima, figurarsi a quei tempi, una donna che faceva ridere... Ma Franca ha una fiducia in sé talmente forte che l’ha spuntata. E ancora oggi, a novanta e passa anni, è modernissima. Ai suoi spettacoli la gente muore di risate con personaggi come la signorina snob o la sora Cecioni, certi suoi monologhi di sessant’anni fa funzionano ancora perfettamente. E’ una grande».
La «grande», che essendo grande davvero non soffre di falsa modestia, ne conviene: «A questo punto, sono riconoscimenti graditi: se riscuoto l’affetto dei giovani, vuol dire che ho fatto bene. Intelligenza, cultura e educazione lavorano col tempo, e alla fine hai la fortuna, o la disgrazia, di poter giudicare il presente con il passato».

Ecco, a proposito. Questa domanda è scontata, ma se non gliela faccio poi mi dispiace. Come puoi non chiedere a Franca Valeri un confronto fra la tivù dei tempi suoi e quella di oggi? «Eh, certo, i contenuti sono scaduti. Posso capire che con l’allargamento del servizio fosse difficile mantenere un certo stile» (giuro, dice «allargamento del servizio»: meravigliosa signorina snob fin nelle ossa).
«Guardi Fiorello: è bravo, sì, ma quel genere di varietà, che adesso pare un miracolo, per noi era normale. Antonello Falqui aveva fior d’autori a disposizione, e per ogni serata poteva contare su almeno quattro o cinque attori straordinari, esseri fantasmagorici se misurati con il metro di oggi».

Anche L’educazione delle fanciulle è giocato sul confronto ieri-oggi: una ragazza di ieri e una di oggi lanciate in un dialogo funambolico sul destino femminile: l’immensa impresa di essere, quasi sempre insieme, figlie, sorelle, madri, spose, fidanzate, amanti... L’eterno Grande Gioco della Vita alle prese con un altro, misterioso e quasi sempre insostenibile universo: quello maschile.
«E’ un bel confronto, con Franca - dice Luciana. - Lei racconta con grande ironia le costrizioni e i binari obbligati che oggi, per fortuna, le donne non conoscono più. E’ una bella libertà, però rischi. E non hai certezze. Franca descrive relazioni lunghe, caute, a piccoli passi: ed è quello che ci manca, è una grave perdita. E’ anche vero, però, che quando ti beccavi un marito te lo tenevi anche se era un pistola». Tradimenti compresi. «Gli uomini non sanno vivere una vita sola», è il disincantato giudizio di Franca. «Ci siamo convinte che la libertà possa darci la felicità - filosofeggia Luciana, - ma non è sempre così. Oggi, se appena qualcosa non funziona, mandiamo tutto all’aria. Allora certi scogli si superavano, o almeno ci si teneva tutto dentro. Non so, però: non mi sembra una gran cosa neanche passare la vita intera con un dolore segreto nel cuore...».
Diciamo che una volta si pensava che una storia fosse «per sempre». «E oggi no. Io non me la sento di dire “ti amerò per sempre”. “Ti amerò più che posso”, questo sì. Ma “per sempre”... Noi ci intigniamo, pretendiamo che continui tutto uguale, e invece non è così. E questo ti crea dei gran complessi di colpa». «Il mondo è cambiato - aggiunge Franca - ma alla fine si devono fare i conti con l’animo umano, che non cambia mai». E Luciana, con moderata rassegnazione: «Cambiano consuetudini e scenografie, ma il copione rimane lo stesso. E gli interpreti recitano la solita parte».

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