Zemi, l'idolo rivendicato dai dominicani |
La Repubblica Dominicana ha chiesto ufficialmente al Museo di Antropologia ed Etnografia di Torino la restituzione del pezzo più celebre delle sue collezioni, l'idolo Zemi, un feticcio in cotone d'epoca precolombiana, il solo esistente al mondo.
I giornali di lingua spagnola (che danno ampio spazio alla vicenda) sostengono che “dopo più di cinquant'anni di ricerche” le autorità dominicane hanno scoperto che l'idolo si trova a Torino. Beh, una lesta ricerca su internet avrebbe richiesto molto meno tempo. Tanto più che il reperto è ben noto alla comunità scientifica internazionale.
Non si può peraltro negare che a Torino l'idolo Zemi sia nascosto con grandissima cura. Il Museo di Antropologia ed Etnografia, che fa parte del sistema museale dell'Università, è infatti chiuso al pubblico dal 1984 e (a differenza dei confratelli Lombroso, Anatomia e Frutta) è ancora in attesa di un vagheggiato “riallestimento” in una nuova sede. Un altro museo invisibile di questa sciatta città.
L'idolo Zemi è una testimonianza unica della cultura Taino, un popolo che abitava l'isola di Haiti e venne sterminato dai colonizzatori. Casualmente scoperto a fine Ottocento in una grotta nella parte dominicana di Haiti, il feticcio venne portato in Italia da un genovese, un tale Cambiaso, all'inizio del XX secolo. Sul Corriere trovate il racconto dell'intera odissea che ha portato lo Zemi dalla grotta caraibica fino a Torino. Una storia quasi da Indiana Jones, con manoscritti dimenticati, circostanze misteriose e un cast da manuale: l'archeologo americano, il capitano di Boston, il cacciatore indigeno, il console genovese, il caudillo sudamericano... Mancano soltanto i nazisti alla ricerca dell'Arca.
Ma l'aspetto più disarmante della vicenda è che, dopo tante traversie, con la chiusura del Museo anche il povero Zemi è praticamente diventato un desaparecido: lo si vede soltanto in occasione di mostre temporanee in giro per il mondo. Di solito riposa in pace in uno scatolone. Una specie di Belfagor che anziché al Louvre si nasconde nei magazzini deserti di un palazzo torinese. In effetti, inquientante è inquietante: sembra un incubo di Dario Argento.
Domani la richiesta delle autorità di Santo Domingo sarà esaminata dal Comitato interministeriale per la restituzione dei beni culturali. E a questo punto tanto vale restituirlo, il povero Zimi. Così finalmente i torinesi potranno vederlo: se vanno in vacanza a Santo Domingo.
L'idolo Zemi è una testimonianza unica della cultura Taino, un popolo che abitava l'isola di Haiti e venne sterminato dai colonizzatori. Casualmente scoperto a fine Ottocento in una grotta nella parte dominicana di Haiti, il feticcio venne portato in Italia da un genovese, un tale Cambiaso, all'inizio del XX secolo. Sul Corriere trovate il racconto dell'intera odissea che ha portato lo Zemi dalla grotta caraibica fino a Torino. Una storia quasi da Indiana Jones, con manoscritti dimenticati, circostanze misteriose e un cast da manuale: l'archeologo americano, il capitano di Boston, il cacciatore indigeno, il console genovese, il caudillo sudamericano... Mancano soltanto i nazisti alla ricerca dell'Arca.
Ma l'aspetto più disarmante della vicenda è che, dopo tante traversie, con la chiusura del Museo anche il povero Zemi è praticamente diventato un desaparecido: lo si vede soltanto in occasione di mostre temporanee in giro per il mondo. Di solito riposa in pace in uno scatolone. Una specie di Belfagor che anziché al Louvre si nasconde nei magazzini deserti di un palazzo torinese. In effetti, inquientante è inquietante: sembra un incubo di Dario Argento.
Domani la richiesta delle autorità di Santo Domingo sarà esaminata dal Comitato interministeriale per la restituzione dei beni culturali. E a questo punto tanto vale restituirlo, il povero Zimi. Così finalmente i torinesi potranno vederlo: se vanno in vacanza a Santo Domingo.
"Il feticcio venne portato in Italia da un genovese, un tale Cambiaso, all'inizio del XX secolo". A trasportare il feticcio in Italia, verosimilmente non sarebbe un semplice Cambiaso di Genova , ma un nostro alto rappresentante, un dignitario Sabaudo e poi Italiano. A rappresentare infatti reciprocamente le due nazioni erano dal 1859 ca. i fratelli genovesi Cambiaso , figli di un certo Giacomo . Da una parte in quegli anni c'era un Cav. Giuseppe Giambattista detto Giovanni Battista di Giacomo (negoziante ) che era stato console della Repubblica Domenicana in Italia (a Genova ) , membro della Società di Storia Patria di Genova (socio effettivo dal 10 agosto 1879,) , mentre che un certo Cav . Luigi (socio della precedente anche lui dal 10 agosto 1879 ) che rappresentava i Savoia e l'Italia nei Caraibi (sia come Vice Console che come Console ). Nel 1877 -1879 i due risultarono assai 'centrali ' nel far pervenire a Genova delle 'reliquie ' dei Colombo , dopo la ricognizione fatta della prima tomba della famiglia degli scopritore delle Americhe nella locale cattedrale ( http://archivio.corriere.it/Archivio/interface/view.shtml#!/NjovZXMvaXQvcmNzZGF0aW1ldGhvZGUxL0A1OTE4) . Negli anni '80 Giambattista parrebbe essere registrato in Rep Domenicana , o almeno partecipare al 3 congresso internazionale di Geografia di Venezia del 1881 con tale 'designazione'. Si trattava verosimilmente , quindi del Corpo diplomatico Italiano e non di un certo di una famiglia di cercatori di ventura. Che vi fosse un particolare nesso tra i Cambiaso ed il ruolo di Consoli italiani nella isola Hispaniola, in prossimità del 1908 -1909 si trova un certo Rodolfo Cambiaso con quel ruolo e , solo nel 1909 ad essere "reggente " provvisorio (per tale Giacomo Mondello ). La storia della proprietà del pezzo come legato ai Cambiaso è nota dal 1904 e , mi pare dal Fewkes . Il primo ad attestarla fu Fewkes nel 1891, in American Anthropologist, non dicendone la provenienza , ma riferendo che gli fosse stato trasmesso un disegno da un certo Capitano Appleton . riferibile ad una collezione da un certo capitano Appleton .
RispondiElimina. Lo steso venne in seguito riprodotto dal pittore e giornalista Rudolf Cronau nel 1892 nel suo primo Vol. di Amerika riferendone le misure e del ritrovamento in una grotta di Maniela, ad Ovest di Santo Domingo. Nel 1902 J Walter Fewkes cita la sua pubblicazione del 1891 e quella del Cronau per la provenienza del pezzo. Già 1904 , l'idolo, come già anticipato , si diceva già in Italia , o dei Cambiaso . Comunque sarebbe parimenti interessante che gli USA dicano da dove provenga quest'opera che non è legata a dei diplomatici , ma che pare spuntare senza alcun passato antecedente a questo millennio dalla Svizzera :https://emuseum.nasher.duke.edu/objects/14454/the-virgin-contemplating-instruments-of-the-passion;jsessionid=13A5E5E7341824B89DB9319BC69DF634 .