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CHIARABELLA, LE COLPE DEGLI ALTRI E IL FARDELLO DEI SINDACI

Non mi interessa gran che, il bailamme per la sentenza di piazza San Carlo. Una sentenza è una sentenza, chiusa lì. Resta l'infinito dolore per tanta sofferenza di chi non c'è più e di chi resta: un dolore che nessuna sentenza potrà sanare. E resta il giudice supremo della coscienza, per chi una coscienza ce l'ha. La politica non c'entra, e non ci sarebbe motivo per spendere altre parole a commento di una stagione che si trascina stancamente verso il termine prefessato. 
Ma anche sul viale del tramonto Chiarabella riesce ancora a irritarmi con quello che ho sempre considerato il suo vizietto inescusabile: buttarla nel culo al prossimo, pur di salvare il proprio. Dopo il verdetto, il quasi ex sindaco scrive su Facebook: "Una banda di quattro rapinatori, armati di spray urticante, si introdusse in mezzo alla folla e lo spruzzò per rubare collane e orologi. Questo gesto scellerato scatenò il caos".
Capito? E' colpa dei rapinatori. Mi ricorda Belushi in Blues Brothers: "Non è stata colpa mia! Davvero, sono sincero... Ero rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia!". D'altronde, la storia ci insegna che il Vajont fu colpa della montagna che decise di precipitarsi nell'invaso della diga.
Questa storia dello scaricabarile ha davvero rotto. Scrive ancora Appendino: "E' evidente che, se avessi avuto gli elementi necessari per prevedere ciò che sarebbe successo, l’avrei fatto. Ma così non fu". Eh già, mica puoi pretendere che un sindaco sia pure un veggente.

La veggenza e la Legge di Murphy

Piazza San Carlo, 3 giugno 2017
Vorrei però spiegare una cosa, alla mancata veggente. 
Da un grande potere derivano grandi responsabilità: e chi sta più in alto deve saper vedere più lontano, e riconoscere i rischi, anche i più nascosti, che chi sta in basso può anche ignorare. Immaginare il peggio e predisporre ogni misura per scongiurarlo non è pessimismo, ma prudenza; e non è dovere dei veggenti ma dei potenti, di coloro ai quali i cittadini comuni affidano l'alta missione di proteggerli e servirli. 
Pur senza tirare in ballo la Legge di Murphy ("Se qualcosa può andar male, lo farà"), in trent'anni di frequentazione professionale di grandi concerti ho imparato che soltanto un pazzo può consentire in occasione dei grandi eventi in piazza la libera circolazione di bottiglie di vetro, con conseguente formazione di micidiali tappeti di cocci. Eppure per trent'anni ho visto circolare bottiglie di vetro a opera di impuniti abusivi e nella sostanziale indifferenza delle "forze dell'ordine", nonostante le proteste degli organizzatori e i loro vani tentativi di impedire lo scempio. E ho visto anche furbesche elusioni delle più elementari norme di sicurezza (rare volte, per la verità, ma ho sempre frequentato concerti organizzati da gente seria ed esperta, non da mammelucchi onniscienti e faciloni). Aggiungo che la piaga delle rapine con lo spray al peperoncino all'epoca dei fatti di piazza San Carlo non era una novità, s'erano già registrati vari episodi in discoteche e spazi di spettacolo. Quindi non ho difficoltà a riconoscere ciò che è accaduto quella notte poteva accadere in mille altre occasioni. Il fatto che non fosse accaduto prima non significa che non potesse accadere. Infatti è accaduto. Quella notte. Sfiga? Certo. Ma chiunque, anche un bambino scemo, poteva pensare che, probabilisticamente, una volta o l'altra sarebbe accaduto (cfr. il quinto corollario della Legge di Murphy: "Lasciate a se stesse, le cose tendono ad andare di male in peggio").
Mi vengono alla mente quegli escursionisti che vanno in montagna con le scarpe da jogging, e quando finiscono nei crepacci e devono partire gli elicotteri per salvarli, dicono "se l'avessi previsto, non l'avrei fatto". No, caro escursionista: la tua colpa non è di non avere il dono della veggenza. La tua colpa è di non avere cervello.

Sempre cercando il responsabile, non certo io...

Ma non divaghiamo. Ciascuno ha il diritto di difendersi come sa e come può. Dico soltanto che mi sembra un gran brutto modo di difendersi, dare sempre la colpa a qualcun altro. E in quel campo Chiara Appendino ha un curriculum straordinario. L'inchiesta del Regio? "Mi sono fidata dei miei collaboratori". Pasquaretta al Salone del Libro? "Io non ne sapevo nulla". Evvài.
Coazione a ripetere
Non mi stanco di ripeterlo. 'Sta donna proprio non li sa scegliere, i collaboratori. Ma non è un problema soltanto suo, neh! Ci sono precedenti illustri anche in altri schieramenti.
Dev'essere un morbo che infetta chi si dà alla politica. Lo sfortunato rappresentate del popolo si sceglie i collaboratori uno per uno, li copre d'oro, e quelli, bastardissimi, gliela fanno sotto al naso come all'ultimo dei cornuti contenti.
Per piazza San Carlo, sulle prime l'uccello padulo ha puntato - come da manuale - il bersaglio più indifeso, una ininfluente sventurata spogliata della carica di assessore all'Ambiente con motivazioni che ancor mi sfuggono; ma ciò non è bastato a placare l'opinione pubblica, per cui l'uccello padulo ha continuato a volare in cerca di nuovi obiettivi, senza che mai il sindaco Appendino prendesse in considerazione, neppure per un minuto, l'ipotesi di una propria responsabilità oggettiva, quantomeno per omesso controllo. Adesso i capri espiatori scarseggiano, quindi la colpa ricade sul fato crudele che nega ai meritevoli il dono della preveggenza; nonché sui delinquenti comuni, gli unici peraltro che per le loro malefatte sono già al gabbio.

Il fardello dell'uomo bianco

Rudyard Kipling
C'è però un altro passaggio, nelle dichiarazioni post-sentenza di Appendino, che merita due parole: "Sui rischi e sulle responsabilità a cui sono esposti i sindaci, forse andrebbe aperta una sana discussione", scrive Appendino. Massì, apriamola. Che mi par di risentire il vecchio Kipling quando scioglieva il suo inno al colonialismo, "fardello dell'uomo bianco". Ovvero, tu vai a rompere i coglioni a casa degli altri, ma solo per il loro bene.
Poveri sindaci. Vittime del dovere, si fanno carico delle nostre necessità (quelle che loro ritengono essere le nostre necessità), e noi mai contenti. Manco glielo avessimo imposto noi. Ma chi t'ha mai cercato? Sei tu che stressi le glorie al mondo per aver quella cadrega, e poi ti lamenti perché è scomoda? Se non hai il fisico, fai altro. Gioca a ramino, vai a scopare il mare con una forchetta, raddrizza banane, metti il sale sulla coda ai passeri, dedicati ad attività da te sostenibili e non pretendere compiti che non sei in grado di svolgere decentemente.
L'imponderabile
I cinquestelle, difendendo la loro Condannata, tavanano di "elemento inquietante" perché "oggi esiste una responsabilità sull'imponderabile". Come se fosse "imponderabile" un casino in una piazza piena rasa di gente, con un tappeto di cocci di bottiglia e senza vie di fuga adeguate. Poi si domandano pensosi "chi sarà quel sindaco che avrà il coraggio di sfidare l'imprevedibile?", e a questa tavanata s'associa il sindaco di Bari e presidente dell'Anci che profetizza: "O si cambiano le norme o l'Italia rischia di diventare un paese senza sindaci".
Vi risparmio le mie considerazioni su un'Italia de-sindacizzata. Ma vogliamo parlare dei milioni di elettori che ogni cinque anni sfidano, loro sì, l'imponderabile rischio di mettersi in casa un solenne imbecille?

L'imprevedibile degli inetti

"L'imprevedibile" di cui parlano le povere vittime del dovere è l'imprevedibile degli inetti. Ogni giorno qualsiasi pilota di linea sfida l'imprevedibile di un incidente aereo: evento in linea di massima prevedibile (incidenti aerei talora accadono), ma imprevedibile perché di norma non accade per la semplice ragione che il pilota sa pilotare. Ma se ai comandi ci sono io, quell'evento "imprevedibile" diventa una certezza assoluta.
Ma certo, chiunque può pilotare un aereo. E che ci vuole?
Nessuno sano di mente si mette ai comandi di un aereo senza essere un pilota. Mentre chiunque può aspirare a fare il sindaco, come se tale ruolo non richiedesse doti e capacità speciali. Eppure guidare una città è difficile quanto lo è - per chi non ne è capace - pilotare un aereo. O ben più banalmente calcolare l'area del triangolo, se non si è studiata la geometria. 
Siamo sempre al solito punto dolente: l'adeguatezza o meno di chi ricopre un determinato ruolo. Se personaggetti inadeguati si candidano al ruolo di sindaco, non glielo prescrive il medico, ma soltanto la loro ambizione o l'ingiustificata supervalutazione di sé. Peggio per loro e per chi li elegge. Quando gli inetti vanno al potere, non ci sono innocenti: colpevoli gli inetti, colpevoli gli elettori.
Magari ricordiamocelo, quando entreremo in un seggio elettorale per scegliere il nostro prossimo problema.

Commenti

  1. Ahimè ineccepibile. Aggiungendo la neanche troppo velata tentazione di buttarlo nel culo oltre ai rapinatori che almeno rapinano, ai computati a cui lascerebbe volentieri le responsabilità scrollandosi le proprie.

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  2. l'unico politico onesto è il politico competente... lo dicevano circa 100 anni orsono... invece da noi la competenza è solo un impiccio, uno vale uno, e ti ritrovi nei posti chiave bibitari, DJ, morti di fama vari ed assortiti, ballerine di burlesque, e le lauree triennali sono grasso che cola... ma vi ricordate di quando strigliavano (a ragione, nulla da eccepire) il cav. con la sua corte di "nani e ballerine"... invece, ora, la competenza regna sovrana... a proposito, se vogliono aprire il parlamento come una scatola di tonno, sarà meglio che si sbrighino, altrimenti per rivedere l'emiciclo dovranno suonare il campanello del portone e sperare che gli uscieri li facciano entrare, mischiati al pubblico in visita guidata...

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  3. Gli inetti come li chiami tu sono al potere perche' hanno sostituito i ladri. Gli Italiani hanno la mente corta, sono masochisti ed incoerenti. Non si possono confrontare gli aspetti forti della prima repubblica con gli aspetti deboli della seconda...e' un errore di metodo. Dobbiamo avere l'equilibrio per confrontare fattori omogenei tra di loro, quindi per essere ancora piu' chiaro gli Italiani devono scegliere se vogliono una classe politica scaltra, preparata ma dedita al malaffare o una classe politica acerba, impreparata ma spinta da un'etica di onesta'. Finche' gli Italiani non decidono cosa vogliono fare da grandi, leggero' sempre questi commenti non costruttivi che lasciano le cose come le hanno trovate. Antonio (Londra)

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    1. In realtà la scelta non è sempre tanto radicale: esiste gente preparata e pure onesta, così come molti inetti sono anche farabutti. Comunque, se dovessi scegliere fra le due alternative radicali, preferisco ancora i ladri perché ogni tanto si riposano, mentre gli imbecilli sono imbecilli ventiquattr'ore su ventiquattro.

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    2. Ciò che è scritto non fa una piega, il vero problema che ogni governo sul pianeta è lo specchio del popolo. Se non miglioriamo prima noi stessi diventando per primi più responsabili per ogni cosa per migliorare questo pianeta, come possiamo pretendere di avere governi responsabili? Il popolo voterà sempre persone simili a loro quindi per ora voterà sempre il proprio carnefice. Lo slogan dovrebbe essere: migliora te stesso avrai dopo un governo che si occuperà di te quando lo voterai di qualsiasi parte poliotica esso sia.

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