Ho resistito senza sforzo alla tentazione di scendere agli scogli per il primo tuffo della stagione, e mi sono dedicato al rito della lettura mattutina: mi sta appassionando la quarta tappa dell'infinita sfida della "Comédie Humaine" e sono impaziente di scoprire quale dei tre pretendenti sceglierà Modeste Mignon. Ma non lo saprò oggi: m'ero da poco immerso nelle pagine balzacchiane quando l'inesorabile agenda dell'iphone mi ha ricordato la conferenza stampa del Museo del Cinema per la mostra "Photocall" che s'inaugura stasera alla Mole.
Ora: ammetto che la conferenza non mi interessava punto. Ma vabbé, già che fanno il collegamento video pare brutto non approfittarne. Così l'ho seguita dal mio soleggiato eremo, e qualcosa di divertente ne ho cavato. Intanto c'è l'intervento della Leon, un classico, con l'immancabile saluto "a tutti e tutti, ai giornalisti e alle giornaliste e, per l'occasione, anche ai fotografi e alle fotografe", trattandosi di mostra fotografica, o più precisamente di "un modo per connettere sempre di più la produzione con la formazione indispensabile perché la qualità della nostra produzione culturale cresca". Qualunque cosa ciò significhi. Comunque, ci rivela l'assessore alla Cultura del Comune di Torino, "questa mostra dimostra l'immensità del patrimonio del Museo del Cinema e dimostra anche l'attenzione e la cura che il Museo mette nella cura delle sue collezioni". Confesso che sentendo le parole "dimostra l'immensità" ho idealmente completato la frase tutt'altra immensità.
Ad ogni modo, soggiunge Leon, lo scopo della mostra che dimostra è "di invitare i cittadini e le cittadine e il pubblico di prossimità e i turisti a tornare al Museo". Dubbio: Leon non nomina le turiste, mentre in precedenza aveva citato nello specifico cittadine, fotografe, giornaliste e tutte. Ne deduco con le turiste non possono tornare al Museo.
Secondo classicone, il videosaluto della Poggio. I videosaluti della Poggio ormai non sono più soltanto un'agile scappatoia per sottrarsi alla rottura di palle delle conferenze stampa: costituiscono a tutti gli effetti un consolidato genere cinematografico, che in futuro sarà oggetto di studi universitari come lo spaghetti-western e il peplum.
D'altronde, neanche la mostra non è soltanto una mostra di fotografie di attori italiani esposte dentro la Mole e sulla cancellata della Mole e pure nel cortile del Rettorato trattandosi di mostra in collaborazione con l'Università. No: la mostra - presidente Ghigo dixit - è sì "una mostra diretta e facile da comprendere" (grazie a nome di tutti e tutte noi gnugnu) ma, spera il presidente, "anche un ulteriore motivo per tornare a visitare il Museo, in quanto particolarmente coinvolgente e ha anche dei momenti di spensieratezza, non voglio dire altro perché in questo momento non si può, ma spero che nel visitare il Museo del Cinema il visitatore possa in questa splendida atmosfera dimenticare i problemi che continuano ad esserci al di fuori".
Io a questo punto ho capito due cose: primo, che con il Covid stiamo messi malissimo, anche se in questo momento Ghigo altro non ci può dire; secondo, che al Museo hanno urgenza di rimpolpare le presenze, ripartite a basso regime.
"Photocall" sarà in grado di rimpolpare le presenze? Non lo so. Glielo auguro, a quelli del Museo; io, per dire, non mi sento troppo stimolato da una mostra di foto d'attori, ma in realtà di 'sti tempi la fotografia tira moltissimo, e può darsi che funzioni anche per la Mole.
Di certo è una mostra low-cost "per gli standard museali", precisano in conferenza stampa; ma giuraddio se una volta dicessero le cifre chiare e tonde senza dovergliele cavare di bocca con il forcipe... stavolta proprio non ci ho proprio voglia di domandarglielo, e mi accontento di sapere che è "una mostra fatta in casa" (l'unico tipo di mostra oggi alla portata dei nostri musei) ma curata e ben allestita, che utilizza la collezione fotografica del Museo per mostrare su un ideale red carpet i protagonisti della storia del cinema italiano dalle origini fino agli anni Novanta. Per gli ultimi venti-trent'anni, però, i curatori hanno dovuto ricorrere a prestiti esterni, dato che la raccolta del Museo si ferma a quel tempo che fu. Ho domandato il motivo di questo black out temporale, e il direttore del Museo Mimmo De Gaetano ha dato una risposta piuttosto sibillina, che vi riproduco stenograficamente nella non improbabile ipotesi che siate più perspicaci del sottoscritto: "Questa è la politica di tutti i musei: i musei in realtà raccolgono essenzialmente il passato quindi i fotografi diciamo così, non vorrei dire delle parole, però se non sono morti sostanzialmente non... fotografi, registi, attori, eccetera, è difficile insomma riuscire ad avere i loro archivi, siamo molto contenti di avere iniziato un percorso per cercare di avere in realtà delle collezioni del presente e quindi siamo in contatto con diverse attrici che verranno al Museo per delle masterclass per cercare effettivamente con loro di aver dei materiali di questi ultimi trenta-vent'anni, quelli che ci mancano, sì".
Riassumendo.
1) i musei raccolgono il passato. Boh, questo vale per i musei archeologici, o d'arte antica. Ma molti musei raccolgono e raccontano il presente, ad esempio i musei d'arte contemporanea; e il cinema è senza dubbio un'arte contemporanea.
2) se non sono morti sostanzialmente... Di sicuro la frase completa non era "se non sono morti sostanzialmente non li vogliamo", altrimenti Moretti si starebbe toccando freneticamente i coglioni. E altrettanto dicasi dei fotografi (e delle fotografe) viventi e presenti in mostra con le loro opere.
3) qualcosa si chiarisce con il successivo è difficile insomma riuscire ad avere i loro archivi, e ci credo: finché uno è vivo l'archivio gli può servire, da morto molto meno. Ma qui si sta parlando di fotografie d'attori, non di chissà quali materiali d'archivio. Le foto, per dire, che gli uffici stampa forniscono ai giornalisti: anche quelle hanno un valore documentario, di testimonianza. Giusto per non restare troppo indietro.
E difatti (4) al Museo sono molto contenti di avere iniziato un percorso per cercare di avere in realtà delle collezioni del presente e quindi siamo in contatto con diverse attrici che verranno al Museo per delle masterclass per cercare effettivamente con loro di aver dei materiali di questi ultimi trenta-vent'anni, quelli che ci mancano, sì.
Quindi cade la prima premessa, che "i musei raccolgono il passato": vaglielo a dire tu, alle attrici, che sono "il passato". Ti fanno nero a colpi di tacco quindici, e ben ti sta. Cade anche la seconda premessa, "se non sono morti...", dato che si chiedon doni ad attrici vive, per loro e nostra buona fortuna. Mica gli archivi, per carità. Però qualche oggetto-feticcio possiamo portarlo a casa: magari il tacco quindici che ti darà in testa la diva interpellata e pertanto automaticamente classificata nella categoria "passato".
Insomma, sono un po' confuso. Un punto specialmente mi lascia perplesso, benché in apparenza certificato dalle parole del direttore in persona: davvero le collezioni del Museo non vengono regolarmente aggiornate da almeno vent'anni, all'incirca un sesto dell'intera storia del cinema? Mi pare troppo grossa, per un Museo che si picca di modernità a botte di videomapping e virtual reality. Di sicuro il direttore intendeva altro, non si riferiva alla diuturna e silenziosa opera di raccolta e classificazione di materiali - manifesti, immagini, pubblicazioni - che senza alcun dubbio prosegue indefessa al Museo, e di cui non si parla perché fa più notizia un videomapping.
Ma allora perché autodenigrarsi, e dichiarare in conferenza stampa che al Museo mancano i materiali degli ultimi venti-trent'anni?
Bah, Sarà la distanza, sarà che fa caldo e sono rintontonito. Tra pranzo, pisolo e scrivere queste righe s'è fatta una certa. La foschia s'è dissolta cedendo il cielo a un azzurro glorioso. Adesso scendo per un tuffetto. E rimando a settembre le mie perplessità.
Il comunicato
E com'è ormai consuetudine, copio-incollo il comunicato che, più o meno, ritroverete anche sui giornali. Giusto per completezza di informazioneIl Museo Nazionale del Cinema, in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino, rende omaggio al cinema di ieri e di oggi con PHOTOCALL. Attrici e attori del cinema italiano, la grande mostra fotografica che racconta oltre un secolo di cinema italiano attraverso i volti dei protagonisti che lo hanno reso famoso in tutto il mondo.
Dal 20 luglio 2021 al 7 marzo 2022 la Mole Antonelliana diventerà ancora di più il tempio del cinema, raccontando un viaggio nella memoria filtrato dall’obiettivo della macchina fotografica che, tra ritratti in studio e scatti rubati, foto di scena sul set e servizi giornalisti, ripercorre oltre un secolo di vita cinematografica e sociale d’Italia, un viaggio a ritroso che parte dal contemporaneo e che termina con le icone del divismo dell’epoca del cinema muto. Il ruolo del fotografo si trasforma, da semplice maestranza a paparazzo, da artista agli scatti di moda: interpreta l’interazione tra cinema e fotografia, grazie al suo rapporto con l’attore, diventando così il tramite per lo spettatore.
La mostra inaugura il 20 luglio 2021, giorno del 21esimo compleanno del Museo Nazionale del Cinema alla Mole Antonelliana. Madrina della mostra è Sara D’Amario, attrice e scrittrice piemontese, che sarà anche modella per un giorno per il fotografo Riccardo Ghilardi: le foto realizzate verranno poi esposte in mostra.
Oltre 250 riproduzioni fotografiche fine art, 71 stampe originali e più di 150 scatti presenti nelle video gallery: questi i numeri della mostra che espone preziosi materiali conservati negli archivi del Museo (cartoline originali, apparecchi fotografici, brochure, riviste d’epoca) insieme a opere di fotografi, collezionisti privati, agenzie, enti e istituzioni italiane come il Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale, la Cineteca di Bologna, l’Istituto Luce-Cinecittà, Rai Cinema, la Film Commission Torino Piemonte e l’Archivio Centro Cinema Città di Cesena.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
La mostra si sviluppa nell’Aula del Tempio, cuore del Museo Nazionale del Cinema. I due grandi schermi propongono un montato realizzato da Rai Cinema che raccoglie momenti di red carpet nei festival più famosi al mondo. Sotto gli schermi trova posto uno sfavillante Red Carpet, un’installazione con le fotografie di Sabina Filice, che racconta il momento più glamour e mondano di ogni festival cinematografico, che fa sognare ad occhi aperti. E perché questo sogno di avveri, in fondo al Red Carpet la gigantografia di un gruppo di fotografi torinesi accoglie i visitatori tra flash lampeggianti. Basta girarsi e farsi un selfie, immaginando di essere una star.
Il percorso espositivo parte alla base della rampa elicoidale e si divide in quattro sezioni.
La prima, Attrici e attori contemporanei, racconta il cinema degli ultimi decenni. Qui sono privilegiati sia i ritratti, in cui l’occhio della macchina fotografica scruta ogni espressione del viso e ogni gestualità, sia le figure intere inserite in un contesto di architettura e paesaggio. Allo sguardo femminile di Sabina Filice, si aggiungono gli scatti di famose firme contemporanee come Stefano Guindani, Riccardo Ghilardi, Stylaz, Philippe Antonello e Stefano C. Montesi, i cui sguardi d’artista lasciano trasparire una complicità assoluta tra attore e fotografo, sia sui set sia nelle foto in posa.
La seconda sezione - composta dalle coloratissime Dive Pop e dai ritratti, rigorosamente in bianco e nero, di Italian Men - prosegue con l’epoca d’oro del cinema italiano e si concentra nel fenomeno del divismo degli anni ‘50 e ‘60 che ha reso la “Hollywood sul Tevere” il centro del mondo cinematografico.
La terza parte, Icone della rinascita e Ritratto d’autore, illustra i protagonisti della rinascita del secondo dopoguerra i grandi interpreti di Cinecittà, dal primo cinema sonoro al dopoguerra.
La quarta sezione, Nascita del Divismo è dedicata al cinema muto degli anni ‘10 e ‘20, alle prime dive e ai primi divi immortalati da fotografie in bianco e nero o seppiate.
Al termine delle quattro sezioni, un intero piano è dedicato a sei approfondimenti tematici: oltre le proiezioni e le video gallery, vi sono progetti artistici intorno alla stretta e complessa relazione tra fotografo, attore e cinema. Tra questi, Sguardi D’Attore di Stefano Guindani, il concorso per fotografi di scena CliCiak Scatti di cinema, Prove di Libertà di Riccardo Ghilardi e le preziose Giant Polaroid originali messe a disposizione da Claudio Canova. L’ultima stanza, Peep Show, è un omaggio al “mago del nudo” Angelo Frontoni.
Un’area è dedicata ai fotografi torinesi che, in occasione di questa mostra, hanno deciso di concedere alcune loro immagini al Museo Nazionale del Cinema: Francesco Del Bo, Dario Gazziero, Stefano Guidi, Gabriele Mariotti, Carlo Mogavero, Gianluca Platania, Alberto Ramella, Giuseppe Sacchetto, Renato Valterza, Sabrina Gazzola, Michele D’Ottavio, Pasquale Juzzolino, Maria Vernetti.
Il percorso di mostra si conclude al piano zero della Mole con la sezione Backstage!, con fotografie scelte con Film Commission Torino Piemonte: una selezione di scatti d’autore che vuole raccontare la magia e la complessità dei set cinematografici, insieme alle tante professionalità che li compongono. Quattordici scatti e alcuni importanti attori e attrici che hanno contribuito, nei vent’anni di attività della Fondazione, ad accendere i riflettori su Torino e il Piemonte.
All’esterno, sulla cancellata della Mole Antonelliana una proposta forse un poco inusuale: i fantasiosi e colorati collage brividopop realizzati da Marco Innocenti.
La mostra si estende nel cortile del Rettorato dell’Università di Torino, dove dieci immagini di grandissimo formato, tratte dall’importante archivio di Angelo Frontoni, ritraggono insieme celebri coppie del cinema italiano.
In occasione della mostra le due sale di CineVR presentano il video RedCarpetVR realizzato da Rai Cinema alla Mostra del Cinema di Venezia 2019. I visitatori potranno così provare l’emozione di veder sfilare accanto a loro gli attori e attrici preferiti. A partire dal mese di settembre verranno organizzate delle Masterclass con fotografi, attori e attrici, a cura di Stefano Della Casa con Stefano Boni, Grazia Paganelli e Mariapaola Pierini. Durante tutta la durata della mostra verranno organizzate delle iniziative per il pubblico e delle attività per le scuole, mentre il Cinema Massimo proporrà omaggi, proiezioni e incontri. All’interno di un progetto di digitalizzazione per la fruizione dei contenuti, il Museo Nazionale del Cinema ha realizzato una guida digitale che offre approfondimenti sfogliabili o scaricabili su smartphone tramite i QR/NFC posizionati lungo il percorso espositivo.
La guida, che include anche contenuti in LIS, è consultabile online sul sito del museo all’indirizzo https://photocall.museocinema.it Info orari e tariffe www.museocinema.it
Due note finali:
2) La mostra "Angelo Frontoni sul set" che si inaugura domani nel cortile della scuola De Amicis a Venaria non c'entra nulla con questa della Mole: è una vecchia mostra del Museo del Cinema riallestita per l'occasione su richiesta del Comune di Venaria.
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