Io sono un boomer. Me lo dice l'anagrafe, me lo ripete di continuo mio figlio e non credo che lo consideri un titolo di merito. In effetti, visti dai ventenni, sembriamo abbastanza patetici: vecchietti che in vita loro hanno avuto tutte le opportunità e tutte (o quasi) le hanno scialate, e adesso rompono e sputano sentenze e pure si vantano, non si sa di che. In compenso - mi consolo fra me e me - ci siamo divertiti almeno quanto ci siamo illusi; e ci siamo illusi moltissimo.
Come logica conseguenza, per nessuna generazione come per la nostra il cinema - illusione suprema - è stato specchio della vita, autobiografia e racconto picaresco. I film che decennio dopo decennio hanno raccontato la generazione dei boomers - film scritti, diretti e interpretati da boomers - sono e resteranno dei classici (almeno finché un boomer camminerà sulla terra) buffi e disperati, sempre in bilico tra l'epica, la farsa e la tragedia. I nostri vent'anni si sono riflessi e inventati in "Woodstock" e nel ribellismo lisergico di "Easy rider"; "Blues Brothers" ci ha accompagnati e sorretti nell'illusione di scongiurare l'incombere della maturità; salvo poi ritrovarci, sul baratro dei quarant'anni, adolescenti stagionati e già facili prede della nostalgia in "Marrakesh express" e "Turné". Film on the road, sfida e fuga sulle strade del mondo e dell'esistenza, con un costante fil rouge: la musica, il mito dell'eterna giovinezza - so you will stay forever young, cantava il nostro fratello maggiore di Duluth - garantita e certificata dall'effimera immortalità del rock'n'roll will never die e tutte quelle storie. Siamo la generazione che con gli Who cantava "I hope I die before I get old", e per gelido sarcasmo della scienza medica è diventata la più longeva e ingombrante della storia umana.
Aspettavo da tempo - prima di passare a identificarmi tristemente nel terzo atto di "Amici miei" - che un regista boomer raccontasse noi boomers oggi: finalmente costretti ad ammettere, pur recalcitrando, una vecchiaia certificata dalla carta d'identità, dalle rughe e da prostate grosse come meloni, e esorcizzata con alterne fortune tramite giubbotti di pelle, amori senili, sporadiche e cautelose canne e - inevitabilmente - ancora e forever rock'n'roll.
Aspettavo, insomma, un western crepuscolare per noi cowboys a cavallo per i canyons della vita (citazione di un altro boomer...), e finalmente l'ho avuto. Boomer fra i boomers, ieri sera al Massimo ho assistito alla prima proiezione di "Boys" di Davide Ferrario e mi sono riconosciuto nei tre boomers Giovanni Storti, Marco Paolini, Giorgio Tirabassi più il boomer avventizio Neri Marcorè: in arte "The Boys", rock band con un unico successo all'attivo ai tempi mitici (per noi boomers) della Summer of Love, del Peace and Love and Music, dei festival di Re Nudo e dei concerti del Winterland immaginati e mai visti mentre sognavamo di andare in California o alle porte del cosmo che stanno su in Germania (altra citazione, altro boomer...).
Se c'è di mezzo una band - e di mezzo c'è sempre una band - prima o poi nella vita dei boomers arriva il conseguente, inevitabile "rimettiamo insieme la band" (citazione di un boomer che non ha fatto in tempo a diventare un boomer rompicoglioni perché, in ossequio alla filosofia boomer, è vissuto veloce, morto giovane e non so se fosse un bel cadavere, ma almeno ci ha provato).
Aspettavo da tempo - prima di passare a identificarmi tristemente nel terzo atto di "Amici miei" - che un regista boomer raccontasse noi boomers oggi: finalmente costretti ad ammettere, pur recalcitrando, una vecchiaia certificata dalla carta d'identità, dalle rughe e da prostate grosse come meloni, e esorcizzata con alterne fortune tramite giubbotti di pelle, amori senili, sporadiche e cautelose canne e - inevitabilmente - ancora e forever rock'n'roll.
Aspettavo, insomma, un western crepuscolare per noi cowboys a cavallo per i canyons della vita (citazione di un altro boomer...), e finalmente l'ho avuto. Boomer fra i boomers, ieri sera al Massimo ho assistito alla prima proiezione di "Boys" di Davide Ferrario e mi sono riconosciuto nei tre boomers Giovanni Storti, Marco Paolini, Giorgio Tirabassi più il boomer avventizio Neri Marcorè: in arte "The Boys", rock band con un unico successo all'attivo ai tempi mitici (per noi boomers) della Summer of Love, del Peace and Love and Music, dei festival di Re Nudo e dei concerti del Winterland immaginati e mai visti mentre sognavamo di andare in California o alle porte del cosmo che stanno su in Germania (altra citazione, altro boomer...).
Se c'è di mezzo una band - e di mezzo c'è sempre una band - prima o poi nella vita dei boomers arriva il conseguente, inevitabile "rimettiamo insieme la band" (citazione di un boomer che non ha fatto in tempo a diventare un boomer rompicoglioni perché, in ossequio alla filosofia boomer, è vissuto veloce, morto giovane e non so se fosse un bel cadavere, ma almeno ci ha provato).
Quindi il boomer Davide Ferrario, con sorridente (auto)ironia, rimette insieme la band per un'ultima tournée. L'ultima tournée di una boomers band è sempre la più difficile: non ci sono palchi né spettatori, non devi vedertela con il pubblico ma con te stesso, con la vita che hai vissuto, con le scelte - quasi sempre sbagliate - che hai fatto, con le occasioni lasciate andare per noncuranza, per immaturità (l'immaturità dei boomers permane agevolmente oltre il mezzo secolo), o semplicemente perché non avevi il tempo, la voglia o il coraggio per afferrarle. Eppure, a ben guardare, non è andata così male; e ripercorrendo le storie di ieri e le storie di oggi, ti accorgi che, fatti i conti con la tua vita, in fondo siete pari (e ok, ancora citazioni da boomer...)
"Boys" a me è piaciuto molto. Uno dei film migliori (forse il migliore, ma non sono un critico cinematografico) di Davide Ferrario. Storia ben raccontata, con divertita e divertente complicità. Musiche stupende, e ci mancherebbe: sono del boomer-genio Mauro Pagani, più un cameo di Vicio dei Subsonica e di Linda Messerklinger a segnare il salto temporale; attori tutti in parte; eccetera eccetera, le varie cose che dicono i critici. Ma io non sono un critico, sono un boomer. E non so quale effetto potrà fare ai ventenni il film di Ferrario: forse lo considereranno un meritato perculamento di una generazione ridicola; forse un riassunto delle puntate precedenti che si sono persi perché non c'erano; forse una bella commedia che affronta temi, stati d'animo e drammi che, per loro fortuna, ancora non possono capire.
Noi boomers sì, noi capiamo benissimo, anche se preferiremmo di no. E ci consola il lieto fine, in cui ogni rimorso e ogni fallimento è addolcito e accettato in virtù dei tre miti fondativi dell'eterna adolescenza boomer: la musica, l'amicizia, e il beau geste autolesionista. A noi boomers piace il lieto fine. E facciamo perfino finta di crederci, per lenire l'oscuro dolore che ci portiamo dentro.
"Boys" a me è piaciuto molto. Uno dei film migliori (forse il migliore, ma non sono un critico cinematografico) di Davide Ferrario. Storia ben raccontata, con divertita e divertente complicità. Musiche stupende, e ci mancherebbe: sono del boomer-genio Mauro Pagani, più un cameo di Vicio dei Subsonica e di Linda Messerklinger a segnare il salto temporale; attori tutti in parte; eccetera eccetera, le varie cose che dicono i critici. Ma io non sono un critico, sono un boomer. E non so quale effetto potrà fare ai ventenni il film di Ferrario: forse lo considereranno un meritato perculamento di una generazione ridicola; forse un riassunto delle puntate precedenti che si sono persi perché non c'erano; forse una bella commedia che affronta temi, stati d'animo e drammi che, per loro fortuna, ancora non possono capire.
Noi boomers sì, noi capiamo benissimo, anche se preferiremmo di no. E ci consola il lieto fine, in cui ogni rimorso e ogni fallimento è addolcito e accettato in virtù dei tre miti fondativi dell'eterna adolescenza boomer: la musica, l'amicizia, e il beau geste autolesionista. A noi boomers piace il lieto fine. E facciamo perfino finta di crederci, per lenire l'oscuro dolore che ci portiamo dentro.
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