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LE MINCHIATE DELLA SETTIMANA

Dario Fo, premio Nobel per la Letteratura (nel mondo) e scroccone (nelle carte processuali)

Minchiata numero 1: Chicazz'è 'sto Dario Fo?

Sul "Corriere Torino" di venerdì 5 novembre, in merito al processo per peculato contro l'ex presidente del Salone del Libro Rolando Picchioni, leggo quanto segue: 
"Un dolce «monumentale» da 75 chili per festeggiare l’ultimo giorno del Salone del Libro, con annessa una consulenza per «il taglio della torta»: per un valore complessivo di 3.000 euro. E ancora, l’ospitalità offerta al saggista israeliano Amos Oz e il pranzo a Dario Fo (nei giorni in cui erano a Torino per la kermesse). A pagare è stata la Fondazione del Libro e oggi quelle fatture emesse da albergatori, chef e consulenti sono tra le presunte spese «non pertinenti» l’attività dell’ente cultur
ale. E per questo inserite tra le voci su cui si basa l’accusa di peculato per l’ex patron del Salone Rolando Picchioni". Ma, e qui viene il bello, "il luogotenente della guardia di finanza che nel 2015 — insieme ad altri colleghi — svolse gli accertamenti sui conti della Fondazione, indicando quali cifre andavano contestate e quali erano da considerarsi lecite... non è stato in grado di spiegare i criteri con cui è stata effettuata la scrematura tra spese lecite e illecite... Sarebbe così emerso che nessuno avrebbe verificato chi fossero Amos Oz e Dario Fo per decidere o meno la validità della spesa".
Cioè, fammi capire: "nessuno avrebbe verificato chi fossero Amos Oz e Dario Fo"? Davvero i segugi investigativi e i magistrati inquirenti avevano la necessità di "verificare" chi fossero Dario Fo e Amos Oz? Cioè, gli Sherlock Holmes de noantri non sapevano chi cazzo fossero 'sti due scrocconi, e pertanto hanno dedotto - elementare, Watson... - che non era una "spesa pertinente" alle attività del Salone del Libro offrire una decente ospitalità all'ultimo italiano Premio Nobel per la Letteratura e al più celebre scrittore israeliano, vincitore - guarda caso! - della prima edizione del Premio Salone del Libro e proprio per questo dal Salone medesimo invitato (e ospitato: un po' di buona creanza, che diamine!). Ora, non pretendo il finanziere, che non è tenuto a saper di letteratura; ma il magistrato, sant'iddio, almeno il magistrato! E stiamo a parlare di Dario Fo e Amos Oz, mica di due poeti minori del Trecento! Ma questi non leggono? Non dico un libro, ma cavolo, uno straccio di giornale ogni tanto, e non solo le pagine sportive... mi andrebbe bene pure guardassero un tg. Insomma, in che mondo vivono costoro?

Vivono in un mondo senza tv né giornali: questo mi sento autorizzato a presumere apprendendo che un'altra "voce su cui si basa l'accusa" sarebbe la "torta monumentale da 75 chili per festeggiare l’ultimo giorno del Salone del Libro". Altra spesa "non pertinente". Ora, qui non discuto della pertinenza, né del costo di tremila euro (che tre anni fa da altra fonte risultava fossero mille, sarà colpa dell'inflazione...). Semmai trovo stravagante una "consulenza per il taglio della torta": se chiedevano a me gliela tagliavo aggratis. Ma ciò che mi atterrisce sono le modalità del crimine. Voglio dire: per anni e anni il Salone del Libro di Torino si è concluso con l'affollata cerimonia del taglio della "torta monumentale", alla presenza di centinaia di persone (autorità civili religiose militari, espositori, scrittori, visitatori, giornalisti, passanti ignari, scolaresche, insegnanti, politici, editori, camerieri, tecnici, portaborse, eccetera eccetera), in collegamento in diretta con il Tg regionale delle 19,30 e con ampi servizi fotografici su quotidiani e siti (valgano le prove esibite in questa pagina).
Tutti sapevano, tutti erano complici del reato e ne godevano i benefici, poiché le fette della "torta monumentale" venivano distribuite agli astanti con democratica liberalità. Tutti - compresi i teleutenti - sapevano e tutti - esclusi i teleutenti -mangiavano, ma nessuno parlava: una stretta omertà regnava tra le migliaia di adepti della cosca della torta, sicché soltanto accurate e approfondite indagini hanno consentito ai nostri Salvo Montalbano e Leroy Jethro Gibbs riuniti di fare luce sulla torbida catena di delitti contro la glicemia pubblica.
P.S. Se il braccio possente della Legge volesse raggiungere altri criminali, mi propongo come bieco informatore e rivelo a chi di dovere che il reato di associazione per tortare è stato perpetrato anche in occasione di MiTo 2017 con la complicità di un sindaco e due ex sindaci di Torino. Esibisco a prova del fatto la fotografia che raffigura i reprobi intenti a spartirsi il corpo del reato. 

Minchiata numero 2: la Bibbia non è un'opinione

L'inaugurazione dell'opera (l'opera è al centro)
La benemerita associazione Cultura Italiae ha donato al Museo del Cinema l'opera "Inner Glow" dell’artista Marcantonio in collaborazione con Seletti. Come spiegano il comunicato stampa e il cartello piazzato di fianco all'opera, collocata davanti alla Mole, "Cultura Italiae è una piattaforma di riflessione al servizio del Paese per offrire un contributo alla costruzione di uno spazio di impegno progettuale condiviso ed etico, che vede la cultura come volano economico capace di sviluppare e diffondere un modello sostenibile e competitivo. Lo sforzo congiunto di molte donne e uomini del mondo della cultura, dello sport, dell’innovazione, delle arti, dell’impresa e delle professioni che uniscono le proprie competenze per realizzare progetti finalizzati a rappresentare al meglio l’Italia del merito e dell’eccellenza. Nel suo contesto Cultura Italiae ha lanciato il Programma "дети" (Deti) "Bambini". La pandemia, la guerra, due delle sette piaghe bibliche che da sempre accompagnano l'umanità...". 
Il cartello delle "sette piaghe"
Un momento: "pandemia e guerra, due delle sette piaghe bibliche"? Secondo Esodo 7-12 le piaghe bibliche - meglio note come "piaghe d'Egitto" - furono
dieci: acqua mutata in sangue, rane, zanzare, mosche velenose, mortalità del bestiame, ulcerazioni, grandine, locuste, tenebre, morte dei primogeniti. Però pandemia (ulcere a parte) e guerra, almeno quelle, il buon Dio le risparmiò al Faraone e al suo popolo.
Ci sarebbero poi le "cinque piaghe di Gesù", ma sono cinque e non sette, e comunque non c'entrano un bel niente con guerre e pestilenze. Nell'Apocalisse di Giovanni, invece , i "sette" si sprecano: le sette lettere alle sette chiese, i sette sigilli, le sette trombe, i sette portenti, i sette angeli che ricevono le sette coppe dell'ira divina...
I Quattro Cavalieri secondo Dürer

Riconosco che lì ne capitano di ogni, ma non trovo un riferimento preciso a "sette piaghe" comprendenti guerra e pestilenza. Ci sono però i Quattro Cavalieri scatenati dall'apertura dei sigilli (
Ap. 6,1-7): il testo giovanneo non è chiarissimo, comunque secondo alcuni interpreti i Quattro simboleggerebbero in effetti conquista militare (cavallo bianco, cavaliere con arco), violenza e stragi (cavallo rosso, cavaliere con spada), carestia (cavallo nero, cavaliere con bilancia), morte e pestilenza (cavallo verdastro).
Quindi, mettiamoci d'accordo: conquista miliare, violenza e stragi (ovvero la guerra) e pestilenza sono due (anzi, a rigore tre) dei Quattro Cavalieri dell'Apocalisse: e non c'entrano una mazza con le piaghe d'Egitto, né dieci né tantomeno sette. 
Spiace che un'associazione culturale tanto meritoria come Cultura Italiae sia incorsa in questa piccola catastrofe culturale, ma tutti possono sbagliare. Però chi di dovere si affretti a correggere almeno il cartello davanti alla Mole: ci passano tanti turisti, tanti stranieri, e prima o poi se ne accorge qualche biblista - e attenti, i popoli protestanti la Bibbia la leggono sul serio... - e noi ci facciamo la solita figura da cioccolatini.

P.P.S. E no. Non scrivo di Sgarbi che arriva ad Artissima e blatera che Artissima è troppo grande e bisogna portare metà delle gallerie in Trentino - dove, combinazione!, lui è il presidente del Mart. Quella lì non è neppure una minchiata. È una scorreggina nell’universo. 

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