Simon Vouet, "Madonna con bambino": in mostra a Palazzo Madama |
Sono tornato a Palazzo Madama: per una mostra-evento
Per recuperare il tempo perduto, ho ricominciato da dove mi ero fermato: ovvero "Da Poussin agli Impressionisti", i quadri francesi dell'Hermitage esposti a Palazzo Madama; quel giorno ci avevo fatto un giretto veloce, restando piuttosto deluso, prima di fuggire sopraffatto dallo scoramento alla vista di Franceschini & codazzo. Ci sono tornato con calma, e confermo la prima impressione: so what? Voglio dire: ci sono 75 dipinti di artisti francesi dal Seicento al primo Novecento. Per l'appunto, da Poussin agli Impressionisti. Nell'ambiente assai claustrofobico delle pareti posticce che formano il percorso espositivo nella Sala del Senato, mi sono fatto un rapido ripassino di quattro secoli di pittura francese. E già lì, non vado in visibilio: i francesi, in quanto a pittura, non penso abbiano fatto meraviglie finché non sono arrivati Renoir e compagni a cambiare il nostro modo di vedere.Ma questi sono gusti miei. Il problema invece è il solito, ve l'ho già spiegato nel post "Quella dell'Egizio è una grande mostra". Siamo di nuovo alle prese con un equivoco: si confonde la mostra-evento con la Grande Mostra. E le mostre-evento mi hanno davvero stufato. Non basta ammucchiare tanti capolavori (ammesso e non concesso che le opere arrivate a Palazzo Madama dall'Hermitage siano tutte capolavori) per dare al visitatore il fascino, l'arricchimento e magari la sorpresa intellettuale che sono il dono di una Grande Mostra.
Una visita (mal) guidata
Poco ho cavato dalla mia passeggiata nella Sala del Senato. Colpa dei miei limiti cognitivi, non dico di no: ma insomma, che cosa succede al visitatore scemo come me, quando s'inoltra nel bignami della pittura francese allestito a Palazzo Madama? Ok, si ricorda che prima di Poussin e Lorrain (che peraltro non ho mai considerato indispensabili...) c'è stato Vouet; poi rivede il piacevole Watteau e il lezioso Fragonard; si becca Ingres e David - ma sempre in pillole, perché una mostra-bignami offre soltanto pillole - e finalmente arriva ai tipi tosti, come Delacroix.Delacroix, "Arabo che sella il suo cavallo" |
E così sia degli Impressionisti (e dintorni) che chiudono in gloria, come da copione; sempre applicando il metodo "basta che ci siano", e dunque un quadro e due per ciascuno, un Renoir, un Gauguin, un Pisarro, un Cézanne, un Monet, due Matisse... e via impressionando (non mi inerpico nella disquisizione su chi sia e chi non sia impressionista: uso l'etichetta, come da titolo, per semplificare il concetto).
Bene, belli, bravi. Ma se a cento metri di qua ne ho a strafottere, di Matisse splendidi, che cosa mi aggiungono queste due pareti? Mi aggiunge che mi fermo davanti al quadro del pittore famoso e penso: ecco, sto guardando il quadro di un pittore famoso.
Ma per fortuna che c'è il vecchio Gustave
"Gorge", il paesaggio di Gustave Doré che ha dato un senso alla mia visita |
La Camera di vetro: ecco la Grande Mostra
Adesso immagino che le ragazze della Fondazione Torino Musei, e Patriziona in primis, si arrabbieranno di nuovo con me e di nuovo si domanderanno perché ce l'ho con loro e qualcuno strologherà nuove e più pittoresche contromisure. Ma io non ce l'ho con nessuno. Adoro le ragazze della Fondazione che credono nel loro lavoro e si arrabbiano se lo scemo lo sminuisce. E penso che una mostra come "Da Poussin agli Impressionisti" possa anche essere utile al grande pubblico che magari ignora l'esistenza di Watteau; piacevole per il visitatore che vuole trascorrere onestamente il sabato pomeriggio; e persino prestigiosa se facciamo il conteggio dei nomi illustri che espone.I vetri per cattedrali esposti nella "Camera di vetro" di Palazzo Madama |
Commenti
Posta un commento