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Gli attori, i registi e tutto il cocuzzaro schierati alla conferenza stampa dello Stabile stamattina al Carignano |
E stamattina toccava allo Stabile. Le conferenze di maggio, per presentare le stagioni che verranno, sono una messa cantata che a me ricorda tanto i giorni dell'infanzia, quando mi deportavano ai matrimoni e ai funerali, e in chiesa ascoltavo quel tizio che parlava di cose che non mi riguardavano, e dopo pochi minuti ero già nella giungla con Sandokan e l'Uomo Mascherato.
La nostalgia di Evelina
Certo, c'è chi nell'occasione si commuove, anche da lontano. Ma perché emotivamente coinvolto. Come Evelina Christillin che manda un sms alla sua ex collaboratrice, "mi viene il magone a non esserci, grazie ancora per 8 anni meravigliosi"; e posso capirla, se hai lavorato bene con bella gente per tanto tempo felice, è naturale che ti manchi persino la conferenza stampa di presentazione della stagione nuova. Però ammettiamolo: la conferenza stampa di presentazione della stagione nuova (non solo dello Stabile) è di default una mappazza che stroncherebbe un rinoceronte.
La famosa barzelletta dei pomodorini
Altra memoria che mi accendono queste situazioni è - per via dei compiaciuti rendiconti e dello snocciolamento dei risultati raggiunti - la famosa barzelletta dei pomodorini.
Non conoscete la barzelletta dei pomodorini? Ve la faccio breve: c'è questo campo di pomodorini sul quale sorge il sole. Ai primi raggi i pomodorini si svegliano e cominciano a gridare "oh, che meraviglia, siamo dei pomodorini belli e rossi, il sole ci bacia perché siamo freschi e succosi, noi siamo dei bei pomodorini, trullalà!". Nel campo dei pomodorini c'è anche un grosso e lutulento stronzo che dorme ronfando pesantemente. Ai gridolini di gioia dei pomodorini lo stronzo si sveglia, si guarda attorno con aria scocciata, e comincia a borbottare: "Io sono un pomodorino, sono bello e rosso, il sole mi bacia perché sono fresco e succoso...". I pomodorini si tacciono, lo squadrano con disprezzo e gridano: "Ma quale pomodorino? Tu sei uno stronzo!". E lo stronzo risponde: "Lo so: ma è mezz'ora che voi fate gli stronzi, avrò ben il diritto di fare io il pomodorino per cinque minuti?".
Insomma, cullato dai discorsi e dai bravo bene bis, io mi sentivo come lo stronzo, stamattina. Forse perché lo sono, non so.
Però sono bravi, non c'è che dire
Ma a parte le liturgie della messa cantata, quelli dello Stabile sono bravi davvero, hanno presentato un report di successi da sballo: pubblico in crescita del 19% rispetto alla stagione precedente, incassi più 24%, 17.759 abbonati, e soprattutto il gusto perfido del direttore Filippo Fonsatti di rimbeccare quegli "esponenti della società non solo laica" (usa questa perifrasi, e ovviamente si riferisce a Nosiglione) che qualche tempo fa hanno piantato la geremiade sulla cultura negata ai meno abbienti. Sottolinea, Fonsatti, che lo Stabile ha offerte di biglietteria alla portata anche di chi ha solo 5 euro in tasca. E adesso ci si mette anche la Fondazione Crt, che offre mille abbonamenti gratuiti a tre spettacoli da assegnare a giovani a basso reddito fra i 18 e i 35 anni. Ci sarà un bando apposito, aperto dal 31 maggio al 30 giugno. Sono curioso di vedere come finirà. Davvero curioso. Checov come alternativa all'8 Gallery è una sfida esaltante.
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Cast stellare: in prima fila da sin, Beppe Rosso, Mario Martone, Giovanna Mezzogiorno, Gabriele Vacis, Valter Malosti, Elena Bucci |
Salvato dagli istrioni
Aggiungo che la messa cantata ha trovato pronto riscatto allorché Mario Martone ha acchiappato il microfono e ha improvvisato due chiacchiere con i veri protagonisti dello Stabile, gli attori e i registi accomodati sul left side delle autorità. Mossa da consumato showman: hai sottomano il fior fiore del teatro nazionale, non approfittarne sarebbe pura follia. Perché, vedi: prendi un regista come Martone, dagli un microfono e un cast con Giovanna Mezzogiorno, Gabriele Vacis, Beppe Rosso, Elena Bucci, Jurij Ferrini, Michele Di Mauro, eccetera eccetera, ed è subito spettacolo. Lì, all'impronta. Puro talento. E il talento non si spiega. La magia non si spiega. Ti portano via e basta. Persino da una noiosa conferenza stampa.
Così lo stronzo riemerge dai suoi sogni di Sandokan e Uomo Mascherato, e si lascia rapire dai magnifici istrioni cazzeggianti.
Potenza del teatro.
Ad ogni modo: per tutte le notizie mainstream sulla stagione e altre cazzebubole, vi rimando ai siti mainstream.
Per le notizie on the wild side, magari più tardi.
Per adesso, vi pubblico l'allocuzione di Mario Martone che, pur nell'ufficialità di circostanza, ritengo interessante. Anche la relazione del presidente Vallarino Gancia e del direttore Fonsatti, piene di numeri e dati confortanti, avevano il loro perché. Ma quella di Martone è più passionale, quindi la preferisco.
Il discorso di Mario Martone
Nel nostro primo tratto da Teatro Nazionale mi sembra che abbiamo ottenuto dei risultati importanti. "Morte di Danton", "Amleto a Gerusalemme" di Gabriele Vacis e Marco Paolini, "Fedra" di Andrea De Rosa sono spettacoli che il mondo teatrale italiano ha assunto come tra i decisivi della stagione che si va concludendo, lavori che hanno appassionato pubblico e critica, riempiendo dovunque i teatri dove sono stati programmati. Sottolineavo l'anno scorso il fatto che il passaggio a Teatro Nazionale avveniva per noi in modo naturale e quanto abbiamo fatto lo ha dimostrato: i semi hanno fruttato al momento giusto, basterebbe pensare ai giovani neodiplomati della nostra scuola che si sono fatti valere in quasi tutte le nostre produzioni, mentre altri ex allievi sono già in giro con importanti compagnie. Abbiamo coltivato negli anni una compagine ampia e variegata di artisti che si ritrovano oggi su un orizzonte comune, capaci di parlare al pubblico e allo stesso tempo di osare sia sul piano formale che su quello politico, consapevoli che il teatro è vivo solo quando interroga la realtà. Alcuni di questi artisti sono piemontesi, altri no, in uno scambio proficuo di esperienze e linguaggi che arricchiscono anno dopo anno il nostro teatro. La stagione a venire va letta come il seguito della precedente, con essa infatti il piano triennale richiesto dal Ministero si squaderna del tutto consentendo al pubblico di guardare al paesaggio nell'insieme. La prima linea tocca quest'anno ad altri protagonisti di questa nostra compagine. Ad aprire le danze Valter Malosti, che nei mesi scorsi ci ha regalato in forma di spettacolo raccolto e bellissimo un'"Arialda" maturata dal saggio dei suoi ex allievi: adesso affronta in una produzione da gran teatro Il giardino dei ciliegi, con un cast interessantissimo, da Elena Bucci (finalmente protagonista di una nostra produzione) a Natalino Balasso, da Fausto Russo Alesi al giovane Giovanni Anzaldo (altro bravissimo attore sfornato dalla nostra scuola) e con Piero Nuti, che saluto con affetto ricordando la sua grande compagna Adriana Innocenti che ci ha lasciato da poco. Un'apertura di stagione per la quale ci sarà grande attesa. Un piemontese è alla guida anche dell'altra grande produzione per il Carignano di metà stagione, Valerio Binasco, che metterà in scena "Sogno d'autunno" di Jon Fosse con Giovanna Mezzogiorno, Michele Di Mauro e Milvia Marigliano. Saluto con gioia non solo il ritorno di Binasco con un testo contemporaneo e la presenza del sempre più bravo Michele Di Mauro, ma in particolare l'arrivo di Giovanna Mezzogiorno, che conosco e stimo da quando era giovanissima e che sono felice giunga a calcare le tavole del Carignano, ennesima perla di una catena di primattori che di anno in anno si fa sempre più lunga e luminosa. L'apertura delle Limone è invece nelle mani di chi quest'anno l'ha chiusa tra l'entusiasmo commosso del pubblico, Gabriele Vacis. Da "Amleto a Gerusalemme" a "Smith & Wesson" il passo è da cavallo sugli scacchi, e io amo molto di Gabriele questa sua gran capacità di movimento creativo. Grazie a questa coproduzione con lo Stabile del Veneto, inoltre, possiamo finalmente schierare un testo di Alessandro Baricco, un appuntamento molto atteso. Nel frattempo avremmo avuto modo di vedere al Gobetti il terzo spettacolo della trilogia di Jurij Ferrini, e questa volta si tratta di "Misura per misura", con una regia di segno opposto a quello dello spettacolo che Luca Ronconi realizzò per il Carignano, un ulteriore viaggio per il nostro pubblico nelle infinite possibilità che offre la lettura di un testo teatrale. Quanto a me, salto un debutto torinese per un'esperienza diversa. Con lo Stabile riprenderemo infatti "Morte di Danton", che dopo l'esito della scorsa stagione è stato richiesto con forza dovunque in Italia: riusciremo a portarlo a Firenze, a Roma e a Napoli (dove, mi si lasci dire per inciso, quest'anno è approdata anche la "Carmen" al termine di una breve ma felicissima tournée). La ripresa del "Danton" fa sì che una mia produzione maggiore slitti di un anno, e come sapete io non mi dolgo di questo, anzi sono felice di potermi alternare con i registi miei compagni di strada. Ma lo Stabile, in qualità di coproduttore, mi sorreggerà da lontano per un debutto particolare, a Ponticelli, periferia di Napoli, dove un gruppo di giovani attori capitanati da Francesco Di Leva (che avete avuto modo di ammirare in "Carmen" e in "Danton") ha immaginato per lo spazio autogestito del Nest un "Sindaco del rione Sanità" calato nella realtà dei nostri giorni. Il gruppo del Nest aveva ottenuto i diritti da Luca De Filippo che negli ultimi anni era molto attento all'importanza della formazione teatrale, soprattutto in aree disagiate e difficili, e infatti a capitanare produttivamente l'impresa sarà la compagnia di Luca oggi guidata da Carolina Rosi. Si tratta del mio primo incontro con Eduardo, e, anche se nascerà altrove, sono contento che venga comunque sostenuto dallo Stabile qui a Torino, dove lo spettacolo si potrà vedere in marzo al Gobetti. Infine, "Il nome della rosa" di Stefano Massini da Umberto Eco con la regia di Leo Muscato. Un gran colpo messo a segno da Filippo Fonsatti: Leo Muscato ardeva di rappresentarlo, e Filippo ha sciolto tutti i nodi che ancora lo tenevano avvinghiato. Muscato è ormai parte della nostra squadra, con As you like it, che sta avendo grande successo al Carignano, ha mostrato anche a Torino la sua intelligenza di regista, e con lui non solo renderemo omaggio a Umberto Eco, ma lo faremo con la drammaturgia di uno dei nostri più importanti autori di teatro, Stefano Massini. Tanta Torino, come sempre: produzioni, dal Gozzano del Teatro della Caduta alle letture sceniche della Ginzburg alla Sala Pasolini, tenuta a battesimo da quel Fabrizio Falco che torna in cartellone con Leopardi; una rassegna preziosa come "Il cielo su Torino"; tra le ospitalità spiccano Beppe Rosso e Tangram Teatro; l'abituale spettacolo per ragazzi e famiglie al Carignano. Oltre alle presenze dei più grandi nomi del teatro italiano che come ogni anno si scambiano il testimone tra i nostri tre teatri, mi piace segnalare il ritorno di due maestri come Antonio Latella e Pippo Delbono, la "Lehman Trilogy", ultimo e vitalissimo spettacolo di Luca Ronconi, gli Shakespeare dei Tiger Lillies e di Silviu Purcărete ai quali va affiancato quello italiano di Àlex Rigola, il testo di Hanoch Levin interpretato da un grande Carlo Cecchi con la regia di Andrée Ruth Shammah, il lavoro realizzato da Mimmo Sorrentino con otto detenute del reparto di Alta Sicurezza del carcere di Vigevano, e con affetto, infine, l'approdo al Carignano, con uno spettacolo che ha riscosso grande successo nella scorsa stagione, di Paola Rota, mia collaboratrice storica qui a Torino.
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