Assortite compagnie: da sin. Milella, Faure e l'assessore Parigi |
Il bivio: la Fondazione perderà il Salone?
Cominciamo con la roba facile. Questa la road map: il CdA dovrebbe riunirsi già questa settimana, massimo la prossima. Approverà il bilancio, sostanzialmente in pareggio; anzi, si prevede un pur minimo attivo.
Poi s'inizierà il confronto sul futuro. E' possibile che alle consultazioni partecipi anche Federico Motta, il presidente dell'Aie che si è dimesso dal CdA del Salone, ma che viene considerato un interlocutore irrinunciabile perché, per dirla con Ferrero, "gli editori sono i primi editori del Salone".
Sul tavolo, la natura stessa del Salone. Ci sono due correnti di pensiero: qualcuno vorrebbe scorporarlo dalla Fondazione per il Libro; altri lascerebbe le cose come stanno ora, con il Salone emanazione diretta della Fondazione.
La prima soluzione (Fondazione e Salone entità separate) piace agli editori, ai quali il Salone sta bene così com'è. Anzi, ambirebbero a organizzarselo loro, direttamente. Magari sempre a Torino, non dico di no. Prendendosi il Salone, lascerebbero volentieri alla Fondazione ciò che essi forse considerano roba inutile o poco interessante ai loro fini commerciali, tipo le iniziative a sostegno della lettura. Ciò spiega perché l'editoria italiana è in crisi.
Ad ogni modo, con l'arrivo fra i soci dei ministeri della Cultura e dell'Istruzione, il coté "educational" della Fondazione diventa essenziale. Al Miur, in particolare, il lavoro con le scuole e tutti i progetti per la promozione della lettura stanno a cuore ancor più del Salone in sé e per sé.
A me pare che togliere alla Fondazione per il Libro la gestione del Salone sia molto pericoloso; tanto più che non è chiaro in quali mani finirebbe. O lo è fin troppo.
Poi s'inizierà il confronto sul futuro. E' possibile che alle consultazioni partecipi anche Federico Motta, il presidente dell'Aie che si è dimesso dal CdA del Salone, ma che viene considerato un interlocutore irrinunciabile perché, per dirla con Ferrero, "gli editori sono i primi editori del Salone".
Sul tavolo, la natura stessa del Salone. Ci sono due correnti di pensiero: qualcuno vorrebbe scorporarlo dalla Fondazione per il Libro; altri lascerebbe le cose come stanno ora, con il Salone emanazione diretta della Fondazione.
La prima soluzione (Fondazione e Salone entità separate) piace agli editori, ai quali il Salone sta bene così com'è. Anzi, ambirebbero a organizzarselo loro, direttamente. Magari sempre a Torino, non dico di no. Prendendosi il Salone, lascerebbero volentieri alla Fondazione ciò che essi forse considerano roba inutile o poco interessante ai loro fini commerciali, tipo le iniziative a sostegno della lettura. Ciò spiega perché l'editoria italiana è in crisi.
Ad ogni modo, con l'arrivo fra i soci dei ministeri della Cultura e dell'Istruzione, il coté "educational" della Fondazione diventa essenziale. Al Miur, in particolare, il lavoro con le scuole e tutti i progetti per la promozione della lettura stanno a cuore ancor più del Salone in sé e per sé.
A me pare che togliere alla Fondazione per il Libro la gestione del Salone sia molto pericoloso; tanto più che non è chiaro in quali mani finirebbe. O lo è fin troppo.
Qualche idea di rinnovamento
Però la sfida del rinnovamento riguarda proprio le altre attività già svolte dalla Fondazione, che oggi si trova di fronte a una situazione ben diversa da quella che ne originò la nascita. Allora si trattava di strutturare il progetto di Accornero per un Salone del Libro come oggi lo conosciamo, e che prima non esisteva: lo spazio fisico dell'editoria italiana. Oggi tutto è cambiato, e la scommessa vera è la diffusione della lettura, alla luce delle nuove tecnologie e più in generale di uno scenario editoriale e culturale diversissimo da trent'anni fa.
Digitalizzazione delle biblioteche nazionali, tutela della memoria dell'editoria italiana, valorizzazione e sviluppo delle Città del Libro e dei parchi letterari, nuove iniziative con la Rai, una crescita dei rapporti internazionali: le idee non mancano, e già circola un documento che ne raccoglie alcune.
Si parla invece poco del nuovo direttore che sarà chiamato a sostituire Ernesto Ferrero. Qualcuno ha suggerito uno sdoppiamento del ruolo: accanto a un direttore gestionale, si potrebbe affidare la direzione editoriale per un periodo di due o tre anni a personaggi di spicco della cultura italiana o internazionale che "firmino" il Salone, un po' com'è avvenuto a Torino Film Festival con le direzioni Moretti, Amelio e Virzì.
Queste sono le idee. Sarà interessante vedere se ne nascerà una discussione costruttiva, o se alcune delle parti in commedia hanno già in tasca la propria ricetta (e magari anche il nome del suo direttore).
Lo spettacolo più straordinario, alla conferenza stampa di chiusura, una settimana fa, era Régis Faure, rappresentante della multinazionale francese proprietaria del Lingotto Fiere e vincitrice del bando per organizzare il Salone. Faure lunedì scorso sedeva al tavolo dei protagonisti, a distribuire consigli non richiesti, insieme e alla pari con Milella, Ferrero e gli assessori.
La scena sarebbe stata meno surreale se, anziché nell'Arena Bookstock, i sullodati signori si fossero incontrati in un tribunale, per chiarirsi che cosa sia un contratto e come vi si adempia.
Ho già espresso le mie riserve. Vista da un occhio non giuridico, la faccenda sta così:
Niente di questo si prospetta.
Intanto, però, mi dicono che in procura le indagini continuano. I magistrati vorrebbero sapere di più sulle modalità di quello che Ernesto Ferrero a suo tempo definì "un contratto capestro": ovvero il precedente contratto che legava la Fondazione a Gl Events per l'utilizzo del Lingotto Fiere. La storia futura del Salone del Libro passerà ancora da Palazzo di Giustizia.
Si parla invece poco del nuovo direttore che sarà chiamato a sostituire Ernesto Ferrero. Qualcuno ha suggerito uno sdoppiamento del ruolo: accanto a un direttore gestionale, si potrebbe affidare la direzione editoriale per un periodo di due o tre anni a personaggi di spicco della cultura italiana o internazionale che "firmino" il Salone, un po' com'è avvenuto a Torino Film Festival con le direzioni Moretti, Amelio e Virzì.
Queste sono le idee. Sarà interessante vedere se ne nascerà una discussione costruttiva, o se alcune delle parti in commedia hanno già in tasca la propria ricetta (e magari anche il nome del suo direttore).
Il destino di una presidente
A proposito di nomi. Nulla si muove fin dopo le elezioni. E prima ancora di scegliere il direttore, si scioglierà il nodo della presidente Milella. Lei è intenzionata a restare un altro anno, e l'interpretazione della legge le darebbe ragione. Ma molto è cambiato, dacché le fu affidata quella poltrona: e molto potrà cambiare. Nuovi soci, diversa compagine, addirittura diversa fondazione. Sotto sotto i politici lasciano intuire che pensano anche a una diversa presidenza.Gl e i contratti: una situazione stravagante
Infine, qualcuno prima o poi dovrà chiarire il rapporto stravagante fra la Fondazione, gli enti locali e Gl Events.Lo spettacolo più straordinario, alla conferenza stampa di chiusura, una settimana fa, era Régis Faure, rappresentante della multinazionale francese proprietaria del Lingotto Fiere e vincitrice del bando per organizzare il Salone. Faure lunedì scorso sedeva al tavolo dei protagonisti, a distribuire consigli non richiesti, insieme e alla pari con Milella, Ferrero e gli assessori.
La scena sarebbe stata meno surreale se, anziché nell'Arena Bookstock, i sullodati signori si fossero incontrati in un tribunale, per chiarirsi che cosa sia un contratto e come vi si adempia.
Ho già espresso le mie riserve. Vista da un occhio non giuridico, la faccenda sta così:
- firmare un contratto di locazione con il quale ci si impegna a mettere a disposizione per tre anni il Padiglione 5 "o struttura equivalente";
- e dopo appena un anno vendere di soppiatto il Padiglione 5, sottraendolo così definitivamente alla disponibilità del Salone;
- e quando la cosa salta fuori sostenere pure con sicumera che l'Oval è una "struttura equivalente"; quando è chiaro a un bambino che non è equivalente un benamato, trattandosi di struttura non soltanto fisicamente diversa, ma soprattutto isolata dagli altri padiglioni e che l'esperienza ha già dimostrato essere sistematicamente disertata dal pubblico dei Padiglioni 1, 2 e 3;
- ebbene, forte più della mia condizione di contribuente che della mia laurea in giurisprudenza, mi permetto di pensare che fatti simili imporrebbero agli enti locali e alla Fondazione per il Libro quantomeno di consultare un paio di avvocati, ma bravi, per capire se sussistono gli estremi per chiamare Gl a rispondere in giudizio di inadempienza contrattuale;
- e se il parere degli avvocati fosse positivo, esercitare l'azione legale contro i franciosi, per ottenere se al minimo una compensazione equa, e togliergli dalla capa la convinzione di poter sempre fare il belino che vogliono.
Niente di questo si prospetta.
Intanto, però, mi dicono che in procura le indagini continuano. I magistrati vorrebbero sapere di più sulle modalità di quello che Ernesto Ferrero a suo tempo definì "un contratto capestro": ovvero il precedente contratto che legava la Fondazione a Gl Events per l'utilizzo del Lingotto Fiere. La storia futura del Salone del Libro passerà ancora da Palazzo di Giustizia.
Personalmente, quel "paio di cosette" mi interessano. Ho sempre avuto la sensazione che il vero scopo del "cambiamento" fosse quello di demolire la Fondazione e che per ottenere il risultato occorresse sbarazzarsi di Presidente e Direttore. Ovviamente, le mie sono considerazioni basate su un " sentire a pelle" che , però, difficilmente mi tradisce. Lo stesso assordante silenzio che oggi circonda chi ha dato tanto al Salone non può solo essere frutto di scarsa memoria o di sbrigativa applicazione di un giustizialismo a prescindere, ma mancato riconoscimento della meritocrazia (ah, questa sconosciuta!!!): pare quasi che ieri ci fosse Milella, oggi Milella, domani (interpretando la legge) ancora Milella. Non conosco l'attuale Presidente: può darsi che sia, come è stata definita, una risorsa per Torino, ma non dimentico che è stato urgentemente richiamato il Direttore Ferrero. " La storia futura del Salone del Libro passerà ancora da Palazzo di Giustizia ? " La sua affermazione mi pare estremamente pertinente, tanto più che le date relative all'inchiesta in corso sono "stranamente" combacianti con il prolungamento per un anno dell'incarico a Picchioni. Solo coincidenze? Solo casualità? E Palazzo di Giustizia non le ha notate?
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