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SALONI DEL LIBRO: LE ANGOSCE DI MILANO, LE AMBASCE DI FRANCIS

Anche loro erano partiti per Mosca convinti di vincere facile
Ci sono storie del Salone del Libro ancora da scrivere.
E una storia potrebbe essere questa. 

Il vento fa il suo giro

Scena prima. Oggi a Milano. Campo lungo.
Dopo le baldanze iniziali, i secessionisti meneghini scoprono che non è così facile inventarsi un salone del libro più grande e più bello dell'unico e marchiodepositato Salone Internazionale del Libro di Torino.
Metti che quelli di Torino, per una serie di fortunati eventi, azzecchino un po' di mosse e offrano agli editori/espositori condizioni economiche molto convenienti.
E insomma, metti tutto ciò e immagina che le giulive canzoni di guerra che pochi mesi or sono risuonavano sull'altra sponda del Ticino pian piano calino di tono e d'entusiasmo.
Fermo immagine. Cambio di scena. Flash back.

Il dietrofront "inspiegabile" del ministero

A gennaio l'iter di approvazione del nuovo Statuto della Fondazione per il Libro, che prevede l'ingresso come soci fondatori di MiBACT e Miur, si arena per l'appunto sui tavoli ministeriali. E' l'8 febbraio: su La Stampa esce un'intervista a Rossana Rummo, la dirigente del MiBACT che rappresenta il ministero nella Fondazione per il Libro. Intervista non casuale: non "rubata", come si dice in gergo, ma voluta. E con un effetto dirompente prevedibile e lucidamente pianificato.
In quel momento tutti danno per scontato che il ministero, oltre a contribuire al Salone 2016 con 300 mila euro (e altri 300 arriveranno dal Miur), sarà socio della rinnovata Fondazione. Ma nell'intervista la Rummo dichiara, a sorpresa, che Franceschini ci sta ripensando. "Abbiamo perplessità vere circa un articolo del documento che prevede una responsabilità diretta dei soci fondatori dal punto di vista gestionale e quindi finanziario. Si tratta di un ostacolo giuridico non da poco che di fatto obbligherebbe il ministero ad accollarsi anche debiti pregressi ed eventuali futuri", dice la Rummo.
Dario "Francis" Franceschini


La motivazione appare fragilina, mentre la scelta ha un peso "politico" non indifferente. Se il ministero non entra in Fondazione, il messaggio è chiaro: né con Milano, né con Torino. Arrangiatevi tra di voi. Senza dire dei soldi: i trecentomila di quest'anno sono arrivati, certo, ma l'anno prossimo nisba. E l'altro ministero, il Miur, si adeguerebbe: figurarsi se vanno in ordine sparso.
Insomma: l'intervista della Rummo suona tanto come un endorsement per Milano. Eppure Franceschini c'era rimasto male, l'autunno scorso, quando aveva tentato un compromesso ipotizzando uno stravagante MiTo del libro e i milanesi lo avevano allegramente spernacchiato, facendo marameo a lui e trattando come pezze da piedi quelli di Torino.
Francis s'era incacchiato il giusto e aveva apertamente sfanculato i bauscia definendo il loro "salone" nient'altro che "un evento di natura prettamente commerciale" e proclamando che il MiBACT stava con Torino tutta la vita.
Questo accadeva a settembre. Passano pochi mesi e ci ripensa.
Ma perché?
Pausa, spazio, pubblicità. Altro flashback.

Una proposta indecente ai nostri zuavi

Qualche giorno fa vengo a sapere da fonte attendibile, e ottengo conferma da fonte ancor più certa, di un incontro avvenuto a Roma un paio di mesi fa: diciamo in un periodo che si può ragionevolmente collocare fra la prima metà di gennaio e l'inizio di febbraio.
Sono, quelli, momenti difficili per il salone degli ossobuchi, momenti in cui i bauscia cominciano a realizzare che non tutto è facile come se l'erano raccontato. Rischia la faccia anche il sindaco di Milano Sala (pd), quello che gioca in Champions e che si era molto sbilanciato, ritagliandosi un ruolo da primo tenore nel coro degli entusiasti secessionisti.
Stando alle mie fonti, giusto in quel periodo Franceschini convoca a Roma Appendino e il Chiampa. I nostri zuavi partono tutti trulleri, ma non sanno cosa li aspetta. Francis gli fa una stravagante proposta, ricicciando il suo vecchio progetto del MiTo del Libro.
"Sergio, hai sentito? Questo è fuori!", "A l'è mac an fafiuché"
In sostanza, a quanto mi risulta, Francis avrebbe detto ai nostri due eroi che la competizione fra i saloni non ha senso, e che sarebbe meglio se Torino e Milano collaborassero spartendosi le aree d'intervento: tipo che uno punta sui grandi editori, e l'altro su quelli piccoli e tutt'al più medi; uno ospita gli autori internazionali, e l'altro quelli italiani. Indovinate voi chi è "l'altro" che dovrebbe beccarsi di default le parti meno glamour.
Non garantisco sui particolari della singolare proposta, ma la sostanza più o meno è quella.
Anche la ricostruzione che segue è ipotetica (io non c'ero) ma le informazioni che ho raccolto mi inducono pensare che oltre il piacere della narrazione ci sia nelle prossime righe un discreto tasso di realismo.
Dunque: Francis fa la proposta. E i nostri due zuavi allibiscono.
Appendino, va da sé, non ha nessuna remora politica a suggerire a Francis di andarsene a scopare il mare con una forchetta: ma anche il Chiampa, pur comprendendo le difficoltà dei compagni di partito, respinge al mittente la genialata. Più che la tessera, contano la dignità e il ruolo di governatore del Piemonte. La risposta è quindi unitaria: di queste cose si è già discusso, adesso siamo fuori tempo massimo. Indietro non si torna, quest'anno va così. Dopo i saloni tiriamo le somme e se proprio ci tieni ci riaggiorniamo.
I nostri zuavi tornano a Torino stanchi ma contenti del dovere compiuto. E l'8 febbraio la dirigente del MiBACT Rossana Rummo rilascia la famosa intervista, chiaramente parlando in nome e per conto di Franceschini.
Coincidenze.

E adesso che cosa capiterà?

Adesso gli addetti ai lavori prevedono che il MiBACT, e di conserva il Miur, traccheggeranno ancora, in attesa di vedere come va il Salone di Torino, e come se la sfanga Milano; e soltanto dopo, con astuta strategia bandwagon, decideranno da che parte stare.
E' probabile però che Francis non rinunci a vagheggiare il MiTo del Libro. Quella strada potrebbe in effetti riaprirsi, ma in futuro e con un totale cambio di prospettiva. A fronte di un Salone di Torino che potrebbe persino uscire rilanciato dalla trentesima edizione, e se il debutto del milanese Tempo di Libri non fosse troppo brillante, è evidente che muterebbero le priorità.
"Franceschini pensa ancora a MiTo - mi diceva l'altro ieri qualcuno del Salone  - ma semmai dovrebbe cominciare a ragionare su ToMi".

Commenti

  1. Segnalo una microstoria nella storia... Tutti a scrivere che l'Einaudi e' presente al salone del libro con uno stand ridotto... i giornali lo dicono, L'Einaudi lo lascia credere... e anzi, Ernesto Franco si intesta questa presenza come vittoria frutto delle sue fatiche a convincere la mondadori (si lo stesso Franco si affretto' a mettere le mani avanti annunciando "l'Einaudi non ci sara'" e che era a Milano un mese fa con un super stand dell'orgoglio einaudiano).
    Ma l'incredibile realta' e' un altra! Lo stand spacciato come "della Einaudi", in verita' e' di una piccola e nobilissima libreria privata (il "Punto Einaudi" di piazza carlo Alberto) a cui, giocando sulla ambiguita' del nome, e' stato lasciato titolo di rappresentanza della casa Editrice. In realta', la Giulio Einaudi Editore, al salone di Torino, per la prima volta dalla fondazione, non e' presente !
    P.S. : un piccola e gradevole mostra sulla grafica Einaudi e' stata invece allestita nello stand del comune di Torino. Il marchio dello struzzo non appare nememno tra gli sponsor tecnici e il giovane curatore interpellato risponde "Ci hanno autorizzato a riprodurre le copertine ma non ci hanno autorizzato a usare il marchio". Bella storia no ?

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