Ma chi glielo fa fare? Ernesto Ferrero, salvatore della patria salonistica |
La volpe e l'uva
La prima curiosità si potrebbe intitolare "La volpe e l'uva". La presidente Milella di recente ha annunciato, come attribuendosi un gesto di grande dedizione e impegno civile: "Ho rinunciato al mio compenso". E tutti giù a dire però guarda te che nobiltà d'animo.Non ho motivo di dubitare della nobiltà d'animo della collega Milella; ma nel caso specifico non si tratta di nobiltà d'animo, bensi di obbligo di legge. La malefica legge Madia (dl 90/2014, articolo 6), in forza della quale un pensionato non può ricoprire un incarico dirigenziale retribuito presso una pubblica amministrazione o presso enti e società controllati dalla pubblica amministrazione, tipo la Fondazione per il Libro (cioé il Salone). Per cui Milella non ha rinunciato al suo compenso più di quanto io non abbia rinunciato alla corona dell'Impero d'Etiopia.
Fa di necessità virtù anche chi, fra i politici, adesso precisa che "questa governance del Salone durerà soltanto un anno". Puoi dirlo forte: durerà soltanto un anno perché alla pensionata Milella - come a ogni altro pensionato d'Italia - è consentito di ricoprire soltanto per un anno, senza possibilità di proroga o rinnovo, un incarico dirigenziale - pur a titolo gratuito - negli enti succitati. E forse, se consideriamo anche il periodo passato in Consiglio d'Amministrazione, legalmente Milella è già fuori.
La questione l'avevo posta per tempo, non appena Bloody Giovanna fu nominata. I politici facevano spallucce, e dicevano "tanto la legge cambierà". Ebbene, I've got news for you: la legge non è cambiata. Anzi, la norma è stata chiarita dalla circolare ministeriale del 4 dicembre 2014, dove si legge tra l'altro che il divieto riguarda "gli incarichi conferiti da qualsiasi organo o ufficio delle amministrazioni pubbliche"; ed è stata confermata dall'articolo 17 ultimo comma della legge 124/2015, in vigore dal 28 agosto scorso. Fresca fresca.
Aggiungo che è molto diffusa l'idea che, dopo l'immane minchiata, anche la presidente avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni. Di questo parere è, oltre a Chiamparino e altri, anche Daniele Valle, presidente della Commissione cultura della Regione.
Ferrero, un sacrificio senza prezzo. Nel vero senso della parola
Purtroppo ciò apre un nuovo problema. Il povero Ferrero. Il sant'uomo - con generosità degna di migliori beneficiari - ha accettato di rimediare ai disastri perpetrati dagli stessi politici che cinque mesi fa lo avevano messo alla porta. Quindi, il pensionato Ferrero farà il direttore per meno di un anno, curando (e salvando) l'edizione 2016 del Salone. Fin qui tutto bene: la legge Madia lo consente. Però dovrebbe farlo gratis.Ora. Ferrero si prenderà sul groppone grane, fatiche, critiche e altre spiacevoli cosacce, e presumo che si aspetti di essere ricompensato, pagato, per il suo lavoro. Se lo merita, con lo sbattone che si becca. Invece, a norma di legge non possono pagarlo.
Ho l'impressione che sul punto finora Fassino e Chiampa abbiano glissato
Forse ero distratto io, e faccio anticipata ammenda.
O forse non ci hanno pensato, oppure sono ancora convinti che "la legge cambierà" (e allora dovrebbero informarsi). O più banalmente e italianamente hanno deciso di fregarsene, della stupida legge (e certo che è abbastanza stupidina come legge: ma non l'ho fatta io...). Si porrebbe in tal caso una "questione morale": un rappresentante delle istituzioni che decide di fregarsene di una legge dello Stato non è migliore del presidente del Consiglio Berlusconi quando istigava all'evasione fiscale.
Troppo grossa. Chiampa e Fassino sono gli eletti del popolo, per definizione più intelligenti, più saggi, più esperti e più lungimiranti di me. Prima di affidare a Ferrero l'incarico di salvare il Salone 2016, si saranno posti la domanda, e si saranno dati una risposta.
Il mietitore defraudato e il Signore degli eserciti
Magari, semplicemente, il galantuomo Ferrero ha accettato di lavorare senza compenso, per puro amore del Salone e della città.Sarebbe nel suo stile.
Però il volontariato per definizione non è obbligatorio. E' del tutto lecito, e logico, che un professionista di primissimo livello come Ernesto Ferrero - il cui ritorno è stato accolto con giubilo dall'Associazione editori - pretenda un onesto compenso da chi prima lo defenestra e poi con altrettanta rudezza lo richiama in servizio.
Ecco: se i nostri zuavi non pagano il giusto compenso all'operaio Ferrero; e putacaso l'operaio Ferrero, sulla scorta di Giacomo 5,4 ("Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti"), decide che non gli garba di mietersi gratis et amore dei il campo d'ortiche che altri hanno seminato; e con il beneplacito del Signore degli eseciti manda al diavolo l'allegra brigata dei capitani perniciosi (come farei io al posto suo, e come sarebbe comunque legittimo); beh, in tal si aprono scenari raccapriccianti, con l'immediato passaggio a Ezechiele 25,17.
Fuor di metafora biblica, il collasso di Librolandia. La fine - davvero ingloriosissima - del Salone.
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