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SALONE: NON PIACE L'HIGHLANDER, E MOISIO SONDA

Question Time in Sala Rossa: un annoiato Fassino ascolta (o forse no) l'intervento di Cassiani. Porcino dall'alto benedice
Allora, pronti via. Sono imbottito di antiemetici, quindi dovrei farcela. Novità sul Salone. Tante, nel senso che chiunque incontri ha la sua novità, e si fatica più che mai a distinguere cazzi e canguri, millantatori e persone serie. Io cerco in genere di basarmi sulle persone serie, il che in questa città riduce di molto le mie fonti.

L'Highlander non piace a Filura

Argomento del giorno: chi entra nel CdA del Salone al posto di Giovanna Milella, promossa presidente da Fassino, e di Giulia Cogoli, scappata per salvarsi dalle grinfie di Milella? Sono due nomine di competenza degli enti pubblici, ahinoi. Il Comune deve nominare il sostituto di Milella, la Regione quello di Cogoli.
I due nostri zuavi si sono rimessi all'opera, strologandosi sui candidati. La Regione vorrebbe mettere Alberto Vanelli, e ciò avrebbe un senso. L'ex direttore di Venaria è in panchina dopo essersi bruciato la consulenza alla Reggia per qualche dichiarazione di troppo. Quanto valga, Vanelli lo ha dimostrato dovunque ha lavorato. Si dice che abbia un cattivo carattere: accusa che di solito chi non ha carattere muove a chi un carattere ce l'ha. Poi Vanelli è uno che sa far di conto, sa motivare la gente e sa gestire le organizzazioni complesse. Parebbe l'uomo giusto al posto giusto. Di conseguenza, a quanto sento dire in giro, Fassino non lo vuole. C'è una logica anche in questo: a Fassino preme di difendere la sua Giovanna, che con Vanelli troverebbe un osso troppo duro da rodere. Un conto è mettere in fuga una Cogoli, altro è spuntarla con un Highlander.

Paolo Verri non è cretino

Poi continua a girare il nome di Paolo Verri. La Parigi lo aveva proposto come direttore dopo il forfait di Cogoli, ma è stata respinta con perdite. Io, fossi al posto dei capataz anti-Verri, non mi preoccuperei. Conosco Paolo Verri e so per certo che non è cretino. Quindi, toglietevelo dalla testa. Ha il suo lavoro a Matera e si trova benissimo. Oltretutto, lui il direttore del Salone lo ha già fatto, consigliere d'amministrazione non ci pensa neppure, e presidente non si può, perché Giovanna Milella non se ne andrà. Manco morta. E comunque Fassino piuttosto di Verri preferirebbe un dito nell'occhio. Troppo indipendente, per i parametri della Ddr.
Così ricomincia la conta dei possibili candidati al CdA, e pure alla direzione, se e quando ci si arriverà. Però trovo qui lo spunto per una considerazione: il problema per i politici che devono scegliere un manager culturale è che non sanno una bella fava di cultura, e di conseguenza non conoscono neppure quelli che potrebbero essere dei candidati credibili. Facciamo una prova. Se io dico Massarenti, lorsignori a chi pensano? A un terzino della Pro Vercelli?

Moisio raccoglie opinioni

In questo bailamme, un altro consigliere d'amministrazione - insolitamente dotato di sale in zucca - s'è posto il problema vero: prima di discutere di nuove nomine, e per andare a cercare i famosi "nuovi soci" senza sembrare magliari che vendono fumo, potrebbe risultare utile farsi una qualche idea del Salone che vorremmo.
Oh già, perché adesso risuona dal monte e dal piano, nei palazzi del potere e nei bar dello sport, la trombonata "servono nuove idee, serve un rinnovamento". Ma crepa se qualcuno ha tirato fuori uno straccio di idea nuova, tanto per dimostrare che in testa non ha solo un  certificato di nullatenenza.
Così il consigliere d'amministrazione Roberto Moisio se n'è andato a trovare un meditabondo Fassino e si è offerto di preparare (ovviamente d'intesa con il CdA, e soprattutto con Bloody Giovanna,  non sia mai!) qualcosa che possa sembrare a un progetto per il Salone che verrà. Una sorta di ricognizione, ascoltando quanti, in città, si presume possano dare un contributo creativo. O anche non creativo. Va bene pure un contributo pedestre; in questa città sarebbe già grasso che cola.
Moisio il Salone lo conosce come le sue tasche. Lo ha persino raccontato in un libro, "Un romanzo di carta", che a suo tempo sembrò una sorta di investitura. In effetti, c'era chi lo avrebbe visto bene alla presidenza, non fosse che non è nelle grazie degli attuali cacicchi. E insomma, il volonteroso Moisio raccoglierà volonterose opinioni, nella speranza che un volonteroso CdA ne tragga ispirazione per un volonteroso programma.
Secondo me ci faranno gli aeroplanini.
E spero apprezziate come tento disperatamente di non scivolare nella scurrilità.

Hic manebimus optime: Giovannina non si schioda

Poi c'è la convitata di pietra, la presidente Giovanna Milella, che ha passato la giornata al telefono a tessere alleanze e captare benevolenze. Non le mancano i sostenitori, dentro e fuori il Salone. E neppure gli antipatizzanti. Molti, anche in Consiglio comunale, sono dell'idea che doveva dimettersi pure lei, per azzerare il pasticciaccio brutto di via Santa Teresa. Chiamparino ha pure tentato di convincerla a togliere elegantemente il disturbo, ma s'è beccato l'ennesimo due di picche. Lei è strasicura del fatto suo. Salda come la rocca di Gibilterra. Il dibattito fra Magris e Beccaria alle 18 di martedì 15 al Campus Einaudi non è soltanto il debutto stagionale del Salone Off 365, ma anche la sua prima pubblica uscita da presidente. "Lasciamo che dicano, intanto io sono qui e qui resto", è il suo mantra. Fassino la difenderà fino alla morte, oggi in Consiglio ha ribadito che è adatta al ruolo in quanto ex presidente del Prix Italia, "una manifestazione che equivale per importanza al Salone del Libro". E io come giornalista equivalgo a Indro Montanelli. Eddai, Piero, fa ne parej...
Ma non credo che Fassino sia fermo sulle sue posizioni soltanto per dare una gioia al povero Braccialarghe (oggi assente per un gravissimo lutto che lo ha colpito). E' questione di testa. Lui è fatto così: quando il capo ha deciso, ha deciso. Non può sbagliare. Nella Ddr funzionava, no?

Come si costruisce un bel disavanzo

Intanto, le due categorie meno versate nelle matematiche - i giornalisti e i politici - gareggiano a sparare cifre sul presunto disavanzo. L'unico dato certo è il rosso del 2014, ovvero 487 mila euro. Il bilancio di previsione per il 2015 - stilato non ho ancora ben capito da chi, in quali condizioni  econ quali presupposti - balla attorno ai 900 mila euro, con picchi crescenti a seconda dell'entusiasmo e del tasso alcolico.
Nessuno chiarisce come si è accumulato. Ad esempio, Picchioni recriminava spesso che al Salone non fossero state pagate dagli enti pubblici attività straordinarie richieste in passato (tipo L'Italia dei Libri o la gestione del Parco culturale Piemonte Paesaggio Umano di grinzanesca eredità), e accettate da Picchioni medesimo per spirito di servizio (o giovanile sventatezza, dipende dai punti di vista).
Oggi pomeriggio durante il question time (di cui vi dirò più avanti) Fassino ha confermato che adesso la Città studierà come reperire i 300 mila euro che ha deciso di versare (altri 300 mila dovrebbe metterli la Regione) per ripianare il disavanzo del 2014. Staremo a vedere se quei 600 mila Regione e Comune li "verseranno" come al solito. Sapete come va, vero? Loro fanno gli splendidi e promettono i soldi, però li sganciano dopo uno o due anni - quando va di lusso - mentre il beneficiario, in crisi di liquidità, si fa incravattare dalle banche. Perché è soprattutto così, con gli interessi passivi causati dal ritardo nel pagamento effettivo dei contributi pubblici, che si costruiscono i disavanzi.
Di certo, poi, nessuno potrà supplire al sostegno economico della Camera di Commercio, che è venuto di colpo a mancare - così come quello della defunta Provincia.
E paraltro nessuno sembra seriamente intenzionato a sciogliere il nodo del contratto-capestro che lascia gran parte dei proventi commerciali del Salone nelle tasche dei padroni del Lingotto, i francesi di Gl Events.

Il Question Time

Mentre la situazione resta disperata (ma non seria), oggi pomeriggio in Consiglio comunale s'è consumato il sacro rito democratico del "Question Time": ovvero tre o quattro consiglieri comunali, più o meno incazzati, che chiedono conto al sindaco di quel che ha combinato, e il sindaco con la sua perenne aria annoiata che risponde che lui ha agito nel migliore dei modi possibili e che le soluzioni sono dietro l'angolo.
Vi risparmio domande e risposte, sarebbero noiose e scialbe copie di quel che già avete letto in questi giorni. Cito soltanto qualche perla random.
Chiara Appendino (M5S)
Appendino (M5S), preparata come al solito, si è imparata quasi a memoria il post di Gabo e ha anche studiato il libro di Moisio: "Noi siamo contro i grandi eventi come il Festival Jazz, ma riconosciamo il valore del Salone del Libro". Fassino dedica metà della sua controreplica a magnificare i grandi eventi, in primis il Festival Jazz con i suoi "225 mila spettatori" (bum, ribum e arcibum).
Ancora Appendino: "Milella doveva dimettersi anche lei, è corresponsabile di ciò che è accaduto". Fassino nella controreplica glisserà elegantemente sull'argomento. Toglietegli tutto, ma non il suo jazz e la sua Giovannina.
Maurizio Marrone (FdI)
Marrone (FdI): "Ripescare Ferrero significa ammettere che in questi anni non è nata e cresciuta una classe dirigente in grado di gestire il Salone". L'osservazione mi pare chiara, e persin lucida. Ma non lo è per Fassino, che replica: "Guardi le dinamiche di tutte le istituzioni culturali: non accade da nessuna parte del mondo che diventi direttore quello scelto dal direttore precedente, non c'è una logica di eredità". Secondo me Filura stava semplicemente con la testa altrove. Lo spero davvero, per noi e per lui. Altrimenti abbiamo tutti un problema. Un altro.
Cassiani (Pd): "Non ho paura che Milano ci soffi il Salone, perché è radicato a Torino". A dire il vero, con tutto il casino che siamo riusciti a combinare e la conseguente e clamorosa figura di merda che abbiamo rimediato, adesso neanch'io ho più paura che Milano ci soffi il Salone, perché i milanesi saranno bauscia, non sono cretini manco loro.
Laura Onofri (pd)
E poi ci rassicura assai il "postulato di Fassino": afferma che la "sindrome di Milano" è provinciale e non ha ragion d'essere, specie nel caso del Salone del Libro, "in quanto il 90 per cento delle case editrici è a Milano". Questa io non l'ho capita. Se ci trovate un senso, vi pago un caffé.
Onofri (Pd): "Ringraziamo il sindaco e il presidente Chiamparino che hanno pensato...". Beh, qui mi sono illuso: ecco finalmente una notizia. Peccato che la Onofri me la rovini aggiungendo un  banale "...pensato di richiamare Ferrero", che riprecipita un possibile scoop nelle bassure delle affettuosità partitiche.

E a proposito di Ferrero...

Che poi, secondo me il povero ed eroico Ferrero è stato fin troppo generoso. Questi bei tomi lo mettono alla porta, senza neppure tanti ringraziamenti, poi combinano un  troiaio memorabile e chiamano lui, manco fosse Mister Wolf, a ripulire la scena del crimine... E beh, ci vuole una bella faccia. Per cui, ripeto, al posto di Ernie io avrei chiesto qualche garanzia. Non per mancanza di fiducia, per carità. Ma per non restare alla fine della fiera con il cerino in mano e le zanne di Bloody Giovanna nel collo. Magari sentendosi incolpare di ogni guaio che verrà (e ne verranno, oh se ne verranno...) da qui al maggio 2016.
Okkei, that's all folks. Almeno così l'ho vissuta io. Ma nei prossimi giorni ne leggeremo e ne sentiremo ancora di cotte e di crude. Tendenzialmente io preferirei occuparmi d'altro. Spero non vi dispiaccia se per un po' me ne disinteresso. Non posso continuare a dare di stomaco tutti i giorni. Il medico dice che non mi fa bene.

Commenti

  1. Credo che Fassino volesse dire che siccome il 90% delle case editrici sono a Milano siamo noi con il Salone che gli abbiamo soffiato una cosa... Provo ad interpretare, boh?

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  2. Un po' contorta, ma può funzionare. Le devo un caffé, alla prima occasione.

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