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ARTE E POLITICA: UN CASO PER "CHI L'HA VISTO?"

Un splendido Depero in mostra da Accorsi (non male pure i due Balla a lato)
Marzo è il mese delle mostre, come maggio è quello delle rose. Ne fioriscono ovunque, persino a Torino che in quanto a mostre (sulle rose non mi pronuncio) ultimamente è piuttosto in affanno. 

Sandretto: grandi foto, zero sindaci

L'altro ieri alla Fondazione Sandretto hanno inaugurato "Life World", splendida mostra di fotografie dalla collezione Coppel: opere d'avanguardia, alcune davvero fascinose, in ossequio alla vocazione della ditta; ma ci trovate pure una raffinata selezione di classiconi di Richard Avedon (il suo doppio ritratto di Samuel Beckett è chiaramente predestinato al ruolo di icona della mostra), Irving Penn, Cartier Bresson, Salgado, Diane Arbus, Tina Modotti e Edward Weston, sicché persino i somari come me possono entusiasmarsi e fingersi competenti. 
La mostra fotografica "Life World" alla Fondazione Sandretto
Io sono andato al vernissage. Per la cronaca, c'era la Parigi per la Regione, mentre non ho avvistato né Leon né Appendino. Ma questa non è più una notizia. Però io alle due ragazze voglio un gran bene, quindi mi permetto di consigliar loro una visita perché la mostra merita, dà lustro a Torino in un momento che di lustri ne abbiam pochini, e non costa niente al Comune: almeno contribuiscano pagando due ingressi.

Volevi il Futurismo? E vai da Accorsi, no?

Ieri invece sono stato al Museo Accorsi per l'inaugurazione della mostra "Dal Futurismo al ritorno all'ordine. Pittura italiana del decennio cruciale 1910-1920" e ne sono uscito soddisfatto e consolato.
Soddisfatto perché è una gran mostra. Pensata, istruttiva, ammirevole: opere scelte con criterio e logica per costruire un racconto dell'arte italiana di quel periodo davvero "cruciale". I fini intellettuali del Consiglio comunale che piangevano (per finta, neh!) sulla mancata mostra del Futurismo a Palazzo Reale sono serviti: questa è una mostra sul Futurismo, e non solo. 
Umberto Boccioni, "Antigrazioso" (1916)
Ed è una mostra come dio comanda. Non un pacchetto comperato a scatola chiusa da chissà chi, bensì un lavoro serio, faticoso, intelligente, che offre quadri (neppure pochi) di vero valore, "significanti", e crea un percorso che consente al visitatore di capire che cosa è successo in quegli anni. 
Nicoletta Colombo e Giuliana Godio hanno sputato sangue, e si vede, per mettere insieme il meglio da collezioni pubbliche e private: ci sono tutti i grandi - da Boccioni a Depero, da Balla a Marinetti - e ci sono pure i "minori", ma non casuali, bensì funzionali, significativi. 
Ed è illuminante seguire i percorsi successivi alla crisi del Futurismo, il nascere di nuove tendenze, nuove ricerche, fino al ritorno all'ordine, per l'appunto, di Soffici o Casorati, o alla metafisica di De Chirico, De Pisis, Carrà, Sironi... 
Io mi sono entusiasmato davanti a una piccolissima incisione di Giorgio Morandi del 1915: bottiglie, manco a dirlo. Nel 1915. 
Ecco, questo è "fare una mostra". Prendete nota.

Info per falabracchi: il Museo Accorsi è in via Po 55

Giacomo Balla, "Linee forze di paesaggio+giardino" (1918)
Ma ho detto di essere uscito dal Museo Accorsi pure consolato, oltreché entusiasta. Consolato perché ho avuto un'altra conferma che anche in questi tempi cupi possiamo ancora contare sulla gente di buona volontà. 
Il Museo Accorsi è gestito da una Fondazione privata, e lavora nel più completo disinteresse della pubblica amministrazione: è vero infatti che il presidente della Regione e il sindaco di Torino fanno parte del CdA della Fondazione, però nessuno li ha mai visti a una sola seduta. Ah, vi preciso a scanso d'equivoci che il vicepresidente della Fondazione, Guido Appendino, non è parente. 
I nostri falabracchi che sdottoreggiano di "istituzioni museali che devono essere produttori e non soltanto contenitori di cultura" probabilmente non sanno neppure dove sta il Museo Accorsi (o il Museo Fico, o tanti altri che ostinatamente continuano a produrre cultura alla facciaccia loro): può essere questo il motivo per cui non ci mettono piede. Nell'ambito del mio personale programma di sostegno alla crescita personale e culturale dei miei dipendenti, comunico pertanto a lorsignori che il Museo Accorsi è sito in via Po 55. Ci vadano, che hanno molto, ma molto molto, da imparare.

Se ti disprezzano, stai facendo la cosa giusta

Giulio Ometto
Il presidente della Fondazione, il tenace cavalier Giulio Ometto, ieri mi confidava di essere un po' mortificato da tanta indifferenza: e come dargli torto? In fondo quel museo rende un servizio a Torino, per cui sarebbe lecito aspettarsi un minimo di riconoscenza. O quantomeno un segnale d'attenzione. E invece... Devo dirvi quanti rappresentanti delle istituzioni sono venuti ieri all'inaugurazione? No, vero? Già lo sapete. Però ve lo dico lo stesso: per la Regione c'era il presidente del Consiglio regionale Mauro Laus. Comune non pervenuto: né sindaco, né Appendino, né vicesindaco, e manco l'assessore alle Fontane. Sul presidente del Consiglio comunale francamente non ci contavo.
Nel caso specifico, va detto, si apprezza una perfetta continuità con la gestione precedente: anche Fassino & Co disertavano le inaugurazioni da Accorsi. Questi nuovi, con evidente spirito egualitario, si sono limitati a estendere il "Trattamento Chissenefrega" agli altri privati che ancora si sbattono per supplire alle loro carenze. Per non fare torto a qualcuno, non vanno da nessuno.

Un consiglio per chi sa

Filippo De Pisis, "Natura morta" (1919)
Ma voi che siete intelligenti, non commettete lo stesso errore di chi avete eletto. Andate a vedervi "Dal Futurismo al ritorno all'ordine": è una mostra per tutti, bella e comprensibile. Ed è pure conveniente perché pagando 10 euro di biglietto (ma ci sono riduzioni e accettano l'Abbonamento Musei) vi farete un doppio regalo: oltre alla mostra potrete visitare anche le affascinanti sale del Museo Accorsi, che sono un altro dei tanti gioielli segreti di questa bellissima e sventurata città.

Bonus track: cosa succede a Milano (e a Genova)

Riassumendo. A Torino e dintorni, oggi, le uniche mostre rilevanti le propongono i privati: Munari al MEF (number one), Futurismo e dintorni da Accorsi, le fotografie alla Sandretto; aggiungete "L'Italia di Magnum" da Camera e "Tiepolo e il Settecento veneto" della Fondazione Cosso al Castello di Miradolo. Sul fronte pubblico meritano rispetto le piccole ma pregevoli mostre a Palazzo Reale e Palazzo Madama. Attendo speranzoso "L'emozione dei colori" alla Gam e a Rivoli, fosse mai che risollevi le sorti di quelle povere istituzioni. Fine del gatto.
Colpa della crisi, direte voi. Ma cosa succede allora nelle altre città?
Facile elencare con triste meraviglia l'offerta di Milano: dall'8 marzo ci sarà il "nostro" Manet a Palazzo Reale, e qui è impietoso infierire; ma a Palazzo Reale (di Milano, beninteso) c'è pure Keith Haring; mentre alle Gallerie d'Italia trovate "Bellotto e Canaletto: lo stupore e la luce", e il 15 marzo al Mudec apre "Kandinsky, il cavaliere errante". Per tacer del resto, e del recente pregresso.
Io quest'anno l'Abbonamento Musei lo rinnovo. Però prendo quello della Lombardia.
E Genova? Oh già, c'è anche Genova. L'anno passato a Palazzo Ducale hanno avuto, tra gli altri, gli Impressionisti, Mucha, Elmut Newton; e nei prossimi giorni inaugurano Modigliani e Cartier Bresson. Chissà se c'è un Abbonamento Musei della Liguria?

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