E poi c'è questa, davvero formidabile. Pare che al Museo del Cinema qualcuno ci stia ripensando. Ronza qua e là l'idea di tornare al direttore unico. Non più funzioni divise fra direttore amministrativo e direttore artistico, bensì un'unica figura - da individuare, va da sé, con il consueto bando democratico e trasparentissimo - che si occupi al contempo di conti e mostre, contratti e retrospettive.
Una trovatona innovativa, non c'è che dire. E' esattamente ciò che prevede lo Statuto del Museo, tuttora in vigore, e ciò che ha fatto per anni Alberto Barbera: ma - pur di liberarsene - un bel dì taluni di lorsignori si sono accorti che in un "museo moderno" i ruoli amministrativo e artistico devono essere separati. I teorici della divisione dei poteri sostenevano infatti dall'alto della loro generica incompetenza che non è possibile essere competenti in entrambi i campi. Senza peraltro premurarsi di modificare lo Statuto, in ossequio alla più schietta sanfassoneria sabauda. Tanto chissenefrega degli statuti: ormai è assodato che sono carta da culo.
Fu così che si arrivò all'impagabile bando (poi miseramente naufragato) per dotare il Museo di un moderno direttore amministrativo. Quanto a quello artistico, non hanno mai avuto le idee molto chiare. Ma ciò non stupisce.
Dopo il tragicomico fallimento del bando in questione, l'affiatata combriccola dei sanfasonnisti ha traccheggiato per due mesi. Ma i traccheggiamenti della ragione generano mostri. Per cui eccoci qua, con il glorioso ritorno a una suggestione molto "come eravamo".
Va da sé che si tratta soltanto di una suggestione. E sono certo che tutti negheranno di averla anche soltanto concepita; specie chi l'ha concepita. Torino pullula di oriundi di San Damiano.
Mi risulta comunque che tale brillante ipotesi sia arrivata all'orecchio dell'amministrazione regionale; e da qual che capisco non è piaciuta né punto né poco. Ricordo che fu proprio l'assessore regionale Antonella Parigi (in codice l'Antonellina) ad elaborare per prima - insieme con l'allora presidente Nespolo - la teoria dell'indispensabilità di due direttori con funzioni separate. Teoria in seguito abbracciata dai dirimpettai comunali, presumo per convenienza "politica".
Mi domando adesso il motivo del dietro-front: l'unica spiegazione plausibile che riesco a escogitare è che qualcuno debba piazzare su quella poltrona un tizio né carne né pesce, non abbastanza ragiunatt per fare il direttore amministrativo ma non sufficientemente accreditato come esperto di cinema per essere un vero direttore artistico. In teoria potrebbero anche aver scovato un manager cinefilo: ma la vedo più improbabile.
Alla fin fine, penso, il ritorno al direttore unico rimarrà quello che è: un'alzata d'ingegno passeggera, generata dalla confusione che al momento regna dalle parti della Mole. In caso contrario, però, lo spettacolo dei contorcimenti per giustificare il contrordine compagni sarà davvero imperdibile. Appena aprono le prevendite dei biglietti, vi avverto.
Una trovatona innovativa, non c'è che dire. E' esattamente ciò che prevede lo Statuto del Museo, tuttora in vigore, e ciò che ha fatto per anni Alberto Barbera: ma - pur di liberarsene - un bel dì taluni di lorsignori si sono accorti che in un "museo moderno" i ruoli amministrativo e artistico devono essere separati. I teorici della divisione dei poteri sostenevano infatti dall'alto della loro generica incompetenza che non è possibile essere competenti in entrambi i campi. Senza peraltro premurarsi di modificare lo Statuto, in ossequio alla più schietta sanfassoneria sabauda. Tanto chissenefrega degli statuti: ormai è assodato che sono carta da culo.
Fu così che si arrivò all'impagabile bando (poi miseramente naufragato) per dotare il Museo di un moderno direttore amministrativo. Quanto a quello artistico, non hanno mai avuto le idee molto chiare. Ma ciò non stupisce.
Dopo il tragicomico fallimento del bando in questione, l'affiatata combriccola dei sanfasonnisti ha traccheggiato per due mesi. Ma i traccheggiamenti della ragione generano mostri. Per cui eccoci qua, con il glorioso ritorno a una suggestione molto "come eravamo".
Va da sé che si tratta soltanto di una suggestione. E sono certo che tutti negheranno di averla anche soltanto concepita; specie chi l'ha concepita. Torino pullula di oriundi di San Damiano.
Mi risulta comunque che tale brillante ipotesi sia arrivata all'orecchio dell'amministrazione regionale; e da qual che capisco non è piaciuta né punto né poco. Ricordo che fu proprio l'assessore regionale Antonella Parigi (in codice l'Antonellina) ad elaborare per prima - insieme con l'allora presidente Nespolo - la teoria dell'indispensabilità di due direttori con funzioni separate. Teoria in seguito abbracciata dai dirimpettai comunali, presumo per convenienza "politica".
Mi domando adesso il motivo del dietro-front: l'unica spiegazione plausibile che riesco a escogitare è che qualcuno debba piazzare su quella poltrona un tizio né carne né pesce, non abbastanza ragiunatt per fare il direttore amministrativo ma non sufficientemente accreditato come esperto di cinema per essere un vero direttore artistico. In teoria potrebbero anche aver scovato un manager cinefilo: ma la vedo più improbabile.
Alla fin fine, penso, il ritorno al direttore unico rimarrà quello che è: un'alzata d'ingegno passeggera, generata dalla confusione che al momento regna dalle parti della Mole. In caso contrario, però, lo spettacolo dei contorcimenti per giustificare il contrordine compagni sarà davvero imperdibile. Appena aprono le prevendite dei biglietti, vi avverto.
Magari il "Tizio né carne né pesce" ragiunatt quanto basta, può darsi che si possa trovare.... (p.zza Castello, secondo piano)
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