Fabrizio Ricca, un uomo una mission: picchiare su Valsecchi |
E come al solito il prode Ricca ha piantato casino sulla Fondazione Torino Musei. E' ormai il suo chiodo fisso.
Un po' Ricca ci marcia, ok: perché sulla Fondazione ci puoi marciare facile, confrontando le parole dell'Appendino di lotta, quand'era consigliere d'opposizione, con le azioni dell'Appendino di governo.
Ma ho l'impressione che per Ricca la Fondazione stia diventando una monomania, un po' stucchevole dal mio punto di vista - il punto di vista di uno spettatore che da un pomeriggio di cabaret si aspetta un po' di sano divertimento. Il Ricca attuale mi ricorda l'ultimo periodo dell'Appendino d'opposizione, quando la futura signora Tramonti pur di sputtanare la Fondazione s'attaccava alla qualunque.
Voglio dire: oggi la Fondazione Torino Musei rischia di morire per il taglio trucido di quasi due milioni di euro da un anno all'altro, e se le confrontate a quel dramma le presunte marachelle sventolate da Ricca fanno sorridere.
Autonoma o comunale? Una Fondazione a targhe alterne
Scene dal passato: è il 13 luglio 2016 e Patrizia Asproni annuncia le dimissioni. Alle sue spalle, un silente Valsecchi |
Come da copione ormai sperimentato, nella risposta il neo-assessore Leon ha difeso l'operato della Fondazione e di Valsecchi; e ha sottolineato, giustamente, che la Fondazione Torino Musei è una Fondazione autonoma, retta da un suo consiglio direttivo, e non sarebbero corrette ingerenze da parte dell'amministrazione comunale. Esattamente ciò che sostenevo io un anno fa, quando l'amministrazione comunale - nelle persone del sindaco, di Appendino e dell'assessore alle Fontane - tanto si prodigò per cacciare la presidente Asproni, sbattendosene altamente del consiglio direttivo e della sua autonomia.
E vai col classicone: il Mao e i dipinti tibetani
Ancora sotto attacco. Il direttore del Mao Marco Biscione |
Il Crociato Padano ha appena mandato una segnalazione alla Soprintendente alle Belle arti Luisa Papotti, e pure a mezza Regione Piemonte, per denunciare quella che egli - rivelando un'altra insospettata competenza - giudica la "cattiva gestione della conservazione" di alcuni dipinti tibetani esposti al Mao. Ricca sollecita l'intervento degli ispettori e tira in ballo pure la Regione perché i dipinti tibetani sono di proprietà regionale. Ovviamente il nostro eroe ha già presentato la relativa interpellanza in Consiglio comunale, in cui chiede la testa del direttore del Mao e - ma pensa te... - di Valsecchi.
Il direttore del Mao, il controverso Marco Biscione, a questo punto non vede l'ora di scappare; ci ha provato e continua a provarci, l'ultimo tentativo, a vuoto, è stato proporsi ai Musei civici di Trieste. Purtroppo per lui, hanno scelto un altro.
Bonus track: la lettera di Ricca alla Soprintendenza
Ecco la lettera che il consigliere della Lega Nord Fabrizio Ricca ha inviato alla soprintendente Papotti e a vari dirigenti regionali. Il testo rivela inattese competenze museologiche.Mi giunge segnalazione di un preoccupante stato di conservazione dei dipinti tibetani esposti nella sezione del Mao dedicata alle culture dell’Himalaya. Abbiamo appurato – e documentato fotograficamente - che effettivamente sono nove anni che i dipinti in questione sono ininterrottamente affissi ed esposti alla luce. Abbiamo constatato, assieme a chi li ha visti più volte nel corso degli anni, che alcune stoffe appaiono ora raggrinzite e con brutte pieghe. Altre hanno i colori più sbiaditi, tutte sono esposte in vetrine che non sembrano essere mai state pulite.
Dalle targhette esplicative, gran parte di questi dipinti tibetani risulta essere di proprietà della Regione Piemonte. Ho ritenuto quindi giusto ed opportuno segnalare a mia volta alle istituzioni competenti, inclusa la Regione, e di depositare apposita interpellanza in Consiglio Comunale, per meglio indagare questa situazione che rappresenta una grave carenza da parte della Direzione del Mao e della Fondazione Torino Musei.
Se le opere risultassero davvero danneggiate, la responsabilità sarebbe gravissima sia dal punto di vista etico che da quello legislativo. Secondo il codice dei Beni Culturali (D. Lgs. 22 gennaio 2004), infatti, “I beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione (Art. 20 comma 1)”. Questa indicazione generale, che vale per chiunque, è valida in primo luogo per le figure istituzionali responsabili del patrimonio che viene loro affidato.
Per quanto riguarda la situazione specifica, si segnala dall’Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (D. Lgs. N. 112/98, Art. 150, comma 6) quanto segue:
- Le opere in oggetto, in quanto dipinti tessili, ricadono nella categoria “Reperti e manufatti altamente sensibili alla luce” di categoria fotosensibilità 3 – Alta (Ambito VI – Sottoambito 1 – 2-10)
- Tali reperti devono essere esposti ad un illuminamento massimo, espresso in Lux, non superiore a 50 (ibid.)
- Esistono limiti per la dose di luce annuale a seconda delle categorie dei manufatti (Ambito VI – Sottoambito 1 – 2.12)
- In assenza di “apparati illuminotecnici particolarmente curati, che consentono la fruizione a livelli molto bassi di illuminamento”, “alternative praticabili sono costituite dalla rotazione degli oggetti esposti o dall’impiego di sistemi di accensione temporizzata in presenza del pubblico” (ibid.)
Confidiamo che lei saprà valutare se il Mao e la Fondazione Torino Musei hanno adottato misure idonee alle conservazione di questi dipinti oppure no, e procedere a norma di legge in caso di inadempienza.
Sono certo che sia la Soprintendenza che la Regione Piemonte vorranno inviare al più presto i loro ispettori per effettuare i debiti controlli in tempi brevi.
In fede
Fabrizio Ricca
Consigliere regionale
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