La guerra del Regio, deflagrata con le "dimissioni volontarie" di Walter Vergnano, infuria sotterranea e domani potrebbe risolversi con il voto del Consiglio d'indirizzo che dovrebbe dare il via libera per la sovrintendenza a William Graziosi, il discusso candidato imposto da Appendino.
Chiara scopre che il suo candidato non piace a tutti |
Oggi i componenti del Consiglio d'indirizzo si incontreranno informalmente per discutere la situazione e cercare una posizione condivisa, così da non trasformare la seduta di domani in una rissa con morti e feriti.
Intanto, ieri l'assessore alla Cultura della Regione Piemonte,
Antonella Parigi, ha rotto il silenzio istituzionale con una dichiarazione pubblica che - al di là della diplomazia formale - dice senza mezzi termini che stiamo giocandoci ai dadi il futuro del Regio: "ll momento che vive oggi la principale istituzione culturale cittadina, il Teatro Regio, è molto delicato. Negli anni passati il Teatro ha raggiunto una qualità artistica riconosciuta a livello internazionale, e oggi i soci e il Consiglio d'indirizzo della Fondazione sono chiamati ad una scelta difficile che chiede grande responsabilità. Il rischio è quello di perdere quanto siamo riusciti a conquistare. Crediamo dunque necessario procedere con cautela e approfondire le possibilità tra soci per fare la scelta migliore. Come Regione Piemonte non abbiamo nessuna pregiudiziale, tranne un obiettivo: fare il meglio per il Teatro Regio".
Antonella e la "scelta migliore" |
Sono convinto che anche quell'appello non sortirà alcun effetto, e che domani il Consiglio d'indirizzo approverà concorde la candidatura di William Graziosi, presumo con l'unico voto contrario del rappresentante della Regione Filippo Fonsatti.
La mia convinzione non nasce dall'accesso a fonti privilegiate: credo di essere l'unico giornalista di Torino con il quale nessuno dei belligeranti si sbottona. Ma, come ho già spiegato una volta, non ho bisogno delle loro soffiate, perché gli leggo nel pensiero. E gli leggo nel pensiero perché conosco le logiche del potere.
Le logiche del potere e la logica umana
Il potere va dov'è il potere. E ciò spiega quanto sta accadendo attorno al Regio.
C'è un potere nuovo che deve affermare se stesso dimostrandosi in grado di premiare chi gli è fedele o si arruola con prontezza. E questa è la prima logica del potere.
E ci sono poteri vecchi che devono autoconservarsi adattandosi alle mutate condizioni, e dunque si allineano al nuovo potere prevalente. E questa è la seconda logica del potere.
Infine c'è il potere perdente, il potere che non è più tale. E di conseguenza ha torto, anche quando potrebbe, secondo la logica umana, avere ragione: e, in forza della seconda logica del potere, gli altri poteri un tempo suoi alleati o vassalli lo sdegnano e lo ignorano, per adeguarsi al potere vincente. E questa è la terza logica del potere.
Le logiche del potere condizionano oggi la guerra di successione del Regio, a prescindere da qualsiasi logica umana. Il potere risponde soltanto alle logiche del potere. E questa è la quarta logica del potere.
La prima logica del potere: affermare se stesso
Il potere vincente deve segnare il territorio e imporre - in forza della prima logica del potere - la propria scelta, quale che essa sia. Appendino ha deciso - o ha ricevuto indicazioni dall'alto - che il sovrintendente dovrà essere William Graziosi, e tanto basta: indipendentemente dalle concrete qualità o insufficienze del candidato. Molti giudicano inadeguato il curriculum di Graziosi; taluni lo giudicano addirittura rischioso per il destino stesso del Regio. Sia come sia, la logica umana suggerirebbe prudenza, riflessione, approfondimento: non decisioni affrettate. Ma le logiche del potere non tengono conto della logica umana; pena l'indebolimento del potere. Gli appelli per un ripensamento che pubblico e lavoratori del Regio hanno rivolto ai consiglieri del Regio e all'Appendino in quanto sindaco e presidente della Fondazione sono il frutto di preoccupazioni dettate dalla logica umana. Quindi irrilevanti per le logiche del potere.
La seconda logica del potere: adeguarsi al potere vincente
Ambrogio Lorenzetti: "Allegoria del cattivo governo" |
Gli altri soci della Fondazione Teatro Regio, a cominciare dalle Fondazioni bancarie, sono dotati di razionalità, quindi possono vedere i pericoli per il Regio insiti nella scelta frettolosa di un sovrintendente che potrebbe non essere in grado di affrontare la crisi di bilancio e mantenere il Teatro nella zona alta delle classifiche ministeriali, con la concretissima conseguenza di perdere non soltanto credito e altro pubblico, ma soprattutto i 14 milioni annui di fondi del Fus essenziali per il suo funzionamento. Ciò, tuttavia, è inessenziale a fronte dell'esigenza primaria di ogni potere: autoperpetuarsi adeguandosi. Dunque i vecchi poteri devono accreditarsi con il potere vincente, a costo di ignorare la logica umana.
Dal nostro minuscolo punto di vista di torinesi orgogliosi del primato culturale della città, il destino del Teatro Regio appare un punto irrinunciabile, un obiettivo di enorme importanza: ma esso è ben poca cosa nello scacchiere di una partita che si gioca a livello nazionale e coinvolge interessi immani.
Dal nostro minuscolo punto di vista di torinesi orgogliosi del primato culturale della città, il destino del Teatro Regio appare un punto irrinunciabile, un obiettivo di enorme importanza: ma esso è ben poca cosa nello scacchiere di una partita che si gioca a livello nazionale e coinvolge interessi immani.
Morale: gli altri soci della Fondazione Teatro Regio potranno nutrire nel loro intimo tutte le riserve di questo mondo sul nome del candidato imposto dalla sindaca; però lo voteranno, perché il potere va dov'è il potere, e asseconda il potere vincente quando non è in grado di batterlo. Pazienza se al Regio dovesse capitare qualcosa di brutto. Il potere, in quanto potere, sa mettere in conto e accettare i danni e le vittime collaterali.
La terza logica del potere: il potere perdente ha torto
In base alle logiche del potere resteranno inascoltati gli appelli di pubblico e lavoratori del Regio. E a maggior ragione resterà inascoltato l'appello dell'assessore Parigi, perché l'assessore Parigi rappresenta il potere perdente, e in quanto perdente ha sempre torto ai sensi della terza logica del potere. Nella denegata ipotesi che qualche rara volta avesse ragione, scatterebbero la prima e la seconda logica del potere e il potere vincente farebbe comunque ciò che gli aggrada.
Il dilemma dei consiglieri
Paolo Cantarella |
L'unica falla nelle ben congegnate logiche del potere è l'eventuale, sporadica prevalenza della logica umana. Nel Consiglio d'indirizzo in effetti non siedono Istituzioni - che rispondono alle logiche del potere - bensì esseri umani nominati dalle Istituzioni per rappresentarle. Ciò pone i consiglieri del Regio in una situazione spinosa. In quanto rappresentanti delle Istituzioni (cioé del potere) devono adeguarsi alle logiche del potere; ma in quanto esseri umani, si presume rispondano anche alla logica umana. E nell'attuale crisi del Regio la logica umana suggerisce decisioni diverse da quelle imposte dalla logica del potere.
Angelica Corporandi |
I consiglieri del Regio sono nominati dalle Istituzioni, ma non sono tenuti per contratto a fare ciò che vogliono le Istituzioni. Si ricorda il caso recente di Massimo Sordella, rappresentante di Gtt nel Comintato di gestione del Museo del Cinema, che in dissenso con le indicazioni ricevute non si piegò al magheggio per vanificare l'esito del bando per la direzione, si mise di traverso, mandò affanculo la gabola architettata dal potere e si dimise lasciando i mestatori con un palmo di naso.
Il Consiglio d'indirizzo del Regio è presieduto da Appendino (in quanto sindaco) ed è formato da sei consiglieri: Paolo Cantarella (rappresentante del MiBACT), Angelica Corporandi d'Auvare Musy (per l'Assemblea dei Soci Fondatori), Vittorio Sabadin (per il Comune), Filippo Fonsatti (Regione), Cristina Giovando (Fondazione Crt) e Giambattista Quirico (Compagnia di San Paolo).
Cristina Giovando |
Alcuni consiglieri li conosco personalmente, alcuni no. Hanno le loro storie, le loro debolezze, le loro virtù. Normali. Fra di loro non ci sono né malfattori, né eroi. Ma credo che alcuni siano in queste ore alle prese con un rovello. Si saranno fatti un'idea della situazione e dubito che tutti siano onestamente e intimamente convinti che affidare la sovrintendenza a William Graziosi sia la migliore delle scelte possibili: una simile unanimità sarebbe impossibile anche sul piano statistico. Alcuni consiglieri potrebbero considerarla una scelta dannosa per il Regio.
Di sicuro ogni singolo consigliere in questi giorni ha ricevuto dall'Istituzione che l'ha nominato un'indicazione di voto precisa, che risponde alle logiche del potere. Ma il consigliere non ha vincolo di mandato: l'Istituzione lo nomina, ma lui resta un essere umano con una propria razionalità; e nessun vincolo legale lo obbliga ad adeguarsi sempre e comunque alle indicazioni ricevute.
La responsabilità è personale, senza obbligo di mandato
Vittorio Sabadin |
Questa è la falla del potere. Uno o più consiglieri fra quelli - se ce ne sono - che personalmente non considerano adatta la candidatura imposta da Appendino potrebbero decidere di votare secondo la logica umana e non secondo le logiche del potere.
Svariati fattori potrebbero ispirarli. Magari il bene del Regio. Magari la consapevolezza che chi nella vita ha conseguito obiettivi e riconoscimenti dovrebbe aver sviluppato un'autostima sufficiente a considerarsi padroni di se stessi e del proprio destino, e non accettare di essere il burattino di nessuno né di lasciarsi comandare a bacchetta da qualche insulso potere. Oppure il senso di dignità e la consapevolezza di non aver nulla da perdere, a comportarsi dignitosamente, se non una stupidissima poltroncina e l'invito alle prime del Regio. O più banalmente il fatto che in casa hanno degli specchi e vorrebbero continuare a specchiarcisi.
Giambattista Quirico |
Avrete già intuìto che stasera sarei disposto a pagare un perù per essere uno di quei consiglieri e martedì alzarmi e dire: Sapete che c'è? Non prendo ordini da nessuno, voto come mi pare e se non vi piace potete benissimo andarvene affanculo.
Una semplice verità
Dubito che martedì accadrà qualcosa di simile, neppure in forme più sfumate. Difatti non siedo in nessun consiglio o assemblea, neppure di condominio. Il potere sa scegliere i suoi rappresentanti.
Però ho scritto questo pezzo per ricordare che pensare con la propria testa, e fare la cosa giusta, è ancora possibile, benché scomodo; e che il potere prospera sulla crescente ignoranza di questa semplice verità.
Filippo Fonsatti |
Immagino che sia un pezzo piuttosto buffo, agli occhi del potere e dei suoi coboldi impermeabili a certi ragionamenti. Ma se fossi in loro non mi scompiscerei: qualche problemuccio c'è.
Martedì quindi ciascun consigliere voterà come riterrà meglio. Meglio per sé, o per il potere, o per Torino. Mi auguro che la decisione, quale che sia, garantisca al Regio un futuro degno delle sue tradizioni e di questa città. Ma se quel voto si rivelasse pernicioso, ciascuno dovrà assumersi le proprie responsabilità: non come rappresentante del potere, ma come essere umano. E, a quel punto, per andare in giro gli serviranno barba e baffi finti.
Né potrà dire che non poteva fare altrimenti. "Obbedivo agli ordini" è una giustificazione che non funziona più: siamo uomini, non caporali.
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