Sono arrivati i numeri di Lovers. E finalmente sono numeri chiari, non mascherati per esigenze propagandistiche. E' naturale che sia così: quest'anno è andata meglio che nel 2017, e dunque vale la pena di suonare le trombe, anche a costo di ammettere il fallimento della scorsa edizione, dapprima negato a piè fermo e solo tardivamente ammesso a denti stretti e fra mille reticenze.
Quest'anno, fa sapere l'ufficio stampa, Lovers in cinque giorni, dal 20 al 24 aprile, ha registrato un aumento del 20% delle presenze in sala, passate dalle 18.000 del 2017 alle 21.500 del 2018. "Con un giorno in meno di programmazione", precisa il comunicato, ma non è proprio così. Nel 2017 i giorni erano in effetti 6, ma si ridussero a 5 e mezzo perché il festival si fermò mezza giornata per il lutto cittadino in seguito alla morte di Erika Pioletti vittima del disastro di piazza San Carlo.
Per gli incassi dobbiamo aspettare
Come al solito, non viene rivelato l'incasso alla biglietteria. In attesa di dati concreti, è però ovvio che sia superiore all'anno scorso. L'incasso dell'anno scorso lo scopriremo non appena il Museo del Cinema si degnerà di pubblicare il bilancio consuntivo 2017, già approvato ma non ancora on line. On line ci sono però i previsionali del 2017 e del 2018, nonché il consuntivo del 2016: quest'ultimo dichiara, per l'allora Tglff, un incasso reale di 29.237,94 euro; nel preventivo per il 2017 avevano segnato una cifra analoga (29.500 euro) che con ogni evidenza non è stata raggiunta, accertato il sostanziale flop di quell'edizione. Infatti, nel preventivo 2018 l'incasso ipotizzato per Lovers è di appena 20 mila euro, cifra probabilmente vicina all'effettivo incasso del 2017. Tutto lascia sperare che in realtà i botteghini quest'anno abbiano incassato di più.
Registro inoltre la dichiarazione dell'ufficio stampa secondo cui gli "eventi off" del Festival - tutti a ingresso gratuito - avrebbero richiamato "oltre 5100 persone". Si tratta come sempre in questi casi di una stima spannometrica: poiché gli eventi off sono stati, scrive il comunicato, undici, se ne dovrebbe dedurre che in media ciascuno ha richiamato quasi cinquecento persone. Troppa grazia, Sant'Antonio.
L'associazione degli amici e il nodo degli sponsor
Ma è vero, e lo si è subito notato, che attorno a Lovers è rinato il senso di comunità e appartenenza che nella precedente, sfortunata edizione era praticamente scomparso. Un indicatore interessante è l'aumento del 20 per cento dei followers su Fb, Twitter e YouTube, che sarebbero saliti a ventimila. E sono cresciuti del 20 per cento anche gli accreditati: in tutto 515, di cui solo 87 giornalisti.
E a proposito di comunità e appartenenza: mi arriva la notizia della nascita dell'associazione “Le amiche e gli amici del festival Lgbt di Torino” che si ripropone di "lavorare per il futuro della rassegna cinematografica tutelandone, al contempo, i suoi principi ispiratori" e vuole riunire quanti sono stati protagonisti della storia del festival o che ambiscono sostenerlo. I sei soci fondatori – Alessandro Battaglia, Silvano Bertalot, Paola Cuniberti, Andrea Curti, Maurizio Gelatti e Silvia Magino – sono imprenditori, professionisti e operatori culturali, attivisti per i diritti Lgbt che collaborano o hanno collaborato con il festival. E la loro dichiarazione programmatica mi pare tutt'altro che casuale o di circostanza, e va dritta al nocciolo del problema delle sponsorizzazioni, che storicamente Lovers stenta a trovare: “Lavoreremo facendo tesoro del passato per essere di supporto nel presente e vigilare sul futuro, convinte e convinti che le discriminazioni e un certo tipo di censura culturale siano sempre pronte ad emergere. Vogliamo fornire un sostegno concreto e avvicinare al festival tutti quei soggetti che sino ad oggi non hanno voluto accostare il brand o l’immagine, propria o della propria azienda, al festival e più in generale a quella di altre manifestazioni culturali Lgbt. Il Torino Pride a cui abbiamo lavorato in questi anni dimostra che è una strada percorribile e che anche realtà multizonali sono pronte a fornire il proprio sostegno. Abbiamo già avviato una fase di dialogo con le nostre future consoce e i nostri futuri consoci: tutte persone che desiderano metterci la faccia. Dialogo che avvieremo presto anche con il Museo Nazionale del Cinema. Come fece nel 2006 proprio il Museo del Cinema accogliendo Da Sodoma a Hollywood, noi, oggi, non vogliamo sottrarci alle nostre responsabilità. Questa rassegna, più di altre, crediamo sia legata al fattore umano e a una comunità che abbiamo l’ambizione di rendere sempre più ampia”.
Commenti
Posta un commento