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MUSIKA & DOLLARONI: IL REGIO FRA TEMPESTE DI NUMERI E STRATEGIE PER PARARSI IL CULO

L'altro giorno "filtrano" notizie su una sorta di "due diligence" sui conti del Teatro Regio che, scrive un sito specializzato in indiscrezioni, è stata commissionata dall'assessore Sergio Rolando, "di concerto con la sindaca Chiara Appendino", alla società Pitagora di Roberto Seymandi, un "professionista di stretta fiducia" dell’assessore medesimo. 
La relazione, datata 18 aprile, offre (commenta lo stesso sito specializzato) una "fotografia impietosa" delle finanze del Regio, con "sedici milioni di debiti con le banche, altri 9 nei confronti di fornitori e dipendenti, e una perdita d’esercizio per il 2017 valutata in 1,8 milioni". Seguono considerazioni varie sulle cause vicine e lontane, tutte ben note: dal ritardo dei pagamenti da parte degli enti pubblici alle dispendiose tournée all'estero.
La "perdita d'esercizio valutata in 1,8 milioni" non è una scoperta: è giustappunto il famoso "buco di bilancio" che avrebbe indotto Vergnano a dimettersi, e che, non appena insediato il nuovo sovrintendente, le Fondazioni bancarie hanno prontamente acconsentito a ripianare.

Passività, stato patrimoniale, indebitamento: help, per favore fatemi capire!

Non essendo un commercialista né un ragioniere, stento invece a inquadrare quei "sedici milioni di debiti con le banche e altri 9 nei confronti di fornitori e dipendenti" che, se ho ben capito, rappresenterebbero la "fotografia impietosa" scattata dalla società Pitagora di Roberto Seymandi. 
Dal profondo della mia ignoranza mi vien fatto di pensare a una voce non già del bilancio annuale, bensì di quello che in termini da commercialista si definisce "stato patrimoniale": ovvero il calcolo del patrimonio totale, attivi e passivi, di un ente o di un'azienda. In quel calcolo si inseriscono le "passività", che possono essere "correnti" - il complesso dei debiti a breve termine, verso fornitori e banche - o "consolidate" - i debiti a medio-lungo termine, tipo mutui e accantonamenti del TFR -, e vengono anche definite "fonti di capitale": insieme con le attività (anche dette "impieghi di capitale"), concorrono a calcolare lo "stato patrimoniale riclassificato" dell'ente o azienda. E, dal poco che capisco, l'indebitamento non è qualcosa di patologico per un'azienda, bensì una condizione "normale", almeno finché non supera determinati livelli. Per curiosità, sono andato a guardarmi lo stato patrimoniale del Regio nella relazione di bilancio del 2016 - l'ultima disponibile on line - e ho notato che allora, nello "stato patrimoniale riclassificato" (pag. 29), le "passività correnti" assommavano a oltre 31 milioni e quelle "consolidate" a circa 9 milioni: totale 40,5 milioni. Di sicuro, alla voce "debiti" nella tabella di sintesi dello stato patrimoniale (pag. 105) vedo indicata la cifra, per il 2016, di 27.895.106 euro; mentre i "ratei passivi" assommavano a 3,3 milioni, in netto calo rispetto ai 5,4 del 2015 (pag. 83).
Non so se gli attuali 25 milioni di indebitamento lamentati nella "relazione Pitagora" si riferiscano ai "debiti", al totale delle "passività", o soltanto a quelle "correnti": ma insomma, messe così, e per il poco che ne capisco, le cose non mi sembrerebbero tanto "impietose". Specie a fronte di "attività correnti e fisse" per un "capitale investito" totale di 80,5 milioni.
Di sicuro, nella relazione di bilancio 2016 c'è scritto (pag. 81) che il debito verso i fornitori ammonta a 8.393.774 euro (si noti, i "fornitori": non si accenna ai dipendenti), mentre "il saldo passivo complessivo nei confronti dei due istituti di credito con cui ha rapporto la Fondazione (insomma, il debito con le banche, NdG) ammonta a euro 15.534.866 ed è dovuto all’esposizione che si rende indispensabile a causa dei tempi di pagamento dei contributi da parte degli Enti Pubblici nonché dalla situazione finanziaria determinatasi a partire dal 2011 a seguito di apporti al patrimonio di elevata entità avente carattere non finanziario (i famosi immobili di Fassino, NdG). Si rileva che l’esposizione bancaria complessiva rispetto all’anno precedente è diminuita di euro 3.880.451".
Insomma, nel 2016 i debito con i fornitori era di 8,3 milioni, quello con le banche di 15,5: sono più o meno le stesse cifre (9 e 16 milioni, forse arrotondati) della "fotografia impietosa" del 2017 scattata da Pitagora/Seymandi su commissione di Rolando & Chiarabella. Per inciso: nel 2016 si nota un miglioramento rispetto al 2015.
Ripeto, non ci capisco un'acca e mi arrabatto come posso. Con l'ignoranza dei poveri, io resto fedele ai consigli di mia nonna: i debiti è meglio non averceli. Però mi sembra di capire che nel mondo finanziario non valgano gli stessi principii. Di sicuro, in qualità di contribuente avrei diritto a capirne di più, e dunque chiedo a lorsignori, indipendentemente dai truschini di bottega che stanno dietro a questi magheggi, di spiegarmi con parole semplici di che cosa stanno parlando.

Il raddoppio della vigilanza: i ruoli di Seymandi

In attesa delle dovute delucidazioni  da parte di chi sa, mi limito a sottolineare alcuni aspetti dell'ingarbugliata vicenda più alla portata di menti deboli e impreparate come la mia.
Intanto, che cosa vuol dire che l'assessore Rolando avrebbe commissionato la cosiddetta "due diligence" alla società Pitagora di Roberto Seymandi, "professionista di stretta fiducia"?
Roberto Seymandi mi risulta essere membro dell'Organismo di vigilanza del Regio, con un compenso (del tutto simbolico, capisco bene...) di 5000 euro lordi annui. Nominato a gennaio 2016, resterà in carica fino al 2019. 
Domanda da contribuente ignorante: ma se è membro dell'Organismo di vigilanza del Regio, il Seymandi non potrebbe vigilare sui conti direttamente, senza attendere ulteriori incarichi (non so se retribuiti) da parte dell'assessore Rolando "di concerto" con Chiarabella?
E soprattutto: i dati sull'indebitamento risultano dalle relazioni di bilancio. Poiché presumo che al Regio stiano finalmente approntando la sospirata relazione di bilancio 2017, stento a capire in cosa consista il valore aggiunto dello relazione-Pitagora: anche le considerazioni sulle origini del debito che il succitato sito attribuisce allo studio Pitagora/Seymandi mi sembrano cose stranote da tempo. Citate pure nella relazione di bilancio 2016.
Confido tuttavia nelle delucidazioni al contribuente che gli aventi causa politici - se non son felloni - non mancheranno di farmi pervenire a stretto giro di posta.
Che Roberto Seymandi sia "professionista di fiducia" dell'amministrazione civica è peraltro indubbio. A giugno 2017
Appendino lo nominò membro supplente del Collegio sindacale di Soris: nello stesso periodo la figlia Cristina Seymandi, già addetta stampa M5S in Comune, veniva nominata in rapida successione componente del Consiglio direttivo di Abbonamento Musei a titolo gratuito, ma anche staffista remunerata del neo-assessore Unia. La vicenda fu oggetto di un'interpellanza in Consiglio comunale.

La strategia per pararsi il culo

Sempre in attesa di chiarimenti da lorsignori, mi concedo adesso il lusso di un'ipotesi. 
Non sarà che - facendo "filtrare" dati che a noi somari appaiono allarmanti (specie se non confrontati con quelli degli anni precedenti) - qualcuno si stia parando il culo?
Voglio dire: 
1) Un sovrintendente, Vergnano, se ne è andato - o è stato cacciato - per via di un "buco" di bilancio
2) E' stato sostituito da un altro sovrintendente, Graziosi, ignoto ai più ma pure lui "di fiducia" di Chiarabella, che lo ha imposto per le spicce
3) Lo stato dei conti del Regio e il curriculum del nuovo sovrintendente non garantiscono che il nostro teatro lirico si salvi dal "declassamento": ciò significherebbe un sostanziale taglio delle risorse statali del Fus. 
Ne deriva il sospetto - malizioso, ma ammissibile vista l'aria che tira in città - che con la nuova "tempesta dei numeri" scatenata sul Regio si stiano apprestando le contromisure nella deprecabile evenienza che si verifichi quanto paventato nel punto 3: ovvero che il nostro Teatro venga declassato. 
In tal caso scatterebbe la sempiterna "Teoria delle fasi del progetto" delle leggi di Murphy:  dopo le fasi 1, 2 e 3 (entusiasmo; disillusione; panico) si passerebbe alla fase 4 ("ricerca del colpevole") con le conseguenti 5 e 6 ("punizione dell'innocente" e "gloria e onore ai non partecipanti").  In concreto, la responsabilità ricadrebbe per intero sulla precedente gestione, mandando assolta quella attuale. Sempre colpa di quelli di prima, è l'imprescindibile regola della politica italiana dall'Unità a oggi: stiamo ancora a dare la colpa ai Borboni. O ai Savoia, a seconda di come ci comoda...

Il declassamento è un'ipotesi. Ma ipotetica

L'eventualità che il declassamento ci sia davvero mi sembra però remota, con il prossimo governo: nel celebre "contratto" si legge infatti, a proposito dello spettacolo dal vivo, che "l’attuale sistema di finanziamento, determinato dalla suddivisione secondo criteri non del tutto oggettivi delle risorse presenti nel Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus), limita le possibilità delle nostre migliori realtà e impedisce lo sviluppo di nuovi progetti realmente meritevoli.
Riteniamo pertanto necessario prevedere una riforma del sistema di finanziamento che rimetta al centro la qualità dei progetti artistici".
Oggi i contributi del Fus vengono assegnati in base a punteggi che tengono conto sia dela "qualità dei progetti artistici" (dato fatalmente soggettivo), sia delle attività svolte e dell'equilibrio dei bilanci degli enti lirici (dati numerici, e dunque oggettivi). Se, come promesso, in futuro prevarrà - sarà "al centro" - la "qualità dei progetti artistici", nulla vieterà che la commissione valutatrice consideri di maggiore "qualità" un "progetto artistico" che prevede di rimpiazzare "Siberia" di Giordano e "Wozzek" di Berg con opere più "popolari"; oppure di apprezzare l'istituzione di una "compagnia stabile" per le opere di repertorio in base a un progetto ispirato nientemeno che dal referente nazionale del M5S per le fondazioni liriche
E comunque, a dirsela tutta, mi parrebbe stravagante che un governo a guida pentastellata consentisse, tanto per cominciare bene, il declassamento del teatro lirico di una delle due grandi città guidate da un'amministrazione pentastellata. 

Bonus track: la Regione puntualizza

In questo bel bailamme, la Regione (ovvero l'Antonella Parigi) ieri ha sentito la necessità di chiarire la sua posizione con il comunicato che vi riproduco a seguire:
In merito alla posizione della Regione Piemonte sulla difficile situazione contabile del Teatro Regio, sollecitata da più parti, si precisa quanto segue:
Fin dal 2014 la Regione, uno dei soci fondatori, ha evidenziato nelle sedi deputate – Assemblea e Consiglio di indirizzo – una criticità nella gestione. Abbiamo infatti sottolineato più volte l’esigenza che venissero messe in campo azioni di contrasto al calo progressivo delle entrate, attuate azioni di marketing e fundrasing, avviati interventi di contenimento dei costi
(confermo: il rappresentante della Regione nel Consiglio d'indirizzo del Regio, Filippo Fonsatti, è stato in questi anni un autentico cagacazzi per Vergnano, implacabile nel sottolineare ogni azzardo economico dell'ente: tant'è che era diffusa convinzione che lo facesse per fregargli la cadrega di sovrintentente. NdG). Inoltre, benché la Regione abbia stipulato nel 2016 un accordo con Sace Spa, finanziaria del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, per alleviare la posizione debitoria e la crisi di liquidità delle partecipate con la cessione del credito pro soluto a tassi molto agevolati, il Regio fino ad oggi non aveva ritenuto necessario avvalersi di tale opportunità.
Proprio a partire da questi elementi, la Regione è in prima linea nel supporto al Teatro Regio, impegnandosi con gli altri soci per costruire un piano industriale plausibile e sostenibile per il triennio 2018-2020. Intendiamo inoltre mettere in campo tutte le misure a nostra disposizione, accelerando la liquidazione dei contributi pregressi e attivandoci presso la Sace Spa. Inoltre, grazie alla recente cessione in comodato d’uso gratuito al Conservatorio e alla Accademia Albertina dell’immobile regionale di via Principe Amedeo, la Fondazione del Teatro Regio potrà mettere in vendita gli spazi di sua proprietà di via San Francesco da Paola, aumentando quindi la propria liquidità.
Infine ci auguriamo un equilibrio tra forte attenzione sul piano gestionale e il mantenimento del livello culturale degli artisti e dei progetti, elementi che hanno posizionato il Teatro Regio ai vertici del panorama musicale internazionale contribuendo anche ad aumentare l'attrattività del nostro territorio.


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