Premesso che:
1) Non ho cambiato la mia idea, o meglio la mia non-idea, sulla situazione della Cavallerizza, che continuo a considerare - comunque io la guardi - il monumento all'incuria e al pressapochismo torinesi;
2) I grandi progetti senza coperture economiche li lascio a chi è più intelligente di me che non progetto di comperarmi la Rolls dato che stento a mantenermi la Ypsilon;
3) Ho smesso da tempo di appassionarmi ai dibattiti (o peggio ancora alle mozioni) attorno a concetti come "alternativo", "autogestito", "fuori dall'ottica del sistema" e - new entries di successo - "dal basso", "partecipato", "condiviso" e "beni comuni";
4) Sono troppo vecchio e cattivo per empatizzare con gli entusiasmi giovanili, o per portare i dreadlocks;
e soprattutto
5) Ho smesso di interessarmi al futuro della Cavallerizza, e in generale di Torino, considerato che quel futuro io non lo vedrò.
Tutto ciò premesso, è mio dovere di cronista segnalarvi che fino al 27 maggio alla Cavallerizza c'è una mostra che merita davvero di essere vista. Si intitola "Here".
Ora: vi risparmio - e mi risparmio - tutti i discorsi sulle modalità, gli obiettivi, i concetti di una mostra che, in altri tempi, si sarebbe definita per l'appunto "alternativa, autogestita e fuori dall'ottica del sistema" e oggi si presenta come potete leggere a questo link.
Come cronista, invece, posso raccontarvi cos'ho visto; e dirvi che ciò che ho visto mi è piaciuto.
A visitare "Here" mi ci ha praticamente trascinato una consigliera cinquestelle, la trillante Viviana Ferrero detta "Vivirosso", movimentista militantissima che per motivi che mi sfuggono non mi sfugge come altri mi sfuggono per motivi che non mi sfuggono. Io avevo un'ora buca, e non ho sfuggito l'invito.
La mostra è strutturata - per intenderci - come "The Others" all'ex ospedale Maria Adelaide o Paratissima all'ex caserma La Marmora: anche qui, alla Cavallerizza, le opere sono distribuite nelle infinite stanze dell'edificio; e in ogni stanza sono esposte le opere di uno o più artisti; alcuni artisti continuano a lavorarci, nelle stanze, tipo una residenza; e gli artisti sono quattrocentocinquanta, molti stranieri. Ci sono anche artisti noti, talmente noti che li conosco persino io: ho adocchiato lavori di Piero Gilardi, di Daniele Galliano, e altre cose interessanti tipo l'omaggio a Plinio Martelli.
Ma dirò di più: quasi tutto ciò che ho visto è interessante. Videoinstallazioni, fotografie, dipinti, sculture, lavori concettuali: di stanza in stanza, lungo i corridoi e le soffitte dello sconfinato edificio, ho trovato tanta qualità.
I tipi che mi hanno accompagnato nella visita sono stati molto gentili; non si sono neppure offesi alle mie ironie sulla sostenibilità economica di certe visioni; e non mi hanno dato l'idea di essere degli sprovveduti, anzi.
La Cavallerizza è senza dubbio un edificio straordinario, e qualunque cosa tu ci metta dentro assume subito un fascino speciale. Però "Here" è molto di più che un simpatico accumulo spontaneistico di lavori più o meno artistici: è una mostra vera, con un suo rigore e una sua logica. Almeno così appare all'occhio del visitatore comune, quale può essere l'ignorante Gabo: che alla fine è uscito soddisfatto, convinto di non aver sprecato il suo tempo. E così mi auguro possa essere di voi, se andrete a darci un'occhiata prima che chiuda.
Pertanto non mi stressate su questioni di agibilità o non agibilità. Se lo fanno, significa che qualcuno glielo consente. Rivolgetevi a quegli uffici. Son mica io il custode di questo villaggio.
Di sicuro, durante la visita inciampavo e mi rompevo una gamba, il Comune lo spolpavo vivo.
1) Non ho cambiato la mia idea, o meglio la mia non-idea, sulla situazione della Cavallerizza, che continuo a considerare - comunque io la guardi - il monumento all'incuria e al pressapochismo torinesi;
2) I grandi progetti senza coperture economiche li lascio a chi è più intelligente di me che non progetto di comperarmi la Rolls dato che stento a mantenermi la Ypsilon;
3) Ho smesso da tempo di appassionarmi ai dibattiti (o peggio ancora alle mozioni) attorno a concetti come "alternativo", "autogestito", "fuori dall'ottica del sistema" e - new entries di successo - "dal basso", "partecipato", "condiviso" e "beni comuni";
4) Sono troppo vecchio e cattivo per empatizzare con gli entusiasmi giovanili, o per portare i dreadlocks;
e soprattutto
5) Ho smesso di interessarmi al futuro della Cavallerizza, e in generale di Torino, considerato che quel futuro io non lo vedrò.
Tutto ciò premesso, è mio dovere di cronista segnalarvi che fino al 27 maggio alla Cavallerizza c'è una mostra che merita davvero di essere vista. Si intitola "Here".
Ora: vi risparmio - e mi risparmio - tutti i discorsi sulle modalità, gli obiettivi, i concetti di una mostra che, in altri tempi, si sarebbe definita per l'appunto "alternativa, autogestita e fuori dall'ottica del sistema" e oggi si presenta come potete leggere a questo link.
Come cronista, invece, posso raccontarvi cos'ho visto; e dirvi che ciò che ho visto mi è piaciuto.
A visitare "Here" mi ci ha praticamente trascinato una consigliera cinquestelle, la trillante Viviana Ferrero detta "Vivirosso", movimentista militantissima che per motivi che mi sfuggono non mi sfugge come altri mi sfuggono per motivi che non mi sfuggono. Io avevo un'ora buca, e non ho sfuggito l'invito.
La mostra è strutturata - per intenderci - come "The Others" all'ex ospedale Maria Adelaide o Paratissima all'ex caserma La Marmora: anche qui, alla Cavallerizza, le opere sono distribuite nelle infinite stanze dell'edificio; e in ogni stanza sono esposte le opere di uno o più artisti; alcuni artisti continuano a lavorarci, nelle stanze, tipo una residenza; e gli artisti sono quattrocentocinquanta, molti stranieri. Ci sono anche artisti noti, talmente noti che li conosco persino io: ho adocchiato lavori di Piero Gilardi, di Daniele Galliano, e altre cose interessanti tipo l'omaggio a Plinio Martelli.
Ma dirò di più: quasi tutto ciò che ho visto è interessante. Videoinstallazioni, fotografie, dipinti, sculture, lavori concettuali: di stanza in stanza, lungo i corridoi e le soffitte dello sconfinato edificio, ho trovato tanta qualità.
I tipi che mi hanno accompagnato nella visita sono stati molto gentili; non si sono neppure offesi alle mie ironie sulla sostenibilità economica di certe visioni; e non mi hanno dato l'idea di essere degli sprovveduti, anzi.
La Cavallerizza è senza dubbio un edificio straordinario, e qualunque cosa tu ci metta dentro assume subito un fascino speciale. Però "Here" è molto di più che un simpatico accumulo spontaneistico di lavori più o meno artistici: è una mostra vera, con un suo rigore e una sua logica. Almeno così appare all'occhio del visitatore comune, quale può essere l'ignorante Gabo: che alla fine è uscito soddisfatto, convinto di non aver sprecato il suo tempo. E così mi auguro possa essere di voi, se andrete a darci un'occhiata prima che chiuda.
Post scriptum sulla sicurezza
Aggiungo una sesta premessa: 6) Non sono un questurino né un addetto alla sicurezza.Pertanto non mi stressate su questioni di agibilità o non agibilità. Se lo fanno, significa che qualcuno glielo consente. Rivolgetevi a quegli uffici. Son mica io il custode di questo villaggio.
Di sicuro, durante la visita inciampavo e mi rompevo una gamba, il Comune lo spolpavo vivo.
Condivido pienamente d.o)
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