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STREGATO DA CINEMAMBIENTE

Un'inquadratura di "Living in the Future's Past": è un documentario sul mondo che ci attende, raccontato da Jeff Bridges
Le presentazioni alla stampa dei festival cinematografici torinesi si tengono di solito in una sala del Museo del Cinema, alla Mole. C'è un lungo tavolo con direttori e presidenti e assessori e collaboratori e sponsor che parlano, e alle loro spalle un grande schermo sul quale scorrono scene dei film che si vedranno al festival.
Alla presentazione di CinemAmbiente, non c'è verso: io mi distraggo. Dopo un po' smetto di ascoltare quelli al tavolo, e guardo le immagini. Non mi capita, con gli altri festival. Solo con CinemAmbiente. Anche oggi mi sono distratto. Perché le immagini che scorrono sullo schermo sono affascinanti. Non dico bellissime: a volte mostrano la bellezza, altre volte l'orrore del pianeta che stiamo distruggendo. Però tutte mi rapiscono: anche senza sonoro - il sonoro non c'è, sennò che starebbero a dire quelli del tavolo? - capisci cosa stanno raccontando, perché sono immagini che parlano. Parlano di noi, del futuro che ci aspetta, dei nostri troppi errori e delle nostre poche speranze. 
E insomma: tutta questa prolissa premessa è solo per dirvi che CinemAmbiente è un festival che dovreste frequentare anche se non ve ne frega niente del cinema; e persino se non ve ne frega niente dell'ambiente, perché magari, dopo aver visto due o tre di quegli splendidi film, qualcosa comincerà a fregarvene. Sono film che si fanno vedere da chiunque, anche a chi non capisce un tubo né di film, né di ambiente. Parlano da soli, e parlano a tutti. E comunque l'ingresso è gratis, quindi provare non vi costa niente.

Festival in crescita, risorse in calo

CinemAmbiente, festival fondato e finora diretto da Gaetano Capizzi, affronta la sua ventunesima edizione - orgogliosamente "plastic free" - con una nuova sezione, CinemAmbiente Junior, interamente dedicata ai giovanissimi; e con numeri che testimoniano di una crescita ancora impetuosa, non solo come spettatori ma anche per visibilità internazionale. Quest'anno i film sottoposti ai selezionatori sono stati 3200 (con un aumento del 30% rispetto al 2017) e di questi ne sono stati scelti 118. Poi ci sono altri numeri meno positivi: il budget quest'anno è sceso a 291 mila euro dai 310 mila del 2017. Per la precisione, dal bilancio consuntivo 2017 del Museo il costo di CinemAmbiente risulta 314.931 euro: e figuratevi che prima dei tagli comunali al Museo il budget a bilancio consuntivo 2016 era 385.201 euro. Ricordo che i soldi per CinemAmbiente - come agli altri due festival Tff e Lovers - arrivano per intero dal Museo del Cinema, che distribuisce le risorse raccolte da varie fonti. Per CinemAmbiente - che è il più "povero" dei tre - quest'anno 134 mila euro sono frutto di sponsorizzazioni private, 70 di contributi delle Fondazioni bancarie e del Mibact, mentre 87 mila arrivano direttamente dal Museo come quota-parte dei finanziamenti che la Mole riceve da Comune e Regione.
Il direttore Capizzi ha riconosciuto che quest'anno si è perso qualcosa in sponsorizzazioni, benché si sia aggiunto un nuovo partner, Engie. Con tutto ciò, CinemAmbiente resta il festival torinese con la più alta percentuale di budget coperto da sponsor.

L'inevitabile diversivo

Ma CinemAmbiente da un paio d'anni soffre di una specialissima sfiga: nel corso della presentazione alla stampa capita qualcosa - dichiarazioni impreviste, alzate d'ingegno o altri spettacolini filodrammatico-danzanti - che distrae l'attenzione dei giornalisti dal festival in sé. Era successo l'anno scorso. E' successo anche oggi. Gaetano Renda, il noto esercente cinematografico che rappresenta il Comune nel Comitato di gestione del Museo del Cinema, è intervenuto con alcune considerazioni sul budget del festival e sull'eventuale (ma non garantita) riconferma di Capizzi alla direzione. E ciò ha monopolizzato la curiosità dei cronisti.
Il festival merita invece la massima attenzione: per cui ho deciso di dedicare questo post tutto intero a CinemAmbiente. Gli scazzi attorno al festival e più in generale attorno al Museo del Cinema ve li racconto nel prossimo articolo.
E date retta a un cretino: andate a vederli, i film di CinemAmbiente. Ne vale la pena.

I punti salienti

Intanto, per completezza, vi riporto anche anche i punti salienti della ventunesima edizione, che si tiene al Massimo dal 31 maggio al 5 giugno, così come segnalati dal festival stesso:

  • Una 21a edizione ancora in crescita in linea con un trend produttivo del cinema ambientale internazionale in incremento esponenziale. 
  • Un cartellone di 118 titoli in cui i temi classici dell’ambientalismo si intersecano con l’esplorazione di possibili scenari del futuro, delle ultime frontiere della scienza e della tecnologia, del connubio tra intelligenze naturali e artificiali, in grado di dischiudere nuove prospettive compatibili con una tutela più efficace del Pianeta. 
  • L’inaugurazione con "Anote’s Ark", girato nelle Kiribati e presentato da un testimone d’eccezione, ospite del festival: parteciperà infatti alla serata Anote Tong, l’ex presidente della Repubblica insulare destinata a scomparire per effetto dei cambiamenti climatici. 
  • Nei lungometraggi del concorso internazionale, le grandi battaglie per la conservazione delle specie a rischio, vittime del bracconaggio connesso ai cartelli della droga e al terrorismo internazionale ("The Last Animals"), o minacciate dall’antropizzazione dei mari ("Blue"). 
  • Il mondo che ci attende raccontato in "Living in the Future’s Past", dove la voce di Jeff Bridges intreccia dark ecology e riflessioni sulla fine della Natura, in "Genesis 2.0", dove le biotecnologie sono pronte a riportare in vita animali dell’era glaciale, e in "Do You Trust This Computer?", che si domanda se le macchine intelligenti saranno la nostra più potente invenzione o l’ultima. 
  • Nei mediometraggi in concorso, i grandi reportage d’inchiesta e di denuncia: dallo scandalo dello storico insabbiamento dei dati sul cambiamento climatico da parte delle grandi compagnie petrolifere denunciato in "Smoke & Fumes" alla storia del pomodoro protagonista di uno dei business alimentari più redditizi al mondo raccontata in "L’Empire de l’or rouge". 
  • Sul versante positivo, lo spettacolo sempre stupefacente e mozzafiato della natura: dai boschi incontaminati in cui si muovono i cuccioli d’orso protagonisti di "Kamchatka Bears" alle vertiginose montagne nepalesi in cui si perpetuano gli antichi riti animistici di "The Last Honey Hunter". 
  • E ancora, cambiando prospettiva, i sorprendenti contributi in arrivo dal design creativo a una maggior sostenibilità sociale e ambientale ("Enough White Tea Cups") o i mutamenti di stile di vita e di consumo indotti da un più stretto contatto con gli animali ("Empatía"). 
  • Il paesaggio, interiore o esteriore, e le contrapposizioni tra ieri e oggi, o tra natura e tecnologia, protagonisti assidui dei documentari italiani: tra i titoli in gara, "Voci dal silenzio", viaggio nell’eremitismo dal Nord al Sud del Paese, "Il mondo o niente", dedicato alla Sicilia in cui convivono modernità e arcaismi, "The Milk System", reportage sul latte diventato prodotto dai costi ambientali insostenibili, o, al contrario, "Sorgenti del burro", sul ritorno ad antiche lavorazioni e tradizioni. 
  • Il Premio “Movies Save the Planet” va a Fernando Solanas, cui il Festival rende omaggio con la proiezione di "Viaje a los pueblos fumigados", ultimo documentario dedicato dal regista argentino alle emergenze ambientali del suo tormentato Paese. 
  • Con "Buon compleanno, Serafino!" Il Festival festeggia i 50 anni della pellicola “preambientalista” di Pietro Germi con una lezione del maestro Vince Tempera dedicata alle musiche e alle canzoni del film interpretato da Adriano Celentano. 
  • Una sezione competitiva di cortometraggi sempre più ricca, suddivisa in 9 programmi tematici: piccoli film di denuncia, sperimentali, naturalistici, di animazione, dedicati a grandi e piccoli, per brevi, e spesso folgoranti, incontri con l’ambiente in cui viviamo 
  • In chiusura di Festival, il film "In Praise of Nothing", poetica parabola sul Nulla e sul nostro Pianeta narrata in versi da Iggy Pop e scandita dalle immagini filmate in tutto il mondo da sessantadue direttori della fotografia. 

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