Niente politici in cerca di visibilità elettorale; ma nessun veto a nessun editore, quali che siano le posizioni politiche di cui si fa portavoce. Il Comitato d'indirizzo ha precisato oggi la linea del Salone del Libro in seguito alle polemiche sulla presenza in fiera di editori come Altoforte (vicino a Casa Pound) mentre si è negata la classica partecipazione-passerella ai politici (compreso Salvinone, autore di un libro pubblicato giusto da Altoforte).
Ecco il comunicato con il quale il Comitato d'indirizzo del Salone puntualizza la sua posizione:
"Il Comitato di Indirizzo della 32a edizione del Salone del Libro, chiamato a monitorare, nelle diverse fasi, la realizzazione delle attività culturali della fiera di maggio, sottolinea che il Salone ha scelto in piena consapevolezza di non diventare palcoscenico elettorale, al fine di non trasformarsi in una cassa di risonanza troppo facile da strumentalizzare; e ancora di essere plurale e aperto alla discussione, perché il dialogo è fondamento della democrazia. Il Salone è quindi ambasciatore della Costituzione. E la Costituzione, al suo articolo 21, afferma che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
La Legge Scelba del 1952, coordinata con la Legge Mancino del 1993, sanziona e condanna chiunque propagandi idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, rendendo reato in Italia l’apologia di fascismo. Materia della magistratura, quindi, è giudicare se un individuo o un’organizzazione persegua finalità antidemocratiche. È pertanto indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per questi reati di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi i propri libri.
Altrettanto indiscutibile è il diritto di chiunque di dissentire, in modo anche vibrante, dalla linea editoriale perseguita da un editore e dai contenuti dei libri da esso pubblicati. Quale migliore occasione del Salone stesso per affermare questa posizione promuovendo il dibattito sul tema.
Il Comitato di indirizzo del Salone del Libro ribadisce pertanto la propria assoluta indipendenza nella totale adesione ai principi di democrazia enunciati dalla Costituzione, auspicando la partecipazione di tutti al Salone che sempre più si vuole affermare come luogo istituzionalmente aperto al dibattito e al confronto".
A stretto giro di posta sono poi arrivate le dimissioni di uno dei consulenti del Salone, Christian Raimo, che con un post su Fb aveva attizzato la polemica:
"Ho deciso di presentare la mie dimissioni dal gruppo dei consulenti per proteggere il Salone del Libro di Torino dalle polemiche che hanno fatto seguito a un mio post, pubblicato a titolo strettamente personale.
Il Salone è uno spazio di libertà, di dibattito e confronto di idee, di cultura e di apertura, di molteplicità e democrazia. È il risultato del lavoro appassionato e della dedizione di centinaia e centinaia di persone. È importante per il paese e appartiene a tutti.
Con queste dimissioni testimonio il mio sincero e profondo rammarico per una presa di posizione individuale che, ben al di là delle mie intenzioni, potrebbe, ma a nessun costo deve, risultare fuorviante rispetto a ciò che il Salone del Libro è da oltre trent'anni, e vuole essere oggi e in futuro".
Alle dimissioni di Raimo è seguita, sempre a mezzo Fb, questa nota del direttore del Salone, Nicola Lagioia:
"Le dimissioni di Christian Raimo mi addolorano. Il contributo che ha dato al Salone in questi anni è stato enorme, ed è comprovato da un successo riconosciuto da tutti. Mi dispiace per editori e autori che si sono sentiti offesi dalle sue dichiarazioni scritte a titolo personale in un post di Facebook.
Mi dispiace per come uomini politici di partiti dove ci sono gli inquisiti per mafia abbiano cavalcato la vicenda. (Tanti servitori dello Stato si scambiano quotidianamente in televisione parole irriferibili e non mi pare che questo crei loro rispetto al bene del Paese un imbarazzo che ha toccato Christian Raimo a sola tutela del Salone).
Mi dispiace per come tanti commentatori cerchino di strumentalizzare il Salone del Libro ai soli fini della campagna elettorale o per avere visibilità. Sacrificare una parte di sé per un bene comune è una cosa ormai da pochi. Raimo l'ha fatto senza che nessuno gliel'abbia imposto, e questo ai miei occhi lo nobilita. Gli altri si guardino allo specchio.
Chi ha creduto di sfruttare i contenuti del post di Raimo – scritto solo a titolo personale – e le polemiche sui neofascismi per intimidirci, per scalfire l'indipendenza editoriale del Salone e quindi per danneggiare un progetto bellissimo e l'intero territorio, sbaglia di grosso.
Chi guarda solo al proprio tornaconto vive solo e muore solo. Il Salone si basa invece sulla condivisione. È il motivo per il quale, ora, farei parlare il Salone e basta. Ed è il motivo per il quale, da ora in avanti, sarà il Salone a parlare per noi – i suoi incontri, i suoi dibattiti, le sue presentazioni, la sua comunità".
Già il 2 maggio, sempre su Fb, Lagioia aveva precisato la linea editoriale del Salone:
"Molti di voi ci stanno chiedendo se è vero che al Salone del Libro verrà presentato il libro intervista a Matteo Salvini pubblicato da Altaforte. La notizia riportata da alcuni giornali come ho più volte scritto non è corretta: il libro non è nel programma ufficiale del Salone.
Ci chiedete anche se e in quale veste ci saranno uomini politici al Salone. Abbiamo chiesto – ne abbiamo già parlato pubblicamente, lo rifacciamo – agli uomini politici che hanno piacere di visitare la nostra fiera di venire in veste istituzionale, come semplici lettori, non tuttavia per presentare propri libri o fare campagna elettorale. La politica quest’anno la lasciamo agli scrittori, ai filosofi, ai giornalisti, ai politologi, agli artisti in generale. Temiamo infatti che la retorica propria di ogni campagna elettorale semplifichi per forza di cose discorsi che al Salone vengono affrontati con un grado di complessità che fa la fortuna della manifestazione. La richiesta è stata accolta da tutti gli uomini politici con cui abbiamo avuto un’interlocuzione, diretta o mediata. Ci auguriamo venga rispettata.
Vorremmo evitare che il progetto culturale del Salone del Libro sia strumentalizzato dalla campagna elettorale o dalla politica in generale. Ci abbiamo lavorato per un anno, e vi invitiamo a visitare le pagine del “Programma” per averne contezza.
Questa tuttavia, visto che le sollecitazioni e le richieste di chiarimenti sono molte, è un’opportunità per chiarire alcune altre cose. Negli incontri del Salone del Libro vengono accolte tutte le opinioni. Nessuna libertà può definirsi tale se non è tuttavia priva di argini. Ritengo quindi, io e il comitato editoriale, a maggior ragione nell’anno del centenario di Primo Levi (è sempre, ogni istante, il tempo di Primo Levi) che all’apologia del fascismo, all’odio etnico e razziale non debba essere dato spazio nel programma editoriale. Mai. Neanche a ciò che può essere in odore di tutto ciò. Nel programma infatti non ne troverete traccia. L’antifascismo è un valore in cui io e l’intero comitato editoriale del Salone crediamo fortemente, così come ci crede la città di Torino.
La stesura del programma prevede com’è naturale una discrezionalità di chi se ne occupa. L’iscrizione per gli stand ha altre regole, anche perché qui il principio di opportunità culturale si intreccia con quello di legalità.
Per quanto riguarda la gestione degli stand (è possibile che una casa editrice con simpatie fasciste o peggio ne abbia uno al Salone?), non avendone l’autorità e il potere decisionale né io né il comitato editoriale, invito chi ce l’ha a una discussione e un dibattito aperto sul tema. Da questo punto di vista, il Salone del Libro ha un comitato di indirizzo di cui fanno parte le associazioni di categoria della filiera del libro, vale a dire ADEI (Associazione degli Editori Indipendenti), AIB (Associazione Italiana Biblioteche), AIE (Associazione Italiana Editori), ALI (Associazion Librai Italiani), SIL (Sindacato Italiano Librai), il Circolo dei Lettori, l’Associazione Torino la Città del Libro, così come ovviamente la Città di Torino e la Regione Piemonte. È questa l’occasione di un dibattito sul tema.
Per ciò che riguarda me e il comitato editoriale, crediamo che la comunità del Salone possa sentirsi offesa e ferita dalla presenza di espositori legati a gruppi o partiti politici dichiaratamente o velatamente fascisti, xenofobi, oppure presenti nel gioco democratico allo scopo di sovvertirlo. È imbarazzante ad esempio ospitare la testimonianza di Tatiana Bucci (deportata ad Auschwitz con sua sorella Andra quando era bambina) in un contesto dove c’è anche chi sostiene le ragioni dei suoi carnefici.
Senza minimizzare, ma per dare le giuste proporzioni a chi ce lo sta chiedendo: stiamo parlando di circa 10 mq di stand su 60.000 mq di spazio espositivo, e di nessun incontro nel programma ufficiale su circa 1200 previsti. Lo scrivo solo perché ognuno così ha più strumenti per dire la propria.
Espresse le mie opinioni su ciò su cui non ho autorità (né io né il comitato editoriale, che queste opinioni e questi sentimenti condivide), invito chi ce l’ha come dicevo a una discussione e una risposta. Al vertice del Salone ci sono le associazioni che rappresentano quasi tutta l’editoria italiana, e dunque è una buona occasione perché si pronunci sul tema.
Siamo antifascisti anche perché crediamo nella democrazia. Il Salone del Libro prevede ai suoi vertici una pluralità di soggetti, e dunque – ferma la nostra autonomia e indipendenza editoriale sul programma – qualunque decisione verrà presa sia io che il comitato editoriale la faremo nostra.
Speriamo che il dibattito si svolga con tutta la complessità e la profondità che merita. Stigmatizziamo invece ogni strumentalizzazione: il Salone è una comunità fondata sui principi di discussione e confronto continui".
Ecco il comunicato con il quale il Comitato d'indirizzo del Salone puntualizza la sua posizione:
"Il Comitato di Indirizzo della 32a edizione del Salone del Libro, chiamato a monitorare, nelle diverse fasi, la realizzazione delle attività culturali della fiera di maggio, sottolinea che il Salone ha scelto in piena consapevolezza di non diventare palcoscenico elettorale, al fine di non trasformarsi in una cassa di risonanza troppo facile da strumentalizzare; e ancora di essere plurale e aperto alla discussione, perché il dialogo è fondamento della democrazia. Il Salone è quindi ambasciatore della Costituzione. E la Costituzione, al suo articolo 21, afferma che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
La Legge Scelba del 1952, coordinata con la Legge Mancino del 1993, sanziona e condanna chiunque propagandi idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, rendendo reato in Italia l’apologia di fascismo. Materia della magistratura, quindi, è giudicare se un individuo o un’organizzazione persegua finalità antidemocratiche. È pertanto indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per questi reati di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi i propri libri.
Altrettanto indiscutibile è il diritto di chiunque di dissentire, in modo anche vibrante, dalla linea editoriale perseguita da un editore e dai contenuti dei libri da esso pubblicati. Quale migliore occasione del Salone stesso per affermare questa posizione promuovendo il dibattito sul tema.
Il Comitato di indirizzo del Salone del Libro ribadisce pertanto la propria assoluta indipendenza nella totale adesione ai principi di democrazia enunciati dalla Costituzione, auspicando la partecipazione di tutti al Salone che sempre più si vuole affermare come luogo istituzionalmente aperto al dibattito e al confronto".
A stretto giro di posta sono poi arrivate le dimissioni di uno dei consulenti del Salone, Christian Raimo, che con un post su Fb aveva attizzato la polemica:
"Ho deciso di presentare la mie dimissioni dal gruppo dei consulenti per proteggere il Salone del Libro di Torino dalle polemiche che hanno fatto seguito a un mio post, pubblicato a titolo strettamente personale.
Il Salone è uno spazio di libertà, di dibattito e confronto di idee, di cultura e di apertura, di molteplicità e democrazia. È il risultato del lavoro appassionato e della dedizione di centinaia e centinaia di persone. È importante per il paese e appartiene a tutti.
Con queste dimissioni testimonio il mio sincero e profondo rammarico per una presa di posizione individuale che, ben al di là delle mie intenzioni, potrebbe, ma a nessun costo deve, risultare fuorviante rispetto a ciò che il Salone del Libro è da oltre trent'anni, e vuole essere oggi e in futuro".
Alle dimissioni di Raimo è seguita, sempre a mezzo Fb, questa nota del direttore del Salone, Nicola Lagioia:
"Le dimissioni di Christian Raimo mi addolorano. Il contributo che ha dato al Salone in questi anni è stato enorme, ed è comprovato da un successo riconosciuto da tutti. Mi dispiace per editori e autori che si sono sentiti offesi dalle sue dichiarazioni scritte a titolo personale in un post di Facebook.
Mi dispiace per come uomini politici di partiti dove ci sono gli inquisiti per mafia abbiano cavalcato la vicenda. (Tanti servitori dello Stato si scambiano quotidianamente in televisione parole irriferibili e non mi pare che questo crei loro rispetto al bene del Paese un imbarazzo che ha toccato Christian Raimo a sola tutela del Salone).
Mi dispiace per come tanti commentatori cerchino di strumentalizzare il Salone del Libro ai soli fini della campagna elettorale o per avere visibilità. Sacrificare una parte di sé per un bene comune è una cosa ormai da pochi. Raimo l'ha fatto senza che nessuno gliel'abbia imposto, e questo ai miei occhi lo nobilita. Gli altri si guardino allo specchio.
Chi ha creduto di sfruttare i contenuti del post di Raimo – scritto solo a titolo personale – e le polemiche sui neofascismi per intimidirci, per scalfire l'indipendenza editoriale del Salone e quindi per danneggiare un progetto bellissimo e l'intero territorio, sbaglia di grosso.
Chi guarda solo al proprio tornaconto vive solo e muore solo. Il Salone si basa invece sulla condivisione. È il motivo per il quale, ora, farei parlare il Salone e basta. Ed è il motivo per il quale, da ora in avanti, sarà il Salone a parlare per noi – i suoi incontri, i suoi dibattiti, le sue presentazioni, la sua comunità".
Già il 2 maggio, sempre su Fb, Lagioia aveva precisato la linea editoriale del Salone:
"Molti di voi ci stanno chiedendo se è vero che al Salone del Libro verrà presentato il libro intervista a Matteo Salvini pubblicato da Altaforte. La notizia riportata da alcuni giornali come ho più volte scritto non è corretta: il libro non è nel programma ufficiale del Salone.
Ci chiedete anche se e in quale veste ci saranno uomini politici al Salone. Abbiamo chiesto – ne abbiamo già parlato pubblicamente, lo rifacciamo – agli uomini politici che hanno piacere di visitare la nostra fiera di venire in veste istituzionale, come semplici lettori, non tuttavia per presentare propri libri o fare campagna elettorale. La politica quest’anno la lasciamo agli scrittori, ai filosofi, ai giornalisti, ai politologi, agli artisti in generale. Temiamo infatti che la retorica propria di ogni campagna elettorale semplifichi per forza di cose discorsi che al Salone vengono affrontati con un grado di complessità che fa la fortuna della manifestazione. La richiesta è stata accolta da tutti gli uomini politici con cui abbiamo avuto un’interlocuzione, diretta o mediata. Ci auguriamo venga rispettata.
Vorremmo evitare che il progetto culturale del Salone del Libro sia strumentalizzato dalla campagna elettorale o dalla politica in generale. Ci abbiamo lavorato per un anno, e vi invitiamo a visitare le pagine del “Programma” per averne contezza.
Questa tuttavia, visto che le sollecitazioni e le richieste di chiarimenti sono molte, è un’opportunità per chiarire alcune altre cose. Negli incontri del Salone del Libro vengono accolte tutte le opinioni. Nessuna libertà può definirsi tale se non è tuttavia priva di argini. Ritengo quindi, io e il comitato editoriale, a maggior ragione nell’anno del centenario di Primo Levi (è sempre, ogni istante, il tempo di Primo Levi) che all’apologia del fascismo, all’odio etnico e razziale non debba essere dato spazio nel programma editoriale. Mai. Neanche a ciò che può essere in odore di tutto ciò. Nel programma infatti non ne troverete traccia. L’antifascismo è un valore in cui io e l’intero comitato editoriale del Salone crediamo fortemente, così come ci crede la città di Torino.
La stesura del programma prevede com’è naturale una discrezionalità di chi se ne occupa. L’iscrizione per gli stand ha altre regole, anche perché qui il principio di opportunità culturale si intreccia con quello di legalità.
Per quanto riguarda la gestione degli stand (è possibile che una casa editrice con simpatie fasciste o peggio ne abbia uno al Salone?), non avendone l’autorità e il potere decisionale né io né il comitato editoriale, invito chi ce l’ha a una discussione e un dibattito aperto sul tema. Da questo punto di vista, il Salone del Libro ha un comitato di indirizzo di cui fanno parte le associazioni di categoria della filiera del libro, vale a dire ADEI (Associazione degli Editori Indipendenti), AIB (Associazione Italiana Biblioteche), AIE (Associazione Italiana Editori), ALI (Associazion Librai Italiani), SIL (Sindacato Italiano Librai), il Circolo dei Lettori, l’Associazione Torino la Città del Libro, così come ovviamente la Città di Torino e la Regione Piemonte. È questa l’occasione di un dibattito sul tema.
Per ciò che riguarda me e il comitato editoriale, crediamo che la comunità del Salone possa sentirsi offesa e ferita dalla presenza di espositori legati a gruppi o partiti politici dichiaratamente o velatamente fascisti, xenofobi, oppure presenti nel gioco democratico allo scopo di sovvertirlo. È imbarazzante ad esempio ospitare la testimonianza di Tatiana Bucci (deportata ad Auschwitz con sua sorella Andra quando era bambina) in un contesto dove c’è anche chi sostiene le ragioni dei suoi carnefici.
Senza minimizzare, ma per dare le giuste proporzioni a chi ce lo sta chiedendo: stiamo parlando di circa 10 mq di stand su 60.000 mq di spazio espositivo, e di nessun incontro nel programma ufficiale su circa 1200 previsti. Lo scrivo solo perché ognuno così ha più strumenti per dire la propria.
Espresse le mie opinioni su ciò su cui non ho autorità (né io né il comitato editoriale, che queste opinioni e questi sentimenti condivide), invito chi ce l’ha come dicevo a una discussione e una risposta. Al vertice del Salone ci sono le associazioni che rappresentano quasi tutta l’editoria italiana, e dunque è una buona occasione perché si pronunci sul tema.
Siamo antifascisti anche perché crediamo nella democrazia. Il Salone del Libro prevede ai suoi vertici una pluralità di soggetti, e dunque – ferma la nostra autonomia e indipendenza editoriale sul programma – qualunque decisione verrà presa sia io che il comitato editoriale la faremo nostra.
Speriamo che il dibattito si svolga con tutta la complessità e la profondità che merita. Stigmatizziamo invece ogni strumentalizzazione: il Salone è una comunità fondata sui principi di discussione e confronto continui".
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