Giorni di fatica per il sindaco, impegnato su due fronti: il Regio e la Procura |
Che cosa succede adesso? La "procedura comparativa", questo è pacifico, si fa: resta il mistero di cosa minchia sia 'sta "procedura comparativa". Se è "aperta" (cioé può candidarsi chiunque) e "affidata a una società esterna", a casa mia si fa prima a chiamarla "bando". Se poi si affrettano a precisare che si dovrà "assicurare la massima trasparenza e terziarietà", io sono indotto a dedurre che in altre occasioni hanno fatto le cose aumma aumma.
L'idea, mi pare, sarebbe di rimpannucciare la credibilità di Graziosi, dopo il canaio dell'altro giorno in cui dipendenti e pubblico lo hanno sfiduciato a suon di fischi. L'anno scorso Chiarabella lo aveva imposto"manu militari", facendo prevalere la propria volontà (quella volta ci è riuscita, mica come per Pasquaretta...) a costo di spaccare il Consiglio d'indirizzo. Detto per inciso, una procedura quantomeno singolare per chi - non certo io - per anni ha invocato ed evocato i "bandi trasparenti" come infallibile rimedio a camarille e papocchi.
Se stavolta una "società esterna", tramite un bando (o come cavolo vorranno chiamarlo) individuasse in Graziosi, fra tanti candidati, il miglior successore di se stesso alla sovrintendenza del Regio, beh, almeno formalmente la faccia sarebbe salva e il cadreghino pure.
Intanto in Procura...
Chiarabella ha partecipato al Consiglio d'indirizzo, ma non si è esibita in commenti. Già aveva dato il meglio di sé - ovviamente a mezzo Fb - riferendo delle sue avventure pomeridiane in Procura, dov'è stata gradita ospite per scambiare due parole in merito alla consulenza di Pasquaretta al Salone del Libro e la conseguente accusa di peculato che le incombe sul capo. Al magistrato, ci racconta Chiara stessa, ha detto che lei non ne sapeva niente di niente, di quella consulenza, anzi era contraria, e hanno fatto tutto a sua insaputa.Come sempre accade in queste faccende, ci sono due possibilità: o mente, o dice la verita. Nella denegata ipotesi che menta, si vede che è di quelli di San Damiano che tirano la pietra e nascondono la mano. Se dice la verità, come risulterebbe dai documenti che ha esibito ai giudici, si prospettano ben tre ipotesi: o non è capace a imporre la propria volontà a collaboratori e subalterni, il che è un limite piuttosto serio per un sindaco; oppure qui a Torino se ne fottono tutti di quel che dice o vuole il sindaco perché Torino è una città crudele e senza pietà che nasconde in sé un cuore anarchico. Oppure, terza ipotesi, Chiarabella è il sindaco di Vladivostock e non vive a Torino: di quella storia, già nel 2017, avevo sentito parlare (seppur molto vagamente) persino io, che non sono nessuno ma vivo a Torino.
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