E' proprio bella, la mostra "Cinemaddosso" che espone alla Mole gli abiti di scena - mi vien da definirli con una parola che detesto: capolavori - prodotti in settant'anni di attività dall'atelier specializzato Annamode, che ha creato i guardaroba di centinaia e centinaia di set cinematografici, a Cinecittà come a Hollywood. Vale la pena di vederli, quei costumi: e non soltanto perché sono feticci per cinefili - io comunque sono andato in estasi davanti all'alta uniforma da maresciallo dei carabinieri che De Sica (Vittorio, naturalmente) indossava in "Pane amore e fantasia", icona assoluta dell'immaginario italiano. Quei vestiti suntuosi esposti lungo la rampa dell'Aula del Tempio sono opere d'alto artigianato, frutto di abilità e sapienze che il mondo ammira. E trovo geniale anche l'allestimento geniale di Teresa Pizzetti.
Insomma, avrete capito che la mostra mi è piaciuta. Adesso la gabellano come organizzata "nell'ambito di Torino Città del Cinema 2020" benché, com'è logico, sia stata pensata e varata oltre un anno fa dall'allora presidente Sergio Toffetti e dalla curatrice Elisabetta Bruscolini, quando ancora di Torino Città del Cinema nessuno parlava. Ad ogni modo all'inaugurazione c'erano Chiarabella e Maiunagioia pimpanti e garrule, mentre la Vittoriona Poggio s'è limitata a mandare i suoi saluti. More solito.
Il vestito-Mole
L'importante, però, stavolta è la mostra, che merita di esserve vista. E più di tutto mi è piaciuto - anzi, mi ha incantato - il "vestito Mole" che potrete ammirare quando arriverete a culmine della rampa, a degna chiusura della mostra: è una genialata stupefacente, un saggio di creatività sartoriale che Annamode ha preparato appositamente per esporlo al Museo del Cinema. Da solo, quel vestito vale la visita, e bisogna vederlo per crederlo possibile.
E qui io non riesco a capire. Quel vestito-Mole è l'immagine-guida naturale di "Cinemaddosso". Non solo: basterebbe un pizzico di inventiva per farne un simbolo torinese che unisce due vocazioni mai dimenticate della città, il cinema e l'alta moda. Ammirandolo, non ho potuto non confrontarlo all'insulso manifesto che pubblicizza la mostra: un inno alla sciatta banalità che al massimo fa pensare a una svendita in una boutique.
Tafazzi forever
Incuriosito ho indagato presso vari responsabili del Museo per scoprire le ragioni della scelta tristanzuola. Due componenti del Comitato di gestione, Gaetano Renda e Annapaola Venezia, hanno dichiarato di ignorarle, e hanno convenuto che come immagine-guida il vestito-Mole era perfetto. Il presidente Ghigo è rimasto sul vago, facendomi notare che la mia è un'opinione - cosa di cui non dubito - e non è detto che sia universalmente condivisa - un altro indiscutibile dato di fatto. Infine il direttore De Gaetano ha attribuito la scelta tristanzuola al fatto che Annamode ha terminato la confezione del vestito-Mole meno di dieci giorni fa, troppo tardi per utilizzarlo per i manifesti. Ciò mi pare una spiegazione plausibile.
Insomma, avrete capito che la mostra mi è piaciuta. Adesso la gabellano come organizzata "nell'ambito di Torino Città del Cinema 2020" benché, com'è logico, sia stata pensata e varata oltre un anno fa dall'allora presidente Sergio Toffetti e dalla curatrice Elisabetta Bruscolini, quando ancora di Torino Città del Cinema nessuno parlava. Ad ogni modo all'inaugurazione c'erano Chiarabella e Maiunagioia pimpanti e garrule, mentre la Vittoriona Poggio s'è limitata a mandare i suoi saluti. More solito.
Il vestito-Mole
L'importante, però, stavolta è la mostra, che merita di esserve vista. E più di tutto mi è piaciuto - anzi, mi ha incantato - il "vestito Mole" che potrete ammirare quando arriverete a culmine della rampa, a degna chiusura della mostra: è una genialata stupefacente, un saggio di creatività sartoriale che Annamode ha preparato appositamente per esporlo al Museo del Cinema. Da solo, quel vestito vale la visita, e bisogna vederlo per crederlo possibile.
Tristanzuolo. Il manifesto che annuncia la mostra. O una svendita in boutique? |
Tafazzi forever
Incuriosito ho indagato presso vari responsabili del Museo per scoprire le ragioni della scelta tristanzuola. Due componenti del Comitato di gestione, Gaetano Renda e Annapaola Venezia, hanno dichiarato di ignorarle, e hanno convenuto che come immagine-guida il vestito-Mole era perfetto. Il presidente Ghigo è rimasto sul vago, facendomi notare che la mia è un'opinione - cosa di cui non dubito - e non è detto che sia universalmente condivisa - un altro indiscutibile dato di fatto. Infine il direttore De Gaetano ha attribuito la scelta tristanzuola al fatto che Annamode ha terminato la confezione del vestito-Mole meno di dieci giorni fa, troppo tardi per utilizzarlo per i manifesti. Ciò mi pare una spiegazione plausibile.
Ma nel pomeriggio ricevo il materiale stampa distribuito ai giornalisti dai vari uffici stampa e, indovinate un po'?, nella cartella delle immagini non c'è traccia del vestito-Mole.
Ho cercato e ricontrollato tre volte. Ci sono 52 fotografie, nel kit stampa. Cinquantadue. Ma quella del vestito-Mole non c'è. Minchia, anche se arrivava all'ultimo secondo, almeno una foto da inserire nella cartella stampa potevate farla.
E allora ditelo, che volete boicottarlo. Ditelo, che godete come ricci a martellarvi i coglioni, Tafazzini miei.
Si può sapere che vi ha fatto di male quel vestito?
Peccato, però: di sicuro è un'occasione mancata. Mi auguro che perlomeno si sveglino con il merchandising: non solo i poster, ma anche borse, cartoline e altri gadget il vestito-Mole spaccherebbero, come souvenir de Turin deliziosamente kitsch.
Picchia forte che c'è più gusto. Tanto va sempre a finire così |
E allora ditelo, che volete boicottarlo. Ditelo, che godete come ricci a martellarvi i coglioni, Tafazzini miei.
Si può sapere che vi ha fatto di male quel vestito?
Peccato, però: di sicuro è un'occasione mancata. Mi auguro che perlomeno si sveglino con il merchandising: non solo i poster, ma anche borse, cartoline e altri gadget il vestito-Mole spaccherebbero, come souvenir de Turin deliziosamente kitsch.
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