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E ADESSO CHE SI FA? DOPO LA PAURA, E' IL MOMENTO DELLE IDEE

Per una curiosa coincidenza, casuale ma just in time, oggi mi sono arrivati due segnali di qualcosa di nuovo che sta accadendo là fuori, e che riguarda da vicino il mondo - che mi è particolarmente caro - dello spettacolo. Un settore, sappiamo bene, che soffre come altri, e più di altri, le conseguenze del lockdown; e che sarà senza ombra di dubbio l'ultimo a ripartire, ammesso che sopravviva fino a una ripartenza che appare non soltanto lontana ma soprattutto molto nebulosa. Al momento nessuno ha ben chiaro quando, e come, potremo tornare a frequentare i teatri, i cinema, i concerti in "piena sicurezza"; almeno finché non raggiungeremo una ancora remotissima vaccinazione di massa.
Chi rischia il crollo, diciamo pure l'estinzione di massa, sono in particolare le strutture medio-piccole che, come sapevamo fin dall'inizio della crisi, dispongono di riserve economiche limitate, e non possono resistere a lungo se manca un pubblico pagante, e quindi fisicamente presente.
Il fatto nuovo è che, dopo lo smarrimento e il panico, gli operatori del settore sono già entrati, in largo anticipo rispetto al paese, nella loro "fase 2": ovvero, immaginare un futuro che inevitabilmente sarà diverso, ed è tutto da inventare.
Alessandro Gaido, il presidente dell'associazione Piemonte Movie, ha aperto il dibattito inviando agli enti piemontesi che si occupano di cinema una lettera in cui propone un riflessione sulla necessità di unire le forze, consorziandosi sotto l'egida di un garante super partes quale potrebbe essere la Regione, e affidando un ruolo di capofila al Museo del Cinema e a Film Commission. Idea, quest'ultima, che non mi convince fino in fondo - mi permetto di non nutrire una cieca fiducia nella capacità attuale del Museo di assumere un simile ruolo... - ma che merita a mio avviso di essere presa in considerazione seriamente, se non altro come punto di partenza.
Fabrizio Gargarone
Sempre oggi Fabrizio Gargarone, direttore artistico di Hiroshima mon Amour, ha pubblicato sulla sua pagina Fb (qui il link) un lungo post nel quale, dopo una serie di considerazioni generali, affronta il nodo cruciale dello spettacolo dal vivo, con una disamina senza illusioni. Garantire l'applicazione di protocolli di sicurezza sanitaria e distanziamento sociale in situazioni come un concerto rock - scrive Gargarone - implicherebbe costi altissimi destinati a ricadere sul consumatore finale, lo spettatore: i prezzi dei biglietti diventerebbero inavvicinabili per larghe fasce di pubblico. Di certo non proponibili se non per megaeventi rari e comunque improbabili, finché le cose stanno come stanno adesso; mentre rischia la desertificazione l'intero tessuto dei concerti "normali", quelli che in pratica ogni sera animano (ahinoi, animavano...) la città, organizzati da imprenditori locali nei club, nei teatri, nei festival estivi. E' quindi necessario inventarsi modalità alternative e inedite, che consentano insieme la fruizione degli spettacoli dal vivo e la sostenibilità economica per gli artisti e per gli organizzatori.
Gargarone azzarda un paio di idee, ma in primo luogo sollecita i colleghi a uno sforzo comune di creatività, per arrivare tutti insieme a una soluzione concreta e praticabile.
Io non sono certo che quella soluzione esista. Ma di sicuro, se non la si cerca, non arriverà da sola per grazia divina.
Considero quindi mio preciso dovere dare anch'io, tramite il blog, la massima diffusione possibile agli scritti di Gaido e Gargarone, a 
beneficio di chiunque voglia e possa dare un proprio contributo a un dibattito che coinvolge chiunque operi nel settore dello spettacolo, e che al momento è l'unica via per uscire dal tunnel, prima che sia troppo tardi.
Qui a seguire ricopio i due scritti. 
Alessandro Gaido

Per una nuova cultura cinematografica regionale
di Alessandro Gaido
Presidente dell'Associazione Piemonte Movie

Enti ed associazioni culturali della settima arte: consorziamoci! Solo così potremo affrontare la grande rivoluzione che travolgerà il mondo del cinema durante e dopo questa pandemia. Perché è chiaro a tutti che nulla sarà più come prima, in tutti i settori, ma senza dubbio sarà così in quello aggregativo.
Gli enti culturali e le strutture pubbliche e private che lavorano nell’ambito della settima arte devono imparare ad operare insieme, se vogliono continuare ad esistere ed essere utili. Per farlo, per superare i particolarismi e le diffidenze reciproche, hanno però bisogno di un garante super partes: la Regione Piemonte, attraverso il neonato Tavolo della cultura del settore cinematografico. Questo strumento di coordinamento - frutto degli Stati Generali della Cultura regionali e della conseguente nuova legge in questo ambito - ha fatto in tempo ad essere convocato per la prima volta il 6 febbraio, pochi giorni prima dello scoppio della pandemia. In esso si ritrovano alcuni dei principali enti attivi nel settore, tra gli altri: Anec-Agis, Film Commission Torino Piemonte, Museo Nazionale del cinema, Fondazione Crt, Compagnia di San Paolo e i rappresentanti di alcune realtà culturali, selezionate attraverso un bando pubblico. In buona sostanza ci sono tutti i rappresentanti della filiera cinematografica: produzione, distribuzione, fruizione e annesse attività culturali di supporto (festival, rassegne, eventi, etc.).
Da qui bisogna partire, a nostro parere, per adeguarci alle nuove sfide che ci aspettano. E bisogna farlo in fretta. Noi abbiamo due proposte concrete, già esposte a nome del Comitato Emergenza Cultura del Piemonte nella prima riunione del Tavolo:
Fare del Museo Nazionale del Cinema e della Film Commission Torino Piemonte i due enti di coordinamento di tutte le attività culturali cinematografiche sul territorio regionale. Questo permetterebbe di creare eventi ed iniziative in rete, che razionalizzino interventi e costi senza creare doppioni e dispersione di contributi. In buona sostanza i due enti strumentali di Regione e Città di Torino diventerebbero la cabina di regia di un futuro consorzio cinematografico regionale.
Preparare al più presto un piano coordinato di interventi nel settore della cultura e delle attività cinematografiche, che tenga conto di tutta la filiera del settore: produzione, distribuzione, fruizione e attività culturali di supporto; da presentare all’Unione Europea per il nuovo piano di finanziamenti POR (Programma Operativo regionale) FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) 2021/2027.
Sappiamo che non sarà un percorso semplice ma la strada è già tracciata. Gli strumenti per lavorare esistono già. Si tratta a questo punto di comprendere solo la gravità del momento e agire tempestivamente. Perché c’è il rischio concreto che nei prossimi mesi un intero settore venga spazzato via, con gravi conseguenze occupazionali, sociali e culturali.

Appunti per il futuro
di Fabrizio Gargarone
Direttore artistico Hiroshima mon Amour

Dato che appare inverosimile l’arrivo a tempi brevi di un "antidoto" che chiuda questa pagina di storia e dato che un prolungamento del periodo del “distanziamento sociale” ha buone probabilità di portare comunque all’estinzione della popolazione, per fame, per disturbi psicofisici, o per chissà cosa, è utile immaginare come ricominciare a muoversi, con quali metodi, senza porre limiti alle idee, intuizioni o desideri. Lo so che ci sono scienziati, esperti, virologi, statistici ma questa situazione è evidentemente troppo anche per loro e la loro preparazione. Ognuno di noi può dare un contributo e leggere alcune situazioni in un modo utile alla comunità, analizzando le proprie esperienze e bisogni, il proprio lavoro, o condividendo osservazioni. Senza vergogna o timori, non ci sono professori in grado di dare voti.
Questo è il mio per quello che conosco bene, ovvero il pubblico spettacolo.
L’esperienza mi insegna che dopo ogni incidente le misure di sicurezza, quelle che si definiscono oggi come safety e security, si irrigidiscono. E difficilmente tornano indietro. Chi frequenta i concerti o gli stadi conosce bene i percorsi che hanno portato fino al biglietto nominale, apertura borse, perquisizioni corporali, metal detector, code distanziate. Possiamo immaginare che queste misure comprenderanno dei nuovi protocolli molto rigidi di tipo sanitario per lo svolgimento di qualsiasi attività. Protocolli che dovranno essere messi in atto da personale qualificato previa formazione che opera sotto il controllo e la validazione sul campo di qualche avente diritto, esattamente come la perquisizione ai grandi eventi, che deve avvenire alla presenza di un pubblico ufficiale, o la misurazione della temperatura agli aeroporti, validata da personale medico.
Queste misure prese a esempio faranno parte di protocolli da seguire, da progettare, validare e da pagare. Chi segue il mondo dei concerti sa che ad esempio sulla questione dei biglietti nominali ai concerti nata per contrastare il secondary ticketing, la più grande opposizione su questa misura è stata sulle difficoltà logistiche, e sui costi da sostenere a carico degli organizzatori. Una questione che appare oggi, come costi da sostenere, irrisoria rispetto all’impatto dell’aspetto sanitario.
Safety e security costano e andranno a ricadere sull’utente finale, sul consumatore dello spettacolo, della cena al ristorante, del caffè al bar.
È realistico immaginare sul breve/medio periodo uno scenario in cui tempo libero e cultura così come lo abbiamo conosciuto fino a oggi diventeranno un bene di lusso. Ammesso che la trattoria del cuore sopravviva alla riapertura dovrà alzare i prezzi, così come i concerti, così come tutto. Per la gente normale ci sarà lo streaming per gli spettacoli, a prezzo irrisorio e il food modello drive in di McDonald e Burger King, dove arrivi in macchina, abbassi il finestrino, prendi il tuo sacchetto prepagato e mangi in un parcheggio ai soldi che spendevi più o meno prima.
In questo scenario, al momento della ripartenza nel settore cultura e tempo libero, assisteremo alla lotta impari e amplificata tra le grandi multinazionali (che per intenderci oggi nella musica con eventim e livenation già hanno il pieno controllo della filiera) e i piccoli che a fatica nel tempo rappresentano il tessuto di qualsiasi territorio. Vedo più semplice per McDonald rispettare gli standard che verranno rispetto alla trattoria a chilometro zero, così come per un qualsiasi Palazzetto, rispetto al circolo Arci di zona, che magari ha gestito negli anni un qualche gruppo di acquisto solidale. Il prezzo che si dovrà pagare per il lusso di una qualche forma di socialità avrà a che fare necessariamente con la rinuncia della propria privacy, e dei nostri diritti elementari e questo e un grande tema, che verrà affrontato da tutti noi con risposte individuali e collettive tuttora inedite e esplorate solo dalla science fiction. Ma ci sta tranquillamente che nasceranno locali clandestini, come gli speakeasy del proibizionismo e assembramenti illegali per stare insieme, possibilmente non tracciati.

Non faccio parte di quelli che attendono l’arrivo del vaccino come soluzione di tutti i mali e sono disposti ad attendere le condizioni previrus per ricominciare a operare. Quelli sono i grandi players del mercato musicale, ad esempio e dell’intrattenimento in generale, che da qualche anno lavorano con economie al limite su grandi numeri e possono permettersi il lusso (secondo me illusorio) di aspettare che passi la tempesta. Faccio parte di quelli che vogliono riaprire al più presto, per sopravvivere certo ma per recuperare il senso del proprio lavoro.
Allora, ragioniamo sulla riapertura di club, teatri, ristoranti, che come sappiamo saranno gli ultimi degli ultimi. Quindi portiamoci avanti.
Sto aspettando di conoscere i dettagli dei piani che consentiranno l’apertura delle fabbriche in sicurezza. Mi interessano perché con il mio settore hanno problematiche e soluzioni condivisibili magari solo in parte. Si tratta normalmente di un numero significativo di persone concentrate in uno spazio ordinato dotato di impianto di aerazione, per un determinato numero di tempo, non inferiore alle 4 ore, che iniziano e terminano una determinata funzione contemporaneamente. Queste persone non solo passano questo tempo in un luogo contemporaneamente ma generano un flusso di entrata e uno in uscita, dovranno utilizzare servizi igienici e avere accesso a una mensa. In particolare mi interessano i piani di sicurezza di Ferrari e FCA, che vedono per alcune parti sperimentali la collaborazione nella redazione del virologo Roberto Burioni.
L’altro settore che ci può venire in aiuto è quello del trasporto aereo civile, che ricordo non è mai stato interrotto. Alitalia infatti opera quotidianamente e non ha mai sospeso i voli, ma solo ridotto le tratte. Questo settore è tra i più avanzati e complessi in safety e security e può servirci per costruire un protocollo per il pubblico spettacolo. Di nuovo abbiamo una concentrazione in un dato e certo periodo in uno spazio, percorsi di afflusso e deflusso, somministrazione. La differenza tra il tempo del viaggio e quello di lavoro è la frequenza con cui si ripete. Ecco perché i piani per le fabbriche possono essere anche più interessanti.
Se viene validato un protocollo che consente una concentrazione di persone per un dato tempo in un dato spazio per lavorare in sicurezza, dobbiamo dedurre che tale protocollo tuteli la salute del lavoratore in modo sufficiente. Così come il protocollo in vigore per le compagnie aeree, deve essere sufficiente per tutelare il viaggiatore e il personale di bordo. Così non fosse sarebbe un reato piuttosto grave, che può arrivare fino all’omicidio colposo nel caso di contagio e successivo decesso.
Mutuare questi tipi di protocollo e applicarlo allo spettacolo dal vivo non mi pare un esercizio di stile ma un qualcosa di praticabile e in buona parte già in essere, ad eccezione dell’aspetto sanitario specifico.
Infatti siamo già abituati ad acquistare in anticipo un biglietto fornendo dati personali, ci si presenta per le code alle casse almeno due ore prima dell’inizio dell’evento rispettando tutta una serie di divieti; si entra con un titolo individuale e documenti alla mano previa perquisizione e passaggio al metaldetector; ci si siede in posto numerato e assegnato; le vie di ingresso e di uscita sono differenti. Manca la parte sanitaria, tutta da costruire perché inedita, il distanziamento tra le persone, gli eventuali dispositivi di protezione individuale.
Possiamo a ragione immaginare spettacoli in spazi aperti o chiusi con una superficie che permetta un affollamento tale da non compromettere la distanza di sicurezza minima tra i presenti, con posto numerato a sedere, con servizio di somministrazione al tavolo. Possiamo immaginare due spettacoli per giornata, come alcuni jazz club, con artisti che lavorano a tenitura, ad esempio. Terribile? Certo. Ma da qualche parte bisogna iniziare e da qui si può.
Ci verrà in soccorso a breve anche il comparto del turismo. Se verranno autorizzate le aperture delle spiagge, gli stessi protocolli potranno essere estesi agli spettacoli dal vivo in estate. Non parliamo di grandi eventi, ma di una ripartenza, di una qualche possibilità di tornare alla vita in 3d, anche se con costi di produzione fortemente aumentati.
Cultura e tempo libero solo per ricchi sono purtroppo uno scenario probabile ed è proprio li che deve intervenire la politica degli enti pubblici e delle fondazioni bancarie per invertire questa deriva, salvando il salvabile dei tessuti culturale e sociale. In queste ripartenze avventurose e temerarie devono essere i primi nostri alleati sostenendoci senza paura. Nel caso opposto, la naturale invadenza delle società dei paesi che sosterranno finanziariamente l’Italia sarà difficilmente arginabile e aprirà scenari sociali e culturali ignoti e difficilmente governabili. E quest’ultimo appunto non vale solo per il mio comparto, ovviamente.

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