Passa ai contenuti principali

VACIS: APPUNTI PER UN TEATRO TERAPEUTICO AL TEMPO DEL VIRUS

Il regista Gabriele Vacis qualche giorno fa ha proposto una via nuova per il teatro al tempo del virus (qui il link al suo testo): un'idea non conformista, come sempre quelle di Vacis, che ha suscitato un vivace dibattito nel mondo del teatro italiano, e anche all'estero. Vacis adesso mette a fuoco alcuni aspetti del suo progetto, con questa seconda lettera aperta che molto volentieri pubblico, rimandando le mie personali valutazioni al commento che scriverò per il Corriere di domani.

riAprire i teatri / 2
Ringraziare, precisare, immaginare.
Prima di tutto ringraziare.
Grazie alle tantissime persone che continuano a condividere, commentare e criticare il documento “riAprire i teatri”.
Grazie a due maestri che ci hanno incoraggiato con parole bellissime: Eugenio Barba e Giuliano Scabia. Ringrazio loro insieme a tutti quelli che ci hanno mandato e continuano a
scriverci buoni consigli.
Secondo: precisare.
L’idea potrà partire quando sarà sano aprire i luoghi pubblici. Non è una sollecitazione ad affrettarne la riapertura. Semmai è un’idea per rendere possibile l’anticipo della riapertura, per aprire in modo nuovo: se aspettiamo che si possa tornare a riempire i teatri rischiamo di tenerli chiusi mesi e mesi. Partiamo con il teatro oltre lo spettacolo, il teatro di cura.
L’idea riguarda il teatro pubblico. A Torino c’è un teatro privato gestito da una gran donna che si chiama Claudia Spoto. Immagino che questa chiusura le procuri grandi difficoltà: queste aziende private vanno aiutate come si aiutano le altre aziende. Anche di più, perché un teatro come il Colosseo non guarda solo al profitto, ma anche alla cultura. Anche il teatro privato genera consapevolezza sociale. Ma io parlo del teatro pubblico, quello pagato con i soldi deicontribuenti, è lì che si possono sperimentare nuovi modelli di convivenza.
Terzo: immaginare.
Come si finanzia tutto questo? Con gli stessi soldi di prima. Ma distribuiti in modo diverso.
Garantendo certo la stabilità degli apparati organizzativi ed amministrativi. Ma estendendola anche agli artisti. Una sorta di reddito garantito per attori, tecnici, scrittori...
Prima lavoravamo sempre di più per guadagnare sempre meno. Le tecnologie liberano tempo.
Il lavoro di tante persone lo faranno le macchine. Ma la ricchezza continuerà ad essere prodotta. Bisognerà trovare il modo di redistribuirla. E la redistribuzione della ricchezza passa dal riorganizzare il tempo delle persone, dall’inventare occupazioni motivanti, coinvolgenti, gratificanti. I nuovi lavori dovranno gestire l’otium latino, che non è il padre dei vizi, ma ricerca di consapevolezza di sé, degli altri, del tempo, dello spazio. I grandi teatri storici sono spazi ideali dell’otium.
L’arte, la bellezza, il teatro sono rimasti per troppo tempo prigionieri della forma. Liberiamoli nell’inclusione, nell’interazione tra le persone! Mettere in scena tutto quello che c’è dietro e oltre lo spettacolo significa ridefinire il rapporto tra lo spettacolo e il teatro, tra la forma e la relazione tra le persone. Il teatro nasce come pratica di guarigione: il teatro di Epidauro era
un reparto dell’ospedale più grande dell’antichità. Il teatro ha, dalle origini, a che fare con la cura della persona. Siamo costretti, temporaneamente, a sospendere lo spettacolo?
Approfittiamone per dare spazio al teatro. Cogliamo l’occasione per rendere accessibile il teatro a chi non ci ha mai messo piede. E’ tanta gente! Facciamo scuola nei teatri, naturalmente per fargli vedere Goldoni e Shakespeare, per fargli capire come funzionano
Goldoni e Shakespeare. Facciamo vedere a come un grande regista e una grande attrice costruiscono un personaggio o interpretano un testo, uno di fronte all’altro come Marina Abramovic in “The artist is present”. Ma facciamoglielo vedere nel momento in cui nasce. Il teatro è forma nascente. La forma cristallizzata lasciamola a Netflix, che sa cristallizzarla molto meglio.
Ma sia chiaro che non è la soluzione definitiva.
Quando si potrà tornare a riempire i teatri si rimetteranno in scena i grandi spettacoli di tradizione che sono un patrimonio inestimabile. Nel frattempo avremo accumulato l’esperienza del teatro oltre lo spettacolo, che ci avrà insegnato ad usare in modo nuovo e meraviglioso i teatri. E, state certi: spettacoli di tradizione e teatro di cura della persona convivranno in armonia, nutrendosi a vicenda: una forma concreta di sviluppo degli spettatori e di innovazione delle istituzioni.
Il teatro nasce dal rito, dal gioco, dalla narrazione. Riportiamo rito, gioco e narrazione a teatro.
Citazione che ha inviato un’amica: il teatro è una scuola di pianto e di riso, è una tribuna libera da cui gli uomini possono denunciare morali vecchie e equivoche e spiegare le leggi del cuore e
del sentimento umano, dice Federico Garcia Lorca, il giorno che non avremo né scene né costumi metteremo in scena il teatro classico con le nostre tute da lavoro.
Gabriele Vacis

Commenti

Post popolari in questo blog

L'AFFONDAMENTO DELLA SEYMANDI

William Turner, "Il Naufragio" Cristina Seymandi Tanto tuonò che piovve. Sicché posso abbandonare, almeno per un post, la spiacevole incombenza di monitorare i contraccolpi dell'emergenza virale. La storia è questa. Ieri in Consiglio comunale un'interpellanza generale ( qui il testo ) firmata pure da alcuni esponenti grillini o ex grillini, ha fatto le pulci a Cristina Seymandi, figura emergente del sottogoverno cinquestelle che taluni vedono come ideale continuatrice, a Palazzo Civico, del "potere eccentrico" di Paolo Giordana prima e di Luca Pasquaretta poi . E che, come i predecessori, è riuscita a star sulle palle pure ai suoi, non soltanto a quelli dell'opposizione. L'interpellanza prendeva spunto dell'ultima impresa della Seymandi, la mancata "regata di Carnevale" , ma metteva sotto accusa l'intero rapporto fra costei, Chiarabella e l'assessore Unia, di cui è staffista. Alla fine Chiarabella, nell'angolo, h

LE RIVELAZIONI DI SANGIU: "GRECO NON HA DECIFRATO LA STELE DI ROSETTA". E ADESSO DIREI CHE BASTA

È una storia da dimenticare È una storia da non raccontare È una storia un po' complicata È una storia sbagliata Cominciò con la luna sul posto E finì con un fiume di inchiostro È una storia un poco scontata È una storia sbagliata La ridicola pantomima è finita com'era cominciata, sempre con un tizio che giudica un egittologo senza sapere un cazzo d'egittologia. Il fratello d'Italia laureato in giurisprudenza Maurizio Marrone pontifica che Christian Greco è un egittologo scarso , e - dopo una settimana di silenzi imbarazzant i, strepiti da lavandaie e minchiate alla membro di segugio  blaterate da una scelta schiera di perdigiorno presenzialisti e critici col ciuffo - un altro fratello d'Italia, il giornalista Gennaro Sangiuliano, sancisce che no, Greco è "un apprezzato egittologo" benché - sfigatone! - "non abbia decifrato la stele di Rosetta" (questo è un capolavoro comico, non siete d'accordo?).  Il presidente della Regione Cirio s'a

BASIC BASE

Il nuovo direttore del Tff La  nomina di Giuliobase alla direzione del Torino Film Festival  è ampiamente trattata sul Corriere di Torino di stamattina: c'è un mio modesto commento , ma soprattutto c'è una magistrale intervista al neodirettore, firmata dall'esperto collega Fabrizio Dividi. Vi consiglio di leggervela da cima a fondo (sul cartaceo, o  a questo link ): vale da sola ben più del prezzo del giornale. Ed è talmente bella che mi permetto di estrapolarne alcuni passaggi, che giudico particolarmente significativi. Ecco qui le domande e le risposte che più mi hanno entusiasmato. In neretto le domande, in chiaro le risposte, in corsivo le mie chiose: Emozionato a dover essere «profeta in patria»?  «Ovvio, ma studierò. In questo anno e mezzo studierò e tiferò per Steve Della Casa e per il suo festival, ma sempre stando un passo indietro, con umiltà e discrezione».  Qualcuno lo avverta: l'hanno nominato per l'edizione 2024. Ciò significa che dovrà cominciare a la