Forse ci siamo. Stando a quanto leggo sul Corriere, il Comitato tecnico scientifico ha detto sì. Entro la settimana prossima Cirio dovrebbe firmare la sospirata ordinanza che introdurrà anche in Piemonte (come già deciso da altri sette presidenti di Regione quando il covid regrediva e al Billionaire si festeggiava) la deroga al limite tassativo dei duecento spettatori nei teatri a prescindere dalle dimensioni della sala. Secondo le indicazioni del Cts, ogni teatro dovrà garantire quattro parametri di sicurezza: un metro e mezzo di distanza da bocca a bocca (e quindi, una seduta sì e una no), mascherina obbligatoria, areazione consigliata e ingressi e uscite separati.
Scrivo "forse" non per mancanza di fiducia nella buona volontà di Cirio di allentare una regola che in pratica equivaleva, specie per i grandi teatri, ad andare in scena semivuoti, e quindi rimettendoci ogni sera fior di soldi; o, in alternativa, a rimanere chiusi. Incalzati dal grido di dolore degli operatori, Cirio e Poggio si sono sempre dimostrati disponibili; ma i nostri due eroi non si azzardavano a muovere un passo senza il via libera dei tecnici, per non doversi ritrovare in graticola casomai qualcosa andasse storto. Dunque, mi auguro che Cirio traccheggerà oltre, e l'ordinanza arriverà, con gran gioia degli operatori che potranno finalmente rivedere un incasso vero, dopo mesi e mesi di miseria e spiccioli racimolati con fatiche infinite.
L'ordinanza arriverà. A meno che le cose peggiorino vistosamente.
Il rischio esiste, inutile negarlo. Mi colpisce il fatto che il governo, pur ammettando l'autonomia decisionale delle Regioni, non pensi di attenuare la regola dei duecento stabilita dal Dpcm. Ancora l'altro ieri Franceschini ha incontrato i rappresentanti dei teatri privati, si è mostrato disponibile e bene intenzionato e ha promesso interventi e sostegni per il settore; eppure non ha manco accennato all'eventualità di introdurre a livello nazionale regole più permissive sulle capienze. Mi pare un sintomo di pessimismo governativo che non va trascurato. Concedere oggi per poi rimangiarsi in fretta e furia la concessione fra una o due settimane, in termini di filosofia politica si chiama figuradimmerda, e il callido e cauto Franceschini preferisce demandare ai presidenti regionali l'onore e l'onere di affrontarla.
Comunque la schiarita per le imprese dello spettacolo dal vivo in Piemonte c'è, e spero che duri. Per chi di spettacolo ci vive, e pure per tutti gli altri, perché se dura significa che il virus è più o meno sotto controllo.
Purtroppo al momento nulla autorizza a pensare che la buriana sia finita. E' difficile che, per quanto male vadano le cose, si arrivi a un nuovo lockdown: il Paese non lo reggerebbe. Ma se qualcosa si dovrà chiudere, temo che i primi ad andarci di mezzo saranno di nuovo cinema e teatri, benché siano gli unici che continuano ad applicare con rigore teutonico le norme di prevenzione, compresa la raccolta delle autocertificazioni degli spettatori: pratica ormai scomparsa - se mai è apparsa - in ogni altro luogo.
Il ragionamento è banale nel suo cinismo: i luoghi dello spettacolo in fondo sono pochi, rispetto ad altre attività rivolte al pubblico. E in base alla logica dei governanti (la Legge dell'uccello padulo, altrimenti detta Legge dell'ombrello) è più conveniente scontentare pochi che molti, e aiutarne molti è più costoso che aiutarne pochi. Qualcuno si può sacrificare. Con buona pace del qualcuno che si becca l'ombrello.
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