Fonsatti: il direttore del Tst le canta chiare |
"La Cigale, ayant chanté tout l'été, se trouva fort dépourvue quand la bise fut venue". Lascio al saggio La Fontaine l'arduo compito di chiudere l'alato palleggio di responsabilità sulle cause della merda nella quale siamo ripiombati. Unicuique faber fortunae suae. Stop.
Come sempre accade nel paese di Acchiappacitrulli, i primi a pagar dazio sono gli innocenti: e dunque si chiudono cinema e teatri che come tutti, e con più serietà di molti, avevano finora applicato ogni cautela possibile. Con il risultato - certificato - di non ingenerare nessun focolaio di contagio, e dunque - nella logica d'Acchiappacitrulli - di subire per primi le prove generali di lockdown. E pure cornuti e mazziati, con il genio Francis che ammonisce "non capite la gravità della situazione". Potevi andarlo a dire quest'estate a quelli che sbagasciavano su tutte le coste e le disco d'Italia e del mondo, impestandosi come lanzichenecchi in un casino.
E adesso? Il mondo dello spettacolo tenta ancora una volta di reagire, di lottare per sopravvivere.
Già. sopravvivere. Protestare (venerdì i lavoratori dello spettacolo saranno in piazza a Torino per una manifestazione nazionale creativamente intitolata "L'assenza spettacolare") e intanto rifugiarsi sul web per regalare il proprio lavoro, snaturandolo e svilendolo. A me questo non piace - intendo il ricorso al web, protestare va benissimo - e ne spiego i motivi nell'articolo di stamattina sul Corriere (qui c'è il link). In sostanza, ritengo un grave errore continuare a regalare cultura a una società che considera la cultura meno che niente. E' l'assenza a rendere preziosi. La prima risposta dovrebbe essere, giustappunto, una spettacolare assenza. Non solo dal vivo perché così vuole il governo, ma anche dalla rete perché così vuole la dignità della cultura.
E poi basta accattonaggi, basta sopravvivenza. Mi trovo in pieno accordo con il direttore dello Stabile Filippo Fonsatti, che in un suo intervento ha affrontato in maniera seria e inedita per l'Italia (inedita perché seria) il dibattito sul ruolo e la funzione della cultura, e sulla necessità di uscire dal concetto stesso di "emergenza".
L'intervento di Fonsatti - che vi consiglio di ascoltare a questo link - è davvero notevole: il compassato Filippo trasmuta in Filippo furioso mentre va alla radice del problema spogliandosi sorprendentemente dal suo inossidabile aplomb british: "Lo spettacolo dal vivo è sempre e da sempre in maledetta emergenza, la legge sullo spettacolo dal vivo è lì che marcisce in parlamento dal novembre 2017, e allora sveglia!". Basta emergenza, che diventa la foglia di fico per l'incapacità di alcuni e per le inadeguatezze del sistema. Basta sopravvivenza: le parole d'ordine per lo spettacolo dal vivo, dice Fonsatti, devono essere funzione, metodo e prospettiva.
Funzione: il teatro non è intrattenimento ma un processo di formazione e luogo di aggregazione sociale.
Metodo: ci sono stati sostegni emergenziali ma devono essere indirizzati con coerenza.
Prospettiva: lo spettacolo dal vivo è in emergenza da sempre. Portiamo il Fus dall'attuale 0,027% del Pil allo 0,1.
Funzione: il teatro non è intrattenimento ma un processo di formazione e luogo di aggregazione sociale.
Metodo: ci sono stati sostegni emergenziali ma devono essere indirizzati con coerenza.
Prospettiva: lo spettacolo dal vivo è in emergenza da sempre. Portiamo il Fus dall'attuale 0,027% del Pil allo 0,1.
Eh già, cari miei: nella terra dell'arte e della cultura il Fondo unico per lo spettacolo oggi equivale allo zerovingolazeroventisettepercento del Pil. Chiamarlo elemosina, no?
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