E' anche la prima volta che un festival cinematografico torinese applica un
“biglietto” per vedere su MyMovies le pellicole del programma. Come ricordo sul Corriere di oggi, nel
primo lockdown le edizioni virtuali di Lovers e di Cinemambiente sono
andate bene, ma erano gratis: i 17 film di Lovers on line hanno avuto
oltre 18 mila visualizzazioni, e la sola prima tranche di
Cinemambiente (tre film programmati per due settimane) ha sfiorato
quota 34 mila. La domanda è se funzionerà anche il Tff pay per view. Il pubblico che pagava per
l'esperienza della sala sarà disposto a sborsare anche per la
fruizione domestica?
In attesa del responso, è triste dover constatare che il Tff inizia tradendo un carattere proprio del Festival, e della comunità che lo ospita: la buona creanza.
Come si temeva, infatti, è stato cancellato dal programma il Premio Cipputi, riconoscimento che da ventiquattro anni andava ai migliori film dedicati ai temi del lavoro. Sono rimaste lettera morta non soltanto le proteste che avevano accompagnato le prime indiscrezioni sull'accantonamento, ma anche le imbarazzate promesse - seguite alle proteste - di rivedere la decisione. "E quasi certo che il Premio Cipputi ci sarà", aveva dichiarato il presidente del Museo del Cinema Enzo Ghigo a margine della presentazione del Festival, il 24 settembre scorso. CVD: son passati due mesi e il Premio Cipputi non c'è più. Cancellato di soppiatto, senza più una parola, neppure le vaghe motivazioni d'ordine economico (in realtà il Cipputi costava al Festival poche centinaia di euro) addotte in un primo tempo per giustificarne la cancellazione. E già quel "non dire" non mi sta per niente bene. Non casca l'ernia a nessuno, se in certe occasioni si spendono due parole di circostanza: l'avevo già pensato quando m'era toccato di chiedere espressamente che fine avessa fatto la collaborazione con l'ex direttrice Emanuela Martini (collaborazione rinviata all'anno prossimo a causa di problemi tecnici legati alla pandemia, mi avevano risposto). Ancor più lo penso oggi, quando la natura "operaista" del Premio Cipputi suggerisce cattivi pensieri legati al colore politico della giunta regionale. Premetto che io non ci voglio credere. Sarebbe una forma di censura più stupida che miserabile, pur essendo miserabilissima, e senz'altro indegna di un galantuomo come Alberto Cirio. Non sarei disposto a giurare su alcuni dei coboldi che lo circondano, ma insomma, c'è un limite anche alla coglionaggine. Proprio per questo, però, ci sarebbero state bene due paroline mielate, "è con profondo dispiacere che..." o roba del genere, lorsignori sono specialisti in queste fanfeluche. Falsi e cortesi, almeno. Chi tace non è falso, è soltanto vile. Vogliamo o non vogliamo preservare i valori del nostro bel Piemonte?
Il problema è che stavolta, oltre a non essere elegantemente falsi, non siamo neppure cortesi. Il minimo sindacale della cortesia (maledetti sindacati, sempre fra i piedi...) imponeva che qualcuno - magari il direttore del Tff - desse un colpo di telefono ad Altan per avvertirlo che il premio dedicato al suo personaggio, e che Altan stesso presenziava, è stato spazzato via dalla scopa nuova del Festival. La cortese telefonata non c'è stata. A quanto mi risulta nessuno, dalla Mole, s'è degnato di chiamare Altan. Questo va oltre alla semplice scortesia: a casa mia, e anche in case più blasonate, si chiama sciatteria cafona.
E non è sabaudo cominciare un Festival con un rutto.
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