Questo è un post fuori tempo massimo. A metà dicembre il Sole 24 Ore ha diffuso l'annuale classifica della qualità della vita nelle 107 province italiane. E' uno studio sempre accurato e interessante, ma allora avevo altro a cui pensare e dunque all'epoca, colpevolmente, non l'ho neppure guardato. Adesso però quella ricerca mi ricapita sotto il naso in questa pigra domenica - ah le meraviglie della rete dove nulla si perde e tutto ritorna... - per cui, incuriosito e sollecitato, comincio a leggerla.
La notizia - lo saprete già, immagino che sia stata adeguatamente sbandierata - è che la provincia di Torino sale al 21° posto (su un totale di 107, e tenete conto che Milano perde la prima posizione e si piazza diciottesima). Il miglior risultato dell'ultimo quinquennio: dal trentacinquesimo posto del 2016 eravamo era scesi a quota 40 nel 2017, per poi salire a 38 nel 2018 e flettere a 33 nel 2019. Tenete conto che il primo report del Sole sulla qualità della vita, nel 1990, ci relegava al settantesimo posto.
Essere ventunesimi è fantastico. Possiamo rallegrarci. Fino a un certo punto, però. Le statistiche, come al solito, vanno lette e interpretate.
Leggere le statistiche
Essere ventunesimi è fantastico. Possiamo rallegrarci. Fino a un certo punto, però. Le statistiche, come al solito, vanno lette e interpretate.
Leggere le statistiche
In primis occorre tenere ben presente che il report del Sole 24 Ore valuta la situazione complessiva dell'intero territorio provinciale, non soltanto del capoluogo: perliamo di una popolazione di oltre 2,2 milioni di persone di cui soltanto 857 mila residenti a Torino: e con un territorio provinciale parcellizzato in sotto-aree (Susa e Valli alpine, Canavese e Eporediese, prima cintura metropolitana, Carmagnola-Carignano, Pinerolese) diversissime fra loro per condizioni sociali, economiche e culturali. Le statistiche del Sole non specificano - ad esempio - se a Torino si vive male mentre a Poirino se la passano alla grande. O viceversa.
Secondo punto: alcune province che negli anni scorsi ci precedevano hanno scontato più di noi l'effetto-covid, per motivi vari: ad esempio una città d'arte come Firenze scende dalla quindicesima posizione nel 2019 alla ventisettesima nel 2020. Terzo e ultimo ma importantissimo punto: la ventunesima posizione di Torino è il risultato complessivo che tiene conto di tutti gli indicatori presi in esame dallo studio. Ma se consideriamo gli indicatori a uno a uno, saltano fuori alcune evidenze non trascurabili. La provincia di Torino, infatti, si piazza al 7° posto per le voci "ricchezza e consumi" e "affari e lavoro": insomma, per quanto ammaccati, resistiamo. Milano, per fare un confronto, quest'anno per quei due indicatori è terza: però è prima per l'indicatore "ambiente e servizi", che vede Torino in sedicesima posizione. Va bene, non si può pretendere. Pretenderei semmai un piazzamento migliore dell'ottantatreesimo alla voce "demografia e società" che mi disegna una Torino senescente e imbottita di calmanti, sonniferi e antidepressivi: ma almeno lì Milano sta messa peggio di noi a quota 92...
Lo sprofondo della cultura
Però io di cultura mi occupo, e dunque esplorando l'analisi del Sole la mia attenzione si è appuntata sull'indicatore "cultura e tempo libero".
Disastro. Siamo al 45° posto. Dicesi quarantacinquesimo. Mai tanto in basso nell'ultimo quinquennio. Eravamo dodicesimi nel 2016, siamo scesi a quota 34 nel 2017, risaliti al dodicesimo posto nel 2018 (anno di Salone del Gusto e Bocuse d'Or) e poi giù in picchiata al 35° nel 2019, fino allo sprofondo dell'orrido 2020. Eh, ma c'è stato il covid, direte voi. Certo. C'è stato a Torino, come ovunque, e le conseguenze le vediamo ogni giorno, da un anno. Ma intanto alla voce "cultura e tempo libero" a Milano per il 2020 stanno in diciottesima posizione, ed erano terzi nel 2019: c'è modo e modo di perdere.
A titolo di curiosità (ma vi consiglio di leggervi le tabelle dettagliate) segnalo che, pure con il covid, restiamo ottimi consumatori di spettacoli, di quelli almeno che si sono potuti realizzare: quasi 80 euro/anno di spesa pro-capite al botteghino (siamo al nono posto in Italia, Milano è terza) benché gli spettatori siano pochini (79,9 ogni mille abitanti, trentaseiesimi su 107 province). Stiamo malmessi invece quanto a biblioteche (meno di 3 ogni mille abitanti, 52° posto) e librerie (0,08 ogni mille abitanti, 42° posto). Ma tranquilli: nel capitolo "cultura e tempo libero" le voci riguardanti lo sport vanno anche peggio di quelle specifiche della cultura.
A titolo di curiosità (ma vi consiglio di leggervi le tabelle dettagliate) segnalo che, pure con il covid, restiamo ottimi consumatori di spettacoli, di quelli almeno che si sono potuti realizzare: quasi 80 euro/anno di spesa pro-capite al botteghino (siamo al nono posto in Italia, Milano è terza) benché gli spettatori siano pochini (79,9 ogni mille abitanti, trentaseiesimi su 107 province). Stiamo malmessi invece quanto a biblioteche (meno di 3 ogni mille abitanti, 52° posto) e librerie (0,08 ogni mille abitanti, 42° posto). Ma tranquilli: nel capitolo "cultura e tempo libero" le voci riguardanti lo sport vanno anche peggio di quelle specifiche della cultura.
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