Teruo Nakamura: per lui la Guerra Mondiale finì solo nel 1974 |
La guerra dei consiglieri-Nakamura
Sconfitti - non prima di accesi dibattiti interni, psicodrammi e sfanculamenti fratricidi - lo scorso 2 febbraio con l'approvazione del P.U.R., Progetto Unitario di Riqualificazione per una Cavallerizza in parte pubblica e in parte privata, i consiglieri-Nakamura continuano a combattere la loro guerra personale, con ogni arma disponibile. A scopo dimostrativo, nel documento finale sulla candidatura di Torino a Capitale Europea della Cultura hanno intrufolato un paio di emendamentivolti a escludere “qualsiasi privatizzazione” della Cavallerizza e garantirne “la vocazione di polo culturale e indipendente”. Emendamenti che al momento del voto saranno entrambi respinti, non ci piove: ma serve a mostrare la bandiera.
Referendum, arma finale
Più seriamente, adesso gli Irriducibili sperano nella “consultazione popolare” per bloccare l'operazione. Sempre che raggiungano le novemila firme necessarie per ottenere il referendum abrogativo cittadino, considerato che quello sulla Cavallerizza ormai è un tormento tutto interno alla galassia pentastellata. Il cinquestelle non irriducibile Fabio Versaci, noto esperto di relazioni pubbliche, in occasione della surreale resa dei conti del 2 febbraio, era sbottato nel più classico dei non-se-ne-può-più: "Sono anni e anni che si discute di un argomento che interessa allo 0,03 per cento della popolazione". Ma su 866 mila residenti a Torino, forse quelli interessati ai travagli della Cavallerizza sono più di 260: e magari a novemila firme ci arrivano. Quindi ammettiamo pure, in ipotesi, che il referendum si faccia, abbia successo e il Comune sia costretto a escludere i privati da una Cavallerizza bene comune, “polo culturale autogestito e indipendente”. Pensiero stupendo, in sé e per sé. Ma chi paga? Gli autogestori? O chi voterà per l'abrogazione del P.U.R.? Dubito fortemente.
Damiano Carretto: per lui la guerra della Cavallerizza non è finita |
Per destinare l'intera Cavallerizza all'uso pubblico servirebbero 10 milioni solo per riscattarla dalla Cassa depositi e prestiti, e altri 50 per riqualificarla; ma il Comune sessanta milioni che gli avanzano non ce li ha. Niente soldi, niente Cavallerizza: sicché, di riffe o di raffe, i nostri eroi della giunta se ne sono tornati mogi mogi al 2016 e al deprecato Masterplan fassiniano, oggi magicamente reincarnato paro paro nel P.U.R. voluto da Chiarabella e dal fido assessore Iaria.: i privati metteranno i soldi, e in cambio una porzione del complesso sarà destinata a usi commerciali. Tra i privati interessati c'è la Compagnia di San Paolo, evocata come simbolo del capitalismo vorace dagli Irriducibili: uno di essi, il transfuga pentastellato Damiano Carretto, ha ben sintetizzato il suo fine pensiero politico dichiarando in Commissione cultura, il 17 febbraio 2020, che "per Compagnia di San Paolo ci andrebbe un bel calcio nel sedere".
Posso capirlo. Quando il fanciullo diventa uomo e si scontra con la dura realtà del mondo spesso reagisce con rabbia alla frustrazione: pesta i piedi, strilla, tira calci al vento. E' un'età difficile. Poi si cresce.
Torino, abbiamo un problema
Ma i grillini si sarebbero accapigliati pur se le cose fossero andate diversamente: "Se la Città avesse avuto i dieci milioni per decartolarizzare la Cavallerizza – cito di nuovo il Versaci del 2 febbraio scorso - mi sarei battuto per non farlo: e non perché non voglio, ma perché Torino è in ginocchio per la pandemia, e prendere dieci milioni per decartolarizzare la Cavallerizza sarebbe follia totale, sarebbe non vedere quel che ci sta attorno".
In effetti gli Irriducibili non hanno mai proposto una soluzione credibile al problemuccio dei soldi, se non il ricorso alle casse pubbliche, cioé alle nostre tasche vuote; o forse sperano che i danari li mettano le fondazioni bancarie senza alcuna contropartita, giusto perché adorano essere prese a calci nel sedere. Soluzioni, queste, forse logiche per un occupante (le rivoluzioni non le fanno i ragionieri, i conti li pagherà qualcun altro), un po' meno per un amministratore pubblico (figurarsi per un contribuente...). Se ne era reso conto persino Versaci: "Se un consigliere comunale mi porta le stesse soluzioni di un occupante, vuol dire che abbiamo un problema", aveva detto.
Per una volta, Versaci ci ha azzeccato: abbiamo un problema. E magari fosse uno soltanto.
Fortunati quelli di Houston, che di problemi ne hanno solo uno.
RispondiEliminaMi ritorna in mente, tristemente ( scusate la rima ), Bertinotti, il quale vantava da sindacalista di non aver mai chiuso un rinnovo contrattuale. La politica, quella vera, è ahimé compromesso, fatica, sangue e "quella roba là".
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