Breve, la vita felice di Annalena Benini: giusto il tempo di presentare la squadra e di sbrigare la pratica Portici di Carta, ed ecco la prima farisaica bufera sul Salone del Libro, scatenata dalla storiaccia dello Zaki e delle sue dichiarazioni: dichiarazioni discutibili finché volete, ma il diritto d'opinione distingue - fino a prova contraria e/o modifica dell'articolo 21 - l'Italia dall'Egitto.
Così abbiamo assistito all'ennesima ridicola pantomima dello scambio dei ruoli, con quelli che ieri urlavano "vergogna" perché si impediva alla ministra Roccella di parlare al Salone e adesso urlano "vergogna" perché non si impedisce a Zaki di parlare al Salone. E viceversa, naturalmente.
Non mi sarei neppure occupato di una vicenda tanto miserevole se non avessi avvertito l'obbligo di rendere meritato omaggio a una direttrice che sta nei fatti dimostrando di avere la schiena dritta e di essere in perfetta sintonia con i principi fondamentali del Salone del Libro. La frase - "il Salone non silenzia nessuno" - con la quale Annalena Benini ha liquidato le indignazioni degli agit-prop (e pure i consigli non richiesti dei fratelli coltelli) è una rassicurante dichiarazione d'intenti e un nobile programma di governo per l'istituzione che le è stata affidata.
Mi è sembrato quindi giusto scriverlo sul Corriere, fregandomene dei maldipancia delle scimmie cocchiere: io sto con il Salone e con i capitani coraggiosi. L'articolo è sul giornale di oggi, e a questo link.
E by the way, rispetto anche per Hiroshima mon Amour che ha acconsentito a ospitare l'incontro, dopo l'imbarazzato dietrofront del Sermig. Cos'è che diceva don Abbondio, a proposito del coraggio?
P.S. Già che son qui, ne approfitto per linkare due articoli per il Corriere usciti nei giorni scorsi, che per mia pigrizia e trascuratezza non ho riportato sul blog.
Il più recente è un'intervista all'assessore ai Grandi eventi Mimmo Carretta, nella quale cerco di capire - senza gran successo - se a Torino si farà o non si farà (o meglio se si importerà o non si importerà da Barcellona) il Primavera Sound:
Il secondo articolo, del 10 ottobre, è invece un piccolo promemoria sulle vicende che hanno portato il Museo del Cinema a rimpiazzare la prevista mostra di James Cameron con quella di Tim Burton, con relativo strascico di polemiche (e scontri legali) con la Cinémathèque Française:
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