La mostra di Joan Mirò sarà aperta a Palazzo Chiablese fino al 17 gennaio |
In una parola, una mostra blockbuster.
La mostra "Mirò - Sogno e colore" a Palazzo Chiablese, che s'inaugura stasera, è una mostra così.
Poi le vestali della "cultura vera" diranno che la cultura vera è ben altro, che quelle mostre "non lasciano niente". Vabbé. A me le mostre "che non lasciano niente" hanno sempre lasciato il bene effimero eppure prezioso della bellezza, dell'emozione. Ma chissenefrega. Se pensate che possa piacervi andate a vederla, sennò pace, si vive benissimo lo stesso.
Però va precisato che quella di Mirò a Palazzo Chiablese non è una mostra pagata con i soldi pubblici, se non in percentuale minima, ben al di sotto della soglia della decenza. Il Comune e la Regione, insieme, ci hanno investito in tutto 50 mila euro tra servizi e contributi. Spiccioli, se pensate che la mostra costa un milione e duecentomila euro.
La organizza - in collaborazione con il MiBACT e i Musei Reali - una società specializzata, Arthemisia, con capitali propri più il contributo dello sponsor Generali. Le opere, sontuose, arrivano dalla "Fondaciò Pilar i Joan Mirò" di Maiorca, che conserva gran parte dei lavori creati dall'artista catalano nei trent'anni del suo soggiorno sull'isola balearica.
Arthemisia a Palazzo Chiablese ha già firmato, con alterne fortune, anche Matisse, Tamara de Lempicka e Toulouse-Lautrec. E' anche responsabile della mostra di Giovanni Boldini in corso alla Reggia di Venaria.
L'handicap dell'Abbonamento
Ho scambiato due parole con la presidente di Arthemisia, Iole Siena: mi ha spiegato che il vero problema economico per le mostre a Torino è l'Abbonamento Musei. "Qui ce l'hanno in tantissimi, e ciò influisce pesantemente sugli incassi: tenendo conto di riduzioni e abbonamenti a Milano il prezzo medio del biglietto è sui dieci euro, mentre Torino scende a 6 euro".Il "fattore tessera" dimostra il successo di un'idea nata a Torino e che sta conquistando altre città, Milano in testa. Però rappresenta ormai un handicap per il privato che voglia portare una mostra nella nostra città. Alla fine, quelli di Arthemisia e l'Associazione Abbonamento Musei (i cui soci sono il Comune di Torino, la Regione e la Fondazione Crt) hanno trovato un compromesso: per ogni biglietto gratuito staccato con la tessera, verrà rimborsato il 50 per cento del prezzo, anziché il consueto 40. E' un aiuto.
Comunque il break even point resta decisamente alto: per pareggiare, mi dice Iole Siena, servono almeno 120 mila visitatori. Le precedenti mostre di Arthemisia ne hanno richiamati fra i 120 mila e i 90 mila. In bocca al lupo.
L'assessore si è preparato
Il diligente Sacco consulta la sua copiosa documentazione |
Sacco: "Le grandi mostre fanno crescere il turismo"
Sacco, sulla spinta dell'entusiasmo, si esibisce inoltre a favore d'uditorio in alcune dichiarazioni di evidenza tanto evangelica da apparire rivoluzionaria. Ad esempio: "I due settori strategici per incrementare il turismo sono la cultura e l'enogastronomia". E ancora: "Ci sarà sempre un impegno del Comune in tal senso, pur nei limiti delle risorse di cui disponiamo". E che ne dite della promessa di "un programma continuo di mostre"?Sacco è ultracontento perché può sbandierare gli ultimi dati della Camera di commercio: a settembre (per la precisione dal 27 agosto al 23 settembre, prima del G7) la percentuale di occupazione delle camere d'albergo è aumentato del 9,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016.
Ed ecco il colpo da maestro: "Questa di Mirò - dice Sacco - è una di quelle mostre che possono migliorare i dati turistici". Alè.
Per sincerarmi d'aver ben compreso il concetto, domando a Sacco: "Secondo lei Mirò è una mostra blockbuster?". Sacco un po' divaga: "Io non sono un esperto d'arte, ma ritengo che Mirò sia un artista noto a tutti e quindi la mostra può richiamare molti visitatori e essere utile al turismo cittadino".
"Una mostra blockbuster, quindi", cerco conferma io.
"Blockbuster", conferma Sacco.
"Grazie", ringrazio io.
Io sono dell'opinione che Sacco abbia ragione. Con qualche riserva, poiché nell'ultimo anno grandi mostre a Torino non ne ho viste, eppure Sacco stesso mi parla di valori in crescita per gli alberghi.
Leon: "Le grandi mostre non attirano turisti"
Ma interpretare i dati non tocca a me; perchè io, a differenza di Sacco, non sono in giunta con l'assessore Leon. Che sembra (o almeno sembrava) pensarla diversamente. Per completezza dell'informazione (anche di Sacco), riporto le dichiarazioni rese dall'assessore Leon in Consiglio comunale il 18 ottobre 2016, meno di un anno fa:
"I grandi attrattori turistici a Torino sono rappresentati dalle grandi collezioni museali, in primo luogo il Museo Egizio, il Museo del Cinema, Palazzo Reale e la Reggia di Venaria Reale. Se prendiamo a riferimento il dato dell’incidenza degli ingressi con Abbonamento Musei sul totale delle visite si evince chiaramente come questa non sia così rilevante (tra il 6 e il 14%) nei musei citati, mentre gli ingressi con le carte turistiche sono decisamente superiori. Segno che tra i motivi principali della scelta di venire a Torino sia la presenza di queste istituzioni. Viceversa, laddove l’incidenza degli abbonamenti è superiore e raggiunge in alcuni casi il 50% del pubblico complessivo i musei rappresentano un punto di riferimento importante per il pubblico cittadino.
Le mostre dedicate all’impressionismo hanno avuto un’incidenza superiore al 30%, mentre risulta irrisoria la rilevanza degli ingressi con le carte turistiche. Questo segnala come queste mostre non siano il motivo per il quale un turista sceglie di venire a Torino, ma un corollario rispetto al programma di visite in città. Questo tipo di mostre richiamano più un pubblico di escursionisti (1-2 ore di distanza dalla sede di mostra). Questo non significa che non siano importanti ma occorre conoscere questi dati di realtà".
Sempre Francesca Leon il 19 ottobre 2016 dichiarava a La Stampa: "Siamo contrari a mostre imposte. Basta con le esposizioni pensate da altri musei. Vogliamo esposizioni pensate con altri musei, o dai nostri musei". Erano i giorni in cui Torino perdeva la mostra di Manet e le volpi disprezzavano l'uva acerba."I grandi attrattori turistici a Torino sono rappresentati dalle grandi collezioni museali, in primo luogo il Museo Egizio, il Museo del Cinema, Palazzo Reale e la Reggia di Venaria Reale. Se prendiamo a riferimento il dato dell’incidenza degli ingressi con Abbonamento Musei sul totale delle visite si evince chiaramente come questa non sia così rilevante (tra il 6 e il 14%) nei musei citati, mentre gli ingressi con le carte turistiche sono decisamente superiori. Segno che tra i motivi principali della scelta di venire a Torino sia la presenza di queste istituzioni. Viceversa, laddove l’incidenza degli abbonamenti è superiore e raggiunge in alcuni casi il 50% del pubblico complessivo i musei rappresentano un punto di riferimento importante per il pubblico cittadino.
Le mostre dedicate all’impressionismo hanno avuto un’incidenza superiore al 30%, mentre risulta irrisoria la rilevanza degli ingressi con le carte turistiche. Questo segnala come queste mostre non siano il motivo per il quale un turista sceglie di venire a Torino, ma un corollario rispetto al programma di visite in città. Questo tipo di mostre richiamano più un pubblico di escursionisti (1-2 ore di distanza dalla sede di mostra). Questo non significa che non siano importanti ma occorre conoscere questi dati di realtà".
Potrebbe esserci una considerazione di cui tenere conto che forse dimostrerebbe che nessuno dei due ha del tutto torto.
RispondiEliminaSe Sacco prende come esempio le mostre come quella di Mirò a Palazzo Chiablese e Leon quelle degli Impressionisti alla GAM (o ancor peggio alla Promotrice, come nel caso di Degas) c'è un fattore non secondario da non trascurare: immagine e visibilità.
Palazzo Chiablese è in piazza Castello e le sue mostre praticamente tappezzano il muro esterno laterale di Palazzo Reale, una delle passeggiate più frequentate in assoluto dai turisti che vengono da fuori. La GAM invece (e ancor peggio la Promotrice) sono sedi non dico periferiche, ma turisticamente defilate. Normalmente, anche fuori da un periodo mostre, si provi a gironzolare attorno al Chiablese e poi attorno alla GAM, e mi si dica se c'è differenza fra i turisti che passano (per altri motivi) nei due luoghi.
Mi rispondo da solo: certo che c'è differenza, in "zona GAM" non c'è quasi mai nessuno.
Ecco quindi che, pur attirando in valore assoluto meno pubblico, le mostre in piazza Castello potrebbero aver attirato (e attirare) il grande numero di turisti circolanti nella zona a più alta densità museale della città, turisti che magari erano lì per altro e hanno visitato la mostra in corso al Chiablese attratti dalla giga-pubblicità esterna, cosa che può aver fatto salire il numero di ingressi con tessera turistica.
Viceversa alla GAM bisogna andarci apposta perché davanti non ci passa nessun circuto altamente turistico, e per andarci devi sapere prima cosa c'è. Gli organizzatori delle passate mostre blockbuster alla GAM la pubblicità l'hanno sempre fatta, ma non possono tappezzarvi un angolo di piazza Castello come possono fare al Chiablese, visto che il palazzo è lì.
Questo spiegherebbe non solo il minor numero di ingressi con card turistica, ma anche il maggior numero di ingressi con Abbonamento: se è PIU' necessario informarsi in anticipo riguardo una mostra alla GAM piuttosto che altrove, è normale che a farlo sarà gente un minimo più scafata (o interessata, via, una nicchia). E solitamente questa gente è dotata di Abbonamento.
D'altronde mi riesce un pochino difficile credere, al netto di tutte le discussioni prettamente artistiche, che nomi come Mirò, De Lempicka o Lautrec possano da soli attirare più gente dall'esterno rispetto a calibri mediatici come Monet e Renoir, senza che vi sia un differente battage pubblicitario.
2 cents.
Nel complicato gioco dei numeri inserisco solo un dato in più: ogni inverno, soprattutto nel periodo natalizio, la GAM diventa uno dei maggiori punti vendita dell'abbonamento musei a prescindere dagli eventi ospitati, se tale affluenza viene a coincidere con quella derivante da mostre quali quella di monet, il cui costo del biglietto è pari ad un terzo di quello della tessera con validità annuale, non solo si offrirebbe una spiegazione in più ai dati degli ingressi ma ci si potrebbe anche domandare: siamo proprio sicuri che non siano le mostre blockbuster a favorire l'acquisto dell'abbonamento? perché se così fosse i i privati finanziatori di mostre e le istituzioni pubbliche avrebbero di che parlare
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