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AFFONDAZIONE MUSEI: STORIA DI UNA CRISI

Maurizio Cibrario
Come vi ho riferito, il presidente della Fondazione Torino Musei Maurizio Cibrario riferirà venerdì prossimo in Commissione cultura sulla drammatica vicenda che vede 28 dipendenti della Fondazione a rischio di licenziamento, nel quadro di un più vasto piano di ristrutturazione che prevede anche la chiusura della Biblioteca della Gam e l'abbandono del Borgo Medievale, che tornerà al Comune per poi finire, si presume, nelle mani dei privati che ne faranno forse un parco tematico. Per i 28 esuberi la procedura di licenziamento (datata 15 dicembre) non prevede "misure programmabili al fine di fronteggiare l'impatto sociale", beninteso "fatta salva la continua ricerca di soluzioni di ricollocazione presso altri soggetti". Insomma, aspetta e spera.

Di chi è la responsabilità

Nella stessa procedura sta anche scritto, nero su bianco, che gli esuberi sono la conseguenza "della progressiva riduzione dei contributi da parte della Città di Torino", per cui "la Fondazione non è più in grado di garantire la gestione di tutte le strutture affidate e di conseguenza l'occupazione del relativo personale". Ergo, la chiusura della Biblioteca della Gam, la restituzione del Borgo, la cessazione del rapporto con il Museo della Resistenza, la riorganizzazione della fototeca, e i licenziamenti che ne derivano, secondo la Fondazione Musei hanno una sola causa, inequivoca: il taglio dei contributi da parte del Comune. 
Secondo Cibrario il piano di ristrutturazione consentirebbe risparmi per 130 mila euro al mese. Ha anche precisato che il 28 dicembre incontrerà i sindacati e aprirà una trattativa con l'obiettivo di ricollocare quanti più lavoratori possibile. Cibrario si è detto fiducioso che l'accordo, che dovrebbe arrivare entro aprile, non lasci nessuno in mezzo a una strada.

Cibrario e la Commessione

Il presidente Cibrario ha preannunciato che davanti alla Commissione cultura spiegherà per filo e per segno come s'è arrivati a questa incresciosa contingenza. Prima di venerdì, però, non vuole aggiungere altro.
Io, che sono curioso come una scimmia, ho provato a mettere insieme tante piccole tesserine per ricostruire il mosaico e cercare di immaginare, con qualche speranza di attendibilità, ciò che Cibrario potrà raccontare venerdì ai commissari.
Vediamo quanto ci azzecco.

Il taglio dei finanziamenti

La ricostruzione, manco a dirlo, parte dai soldi. La Fondazione Musei deve affrontare una crisi senza precedenti. Nel 2017 ha subito da parte del Comune un taglio del finanziamento, anno su anno, di 1.350.000 euro. Cifra reale, tenuto conto delle integrazioni decise in corso d'opera dal Comune stesso e dalle Fondazioni bancarie. Va però precisato con soddisfazione che la cifra stanziata (circa 5 milioni di euro, su un bilancio complessivo della FTM che quest'anno s'aggira su 13 milioni) è effettivamente disponibile, c'è la determina di giunta che lo certifica. Tale somma è destinata a sostenere l'attività di quattro musei (Gam, Palazzo Madama. Borgo Medievale e Mao) e di Artissima - che per fortuna si regge sulle proprie gambe.

Un bilancio d'esercizio che non arrivava mai

Però, ancor prima di pensare al 2017, la Fondazione Musei doveva chiudere entro il 31 dicembre il bilancio d'esercizio del 2016, che era rimasto in sospeso: di tale bilancio fa parte integrante, ai fini dell'equilibrio, il piano di ristrutturazione. Purtroppo il piano prevede le dismissioni e i 28 esuberi. 
Rendendosi conto della gravità della cosa, Cibrario - stando alle voci che ho raccolto - avrebbe più volte segnalato la criticità ai vertici del Comune, senza ottenere risposte o ottenendone di assai vaghe. 
Alla fine, venerdì scorso, il presidente decide di rompere gli indugi. Il Consiglio direttivo della Fondazione vota il bilancio d'esercizio 2016 e con esso il piano di ristrutturazione. Cibrario afferma che quando il piano ottenne il via libera dei soci, alla riunione del 5 dicembre, erano presenti e approvanti anche Appendino e Leon.

I rischi per la Fondazione

A quanto mi spiegano gli esperti, se il Consiglio direttivo non avesse approvato il bilancio entro il 31 dicembre, la sopravvivenza stessa della Fondazione sarebbe stata a rischio. Per legge, senza il bilancio d'esercizio dell'anno precedente non è garantita per l'anno in corso la "continuità aziendale": quindi per la Fondazione Musei, in punta di diritto, si sarebbe prospettata la messa in liquidazione. Inoltre, senza l'approvazione del bilancio d'esercizio la Fondazione non avrebbe incassato i 775 mila euro di contributo della Regione, né il contributo straordinario di un milione offerto dalle Fondazioni bancarie per rimediare almeno in parte ai tagli del Comune ma subordinato a un piano di ristrutturazione, e avrebbe perso i fidi bancari. Last but not least, da gennaio non avrebbe pagato gli stipendi.

Lo spiazzamento

La decisione del Consiglio direttivo della Fondazione di approvare bilancio (e piano di ristrutturazione, con relativi licenziamenti) mette in imbarazzo i nostri baldi amministratori comunali, che pure non possono non conoscere quei documenti: spaventati dalle proteste dei dipendenti licenziandi, Chiarabella e soci tentano di colpevolizzare la Fondazione con il proclama di ieri pomeriggio ("Riteniamo che la scelta dei vertici della Fondazione di dichiarare l'esubero ancor prima di aprire la discussione con i sindacati produca effetti di spiazzamento rispetto al percorso tracciato fin qui di concerto per evitare soluzioni a danno dei lavoratori"). Forse vorrebbero che Cibrario ritirasse quel piano di ristrutturazione tanto impopolare. Purtroppo è proprio il piano di ristrutturazione a tenere in piedi il bilancio appena approvato: quindi, chi lo "ritirasse" incorrerebbe nel reato di falso in bilancio. E Cibrario non smania dalla voglia di andare al gabbio per conto terzi.

Ecco, sono incline a pensare che Cibrario racconterà la storia più o meno in questa maniera.


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