Il Chiampa, en
passant, mi dice che la storia del Salone del Libro non l'ho
centrata, e che le cose non stanno esattamente come le racconto; ma
non mi dice come stanno davvero, secondo lui, per cui io mi tengo
buona la mia ricostruzione in attesa che si squarci il velo e anch'io
possa vedere la luce.
A pranzo con Toffetti
Ad ogni modo. Ascolto gli spiegoni e le
vibranti soddisfazioni, e verifico che il Museo della Radio e della
Televisione (molto interessante, peraltro: non mi stanco di ripetere
che merita una visita) sia accessibile alle carrozzine: lo è, seppur
facendo il giro lungo dal carraio, dato che l'artistico atrio del
civico 16 ha tre scalinate ma niente rampe o montascale.
Alla fine
s'è fatta l'una, e devo far venire l'ora di un Consiglio
comunale che non intendo perdermi perché dovrebbero approvare la
celebre "mozione Giovara" sul Regio.
Quindi, già che sto in zona, decido di
approfittarne per fare due ciance con l'altro Sergio: do un colpo di
telefono a Toffetti e combiniamo un pranzetto veloce.
Il
neo-presidente del Museo del Cinema scende accompagnato da Donata
Pesenti, colei che per un anno e mezzo ha coraggiosamente sostenuto il ruolo di "facente funzioni del direttore" dopo il pasticciaccio brutto del bando mandato a puttane. Adesso il nuovo
bando per la direzione è chiuso: entro fine luglio la commissione esaminatrice presenterà al Consiglio di indirizzo la sua short list
di cinque - o anche soltanto tre - candidati, e Donata mi dice che
non vede l'ora di tornare al suo prediletto mestiere di curatrice. Le
chiedo se ha partecipato al bando per la direzione. Lei mi risponde di no, proprio non
ci tiene.
Chi vuol fare il direttore?
Toffetti conferma: lui ha insistito con
la Pesenti perché partecipasse, ma lei da quell'orecchio proprio non
ci sente. A quanto mi risulta, ben prima di essere nominato presidente il
prode Toffo aveva suggerito di candidarsi ad almeno altre tre
persone che riteneva adatte per il ruolo di direttore, e in effetti
lo sono. Eh beh, nessuno dei tre s'è candidato. Si tratta di tre
persone intelligenti, esperte e stimate nell'ambiente del cinema.
Forse per tali motivi non si sono candidati: i malestri perpetrati dalla politica nell'ultimo anno e mezzo sono bastati ad avvolgere la
poltrona di direttore del Museo del Cinema di Torino in una sinistra
aura di sfiga.
Ripartiamo dal Comitato scientifico
D'altra parte, nella sua formulazione il bando per la direzione
del Museo privilegiava le professionalità amministrative e
gestionali. E in effetti adesso la cosa ha un senso. L'esperto di
cinema, Toffetti, già ce l'abbiamo alla presidenza, per cui alla
direzione basterà un esperto di conti: almeno non si accapiglieranno
per stabilire se sia più importante Murnau o Griffith.
Toffetti sarà, facile previsione, un presidente assai operativo sul fronte artistico e scientifico, e giocherà di sponda con la Pesenti. E comunque, mi dicono, la novità vera è che finalmente il Museo avrà un Comitato scientifico: finora non era mai stato costituito, benché sia previsto dallo Statuto.
Toffetti sarà, facile previsione, un presidente assai operativo sul fronte artistico e scientifico, e giocherà di sponda con la Pesenti. E comunque, mi dicono, la novità vera è che finalmente il Museo avrà un Comitato scientifico: finora non era mai stato costituito, benché sia previsto dallo Statuto.
Una "comunità" per il Massimo
Il primo obiettivo della presidenza
Toffetti sarà affermare la centralità del cinema Massimo, e di
conseguenza del Museo, quasi a controbilanciare la visibilità dei
festival.
Mi spiego. Molti dimenticano che il Museo del Cinema ha due anime: quella espositiva, alla Mole, macina caterve di visitatori; mentre la programmazione cinematografica al Massimo non gode dello stesso successo popolare. Da molti anni ormai il Tff, CinemAmbiente e Tglff (ora Lovers) sono gestiti dal Museo - un unicum mondiale: nessun altro museo del cinema produce ben tre festival - e hanno conquistato, ciascuno, un proprio pubblico di riferimento, ciò che si definisce "una comunità". Ma quelle "comunità" che affollano il Massimo nei periodi dei festival non sono diventate automaticamente la "comunità" del Massimo: in parole povere, gli spettatori appassionati e fedeli del Tff, di CinemAmbiente o di Lovers nel resto dell'anno non frequentano con la stessa passione e fedeltà il Massimo per seguirne le proiezioni d'essai, le retrospettive, le rassegne.
Mi spiego. Molti dimenticano che il Museo del Cinema ha due anime: quella espositiva, alla Mole, macina caterve di visitatori; mentre la programmazione cinematografica al Massimo non gode dello stesso successo popolare. Da molti anni ormai il Tff, CinemAmbiente e Tglff (ora Lovers) sono gestiti dal Museo - un unicum mondiale: nessun altro museo del cinema produce ben tre festival - e hanno conquistato, ciascuno, un proprio pubblico di riferimento, ciò che si definisce "una comunità". Ma quelle "comunità" che affollano il Massimo nei periodi dei festival non sono diventate automaticamente la "comunità" del Massimo: in parole povere, gli spettatori appassionati e fedeli del Tff, di CinemAmbiente o di Lovers nel resto dell'anno non frequentano con la stessa passione e fedeltà il Massimo per seguirne le proiezioni d'essai, le retrospettive, le rassegne.
Cambiare, non svaccare
Sul Massimo, quindi, intende puntare
Toffetti. Senza limitarsi a operazioni di facciata. Sì, certo, ha
pure qualche idea "simbolica". Ad esempio dare un nome alle
tre sale, intitolandole a qualche figura benemerita della storia
cinematografica torinese: io ho subito suggerito Gianni Rondolino, mi
pare doveroso...
Ma il neo-presidente immagina un cambio di marcia sostanziale, che faccia davvero aumentare il pubblico, puntando molto sui giovani: il che non significa svaccare,come architettano in altri lidi poco distanti da via Montebello. Toffetti non pensa di fare cassa programmando i blockbustar americani e i cinepanettoni italiani. Per come l'ho capita, vuole "creare" un pubblico che si identifichi e si riconosca nel Massimo, nel suo stile e nelle sue proposte.
Ma il neo-presidente immagina un cambio di marcia sostanziale, che faccia davvero aumentare il pubblico, puntando molto sui giovani: il che non significa svaccare,come architettano in altri lidi poco distanti da via Montebello. Toffetti non pensa di fare cassa programmando i blockbustar americani e i cinepanettoni italiani. Per come l'ho capita, vuole "creare" un pubblico che si identifichi e si riconosca nel Massimo, nel suo stile e nelle sue proposte.
"Nuovi pubblici" e dove trovarli
Con Toffetti e Pesenti ne abbiamo
discusso a lungo. Mi sono sembrati molto lucidi e molto aperti. Mi
pare un buon punto di partenza. Soprattutto quando si ragiona sulla conquista del pubblico più giovane. Occorre rendersi conto della "questione anagrafica". La
generazione che oggi guida le istituzioni del cinema torinese è
quella che ha vissuto in prima persona una radicale rivoluzione dei
gusti cinematografici: negli Anni Sessanta e
Settanta andava al Movie Club, scopriva il Free Cinema inglese e la nuova
Hollywood, e tagliava da scuola per andare al Centrale a vedere
qualsiasi film che sembrasse intollerabile a padri e madri
legati alla classicità di "Via col vento" e Gary Cooper,
ma anche di Fellini e Visconti. Oggi la storia si ripete. Il nuovo
cinema - ciò che i ventenni cinefili del 2018 considerano "il
cinema" tout curt - è eretico rispetto alle concezioni degli ex
ribelli del Sessantotto: cinema digitale, serie tv, web-series,
produzioni a basso costo e alto impiego di tecnologie a buon mercato
sono inedite declinazioni del fare e del vedere il cinema. Pure le
metodologie dei festival stanno mutando: Seeyousound o Fish & Chips, tanto per citarne due, sono modelli "diversi" con i
quali l'estabilishment cinematografico deve fare i conti,
sostenendone la crescita senza volerli piegare a canoni in rapida
obsolescenza.
Il problema è capire chi potrebbe
avvicinare il Museo a questo pubblico nuovo e per tanti versi alieno alle convenzioni cinefile degli "adulti". Io
sono dell'idea che con i ventenni si possono confrontare soltanto i
ventenni, massimo i trentenni: i sessantenni sono un'altra galassia, e anche i quarantenni
illuminati stanno sul culo, perché nel migliore dei casi vengono
percepiti come vecchi che penosamente cercano di spacciarsi per
giovani. Ho suggerito a Toffetti e Pesenti di inserire almeno un venti-trentenne (oh, mica un bimbominkia qualsiasi, ma uno in gamba che
abbia la cultura e l'esperienza di una giovinezza non sprecata: ce ne sarà rimasto qualcuno, no?) nel
Comitato scientifico. Mi sono sembrati un po' perplessi. Ma credo che
l'idea gli sia rimasta in testa. D'altra parte è
chiaro che le istituzioni culturali dovranno di riffe o di raffe
adattarsi al mondo nuovo che ci sta crescendo attorno. Qualcuno spera di cavarsela con qualche puttanata a
buon mercato. Qualcuno si sforzerà di pensarci con
serietà.
P.S. Dopo pranzo sono poi andato in
Consiglio comunale. Ma la "mozione Giovara" sul Regio non
l'hanno votata. Nessuna resipiscenza, anzi. Ho appreso che taluni dell'opposizione
(ah, sì, l'opposizione...) sotto sotto apprezzano il bel progettino; e c'è chi
- Tresso, in particolare - chiede tempo per presentare alcuni emendamenti "migliorativi". Quindi la votazione è stata rinviata, in attesa degli emendamenti. Così tutti saranno responsabili del bel capolavoro.
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