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NON SOLO RONALDO: TUTTE LE MERAVIGLIE DEL REGIO CHE VERRA'

Ronaldo al Regio? No, grazie, preferisce #OccupySandretto
L'allegra pantomima sul Teatro Regio alla quale ho assistito ieri in Commissione cultura mi ha richiamato alla memoria una vecchia gag dei fumetti, con Filo Sganga che s'impunta a fare concorrenza ad Archimede Pitagorico; e sciorina una clamorosa sequela di invenzioni già inventate, o del tutto inutili.
Sul Corriere di stamane mi diverto con alcune fra le migliori trovate del neo-sovrintendente William Graziosi. Ma è l'insieme del "progetto Regio", così come sta prendendo forma, a suscitare curiosità e attenzione.

Chi social e chi no

Ok, il sovrintendente della steppa è animato dalle migliori intenzioni: vuole rendere il Regio "popolare", "vicino alla gente", ed è convinto che per riuscirci sia strategico "sfruttare meglio i social". Quindi sogna una fotografia di Ronaldo che palleggia al Regio perché "diventerebbe subito virale". 
Stento a vedere il nesso fra una foto "virale" e l'educazione musicale degli italiani, pre-condizione necessaria per portare al Regio (o in qualsiasi teatro d'opera) un pubblico più numeroso. Però concordo con il sovrintendente sull'utilità dei social: basta saperli usare, e per saperli usare servono professionisti capaci, e un professionista capace non si improvvisa, né lo si crea per investitura politica e fedeltà partitica, come si può constatare quotidianamente.
Il "Regio social" vagheggiato da Graziosi è probabilmente - ma credo che Graziosi non lo sappia - qualcosa di molto simile all'#OccupySandretto lanciato dai social della Fondazione Sandretto, un autentico mito della rete. Ma lì hanno un social manager vero. Che è pure un genio. E ovviamente, il genio ha già provveduto a cavalcare la Ronaldo-mania
Insomma: a parlare di innovazione e di futuro sono buoni tutti; perché tutti abbiamo dei denti da arieggiare. Fare è un po' più difficile. Che si tratti di social, di droni o di carte d'identità. E non basta dire "io so fare". Poi occorre saper fare davvero. E a questo punto i banfoni sono fuori. Quindi vai coi social, William. E occhio ai banfoni.
Il think tank. Giovara, Guenno e Dilengite, autori della mozione

La rivoluzione del Regio

Ma ieri in Commissione cultura non ci si occupava (se non marginalmente) di social management; bensì dell'intera "rivoluzione del Regio", così come la vagheggia Graziosi e come la disegna la celebre "mozione Giovara" (meccanografico 2017/05558), quella ispirata dagli esperti Dilengite & Guenno, che adesso verrà votata (e ovviamente approvata) dal Consiglio comunale. In tale mozione sono raccolte le minuziose indicazioni per rivoltare il Regio come un calzino, rendendolo più popolare, aperto, inclusivo, e redditizio. Con l'obiettivo finale - condivisibilissimo - di far entrare il Regio nell'empireo dei "teatri di prioritario interesse nazionale": privilegiata categoria che oggi include solo La Scala e Santa Cecilia, e che garantirebbe maggiori finanziamenti statali. 

Verso l'infinito e oltre

Inserto per avvicinare il popolo all'arte: Piero della Francesca, "Flagellazione"
Ammetto la mia inadeguatezza. Ho cercato di integrare le mie  modeste conoscenza in materia ma non sono riuscito a trovare on line la normativa specifica di tali "teatri di prioritario interesse nazionale": le mie fonti più recenti (aggiornate alla settimana scorsa) continuano a definire La Scala e Santa Cecilia come "fondazioni lirico-sinfoniche con forme organizzative speciali". Ma se non è zuppa è pan bagnato: senza dubbio quei due teatri godono di numerosi vantaggi. E il concetto è chiaro: il Regio deve arrivare sullo stesso piano della Scala e di Santa Cecilia, lasciando indietro tutte le altre fondazioni liriche, tipo il San Carlo di Napoli, La Fenice, il Maggio Fiorentino, eccetera eccetera. Vasto e ambizioso programma. Soltanto vivendo scopriremo se ciò sia possibile nelle attuali e nelle futuribili condizioni del Regio. (Temo comunque che Ronaldo non faccia punteggio). 
Come ogni sfida, anche questa comporta qualche rischio: se la delicata alchimia fra bilanci sani, eccellenza artistica e altri fattori di qualità non riuscirà, il Regio anziché salire nella zona Champions dei "teatri di prioritario interesse nazionale" precipiterà dalla sua attuale posizione nella serie A delle "fondazioni lirico-sinfoniche" alla serie B dei "teatri di tradizione", con la conseguente riduzione dei fondi Fus che oggi incassa. E non perdo tempo a sottolineare il rischio - evidentissimo - che un abbassamento del livello qualitativo disgusti il tradizionale pubblico dei melomani senza conquistare schiere di spettatori neofiti. Insomma, la solita storia: chi non risica non rosica, ma se metti il piede in fallo finisci nella merda fino al collo.

Istruzioni per il personale

Della "mozione Giovara" ho lungamente parlato già mesi fa, esprimendo alcune riserve (magari stupide, certo legittime) che avevano fatto imbestialire l'assessore supplente Giovara
All'epoca il sovrintendente era ancora Vergnano, che non mi sembrava troppo entusiasta di quel progetto. Ma forse era solo una mia impressione.  Adesso, con un  sovrintendente imposto da Chiarabella, la mozione non so perché mi fa pensare alle direttive che il padrone di casa dà al maggiordomo appena assunto: se non fosse che il Comune non è il padrone di casa esclusivo del Regio, e che il sovrintendente del Regio non dev'essere un maggiordomo.
Al momento gli altri padroni di casa del Regio (in particolare la Regione Piemonte e le Fondazioni bancarie) non si esprimono (Aggiornamento: "Dove va il Regio? La Fondazione Crt vuole sentire Graziosi"). Va da sé, invece, che il sovrintendente Graziosi non è un maggiordomo: ci metterà tanto del suo, con formidabili trovate: tipo, giustappunto, Ronaldo nel foyer del Toro.

Buoni propositi...

Il rischio è di confondere i piani: se vuoi riempire il Regio ad ogni costo, e la prima idea che ti passa per la capa è Ronaldo, tutto diventa possibile. Certo, "La Traviata" chiama più pubblico di "Siberia"; però Ronaldo tira più di "Traviata"; e - pur escludendo che Ronaldo venga a Torino per cantare al Regio - ragionando sul principio di cosa tira di più rischiamo qualche deriva. Ok, finiamola pure con 'sta "sacralità" del Regio: ma di teatri di varietà a Torino già ne abbiamo.
Che poi, lo riconosco con grande piacere, alcune idee di Graziosi sono più che sensate. Ad esempio, dice che punterà molto sulla formazione: ciò consentirebbe non soltanto di offrire importanti occasioni ai giovani usciti dal Conservatorio, ma di beccarsi pure ricchi finanziamenti europei. E - penso io - se la scuola di teatro dello Stabile funziona, non si vede perché non dovrebbe funzionare quella del Regio.
A proposito di finanziamenti europei: Graziosi promette un "teatro azienda", governato con spirito imprenditoriale, e assicura che d'ora in poi non si lasceranno sfuggire un'occasione che sia una e si lanceranno come molossi su qualsiasi bando, pubblico o privato, che possa portare fondi al Regio. Anche questa è cosa buona e giusta.
Il sovrintendente Graziosi (a sinistra) e il direttore artistico Galoppini
Ciò che mi allarma è il mare che tradizionalmente si estende fra il dire e il fare, e che in ultimo - forse a causa dei cambiamenti climatici - sta trasformandosi in un oceano. Non mi suona rassicurante l'entusiasta Leon che se ne esce in una delle sue perle di saggezza: il suo trionfale "Gli obiettivi si raggiungono costruendo un percorso" equivale all'ormai celeberrimo "Stiamo lavorando". A questo punto, io ribatto con "Rigore è quando arbitro fischia". Ma andrebbe benissimo anche "Non ci sono più le mezze stagioni". 

... e piano della concretezza

A me non dispiacciono i buoni propositi. Ciò che mi urta è la spocchia di chi è convinto di essere l'unico furbo in un mondo di coglioni, e arriva tronfio con l'aria di dire scostati ragazzino e lasciami lavorare, che tu non capisci un cazzo perché capisco tutto io. No, scusa, guarda che l'acqua calda ce l'abbiamo già. E no, anche l'apribottiglie lo hanno già inventato.
Mi pare giusto e utile immaginare soluzioni originali, strade diverse, prospettive inedite: ma santiddio, lo siano per davvero, originali, diverse, inedite. E razionalmente fattibili, economicamente sostenibili, fondate sulla concretezza e non sul wishful thinking. 
Quindi mi sento rassicurato dalla consapevolezza che al Regio resistono professionalità indiscutibili: saranno salvifiche in questa difficile transizione. Ieri, in Commissione cultura, oltre a Graziosi sono venuti il direttore artistico Galoppini e il direttore amministrativo Carrà. Galoppini e Carrà al Regio ci lavorano da una vita, e sanno di che cosa parlano. In certi momento ho l'impressione che siano gli unici, almeno in quell'aula. 
Essi fanno quindi notare che:
1) La rivoluzionaria idea delle "audizioni aperte", per consentire a chiunque di candidarsi per cantare al Regio, non è rivoluzionaria. Al Regio le audizioni aperte si fanno da sempre, e chiunque può candidarsi. Galoppini, con soave perfidia cattolica, riconosce comunque la "novità" delle candidature on line. In effetti sarà un incentivo per gli aspiranti baritoni più nerd.
2) E' interessante il progetto di puntare sul teatro di repertorio per moltiplicare gli spettacoli "popolari" che attirerebbero - prevedono gli espertissimi della mozione - folle di giovani, turisti, cittadini a basso reddito. Però, fanno notare i banali conoscitori della banale realtà del Regio, una programmazione da teatro di repertorio, con infinite repliche, richiederebbe non soltanto una compagnia stabile di cantanti da assumere ex novo, ma pure un sensibile aumento del personale attuale, artistico e non. A cominciare dagli orchestrali, che invece già adesso sono sotto organico. E tutta quella gente pretenderebbe di essere pagata. Con quali soldi? Mah.
3) Stesso discorso per il Regio aperto tutto il giorno, con tanto di caffetteria che serve cappuccini a raffica a nugoli di avventori che senza dubbio la prenderebbero d'assalto. Il teatro sempre aperto ha un costo - in personale, bollette, vigilanza, varie ed eventuali - che forse sarebbe utile calcolare prima, per non piangere poi. A parte il fatto - mi fanno notare alcuni amici professionisti nel campo dei pubblici esercizi - che un bar che non si affaccia sulla strada fa fatica a reggersi: la gente non è abituata a salire le scale per prendere un caffé. Per informazioni rivolgersi al Circolo dei Lettori che ha una splendida caffetteria aperta a chiunque, ma è frequentata in genere da chi è già al Circolo per motivi suoi: attrarre avventori "esterni" è un'impresa quasi disperata.
4) Quanto alla volontà di garantire una gestione trasparente dei servizi, i banali conoscitori della banale realtà del Regio segnalano che il Regio è stato fra i primi ad adottare la procedura delle gare d'appalto, ha un albo fornitori al quale qualsiasi ditta si può iscrivere, e l'esternalizzazione di determinate funzioni (dalle maschere alle paghe e contributi) risponde a criteri di economicità: gestirli internamente costa molto di più. 
5) La mozione auspica iniziative per coinvolgere i giovani e le scuole. I banali conoscitori della banale realtà del Regio segnalano che da anni ormai migliaia e migliaia di studenti, dalle elementari alle superiori, sono coinvolti ogni anno nelle attività che il Regio organizza per le scuole, portando i ragazzi a teatro o andandoli a scovare nelle aule delle più remote periferie, con attività di ogni genere; per non parlare delle offerte continue che consentono ai giovani di assistere agli spettacoli a prezzi ridicoli. Tutto è migliorabile, ammettono serafici i banali conoscitori della banale realtà del Regio. Ma a questo punto, escludendo l'opzione di rastrellare i ragazzi casa per casa e portarli al Regio manu militari, stento a immaginare cos'altro possano inventarsi. A un certo punto si dovrà pur accettare la disgraziata prospettiva che qualche scavezzacollo, dopo essersi sucato l'ennesima romanza dell'Aida, decida che lui, personalmente, continua a preferire Sfera Ebbasta.

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