Un frame del videoclip di "Ma chi ha detto che non c'è?" |
Loro sono la scena nuova. Magari non hanno ancora "fatto la storia". Ma la stanno facendo, e la faranno. Sono bravi, determinati, visionari. Sono la testimonianza che la musica continua. E con la musica continua un certo modo di vedere Torino. Di immaginarla, di viverla, di volerla cambiare. E di immaginare, vivere e cambiare il futuro. Attraverso la cultura.
Aldo Dice prende il nome del messaggio in codice che diede il via alla Liberazione di Torino.
E questo è il loro manifesto
Siamo musicisti, organizzatori, tecnici, nuovi operatori culturali.
Siamo un sistema complesso, fatto di molte professionalità, che ruota attorno alla musica, all’intrattenimento, alla cultura e alla rigenerazione urbana.
Siamo una generazione che ha vissuto con entusiasmo la nascita in città di spazi di aggregazione e che, giorno dopo giorno, se li è visti strappare via.
Siamo una generazione che nonostante un panorama fatto di finanziamenti pubblici negati, di budget ridotti all’osso, è stata capace di formarsi e avere una propria identità. Siamo quelli che quotidianamente inventano, creano il loro lavoro, arricchiscono l’offerta culturale sul territorio, indipendenti dai grandi eventi e dal circuito mainstream.
Siamo figli di un sistema che vuole convincerci che la musica, l’aggregazione e la cultura non sono più prospettive per il futuro.
Noi però pensiamo che la cultura sia lavoro e che il lavoro sia cultura. Il lavoro e la cultura sono i cardini della democrazia, quei perni preziosissimi attorno ai quali ruota la vita di ogni singola persona. I nostri partigiani hanno combattuto e sono morti per donarci quello strumento prezioso che è la democrazia, noi oggi siamo chiamati a difenderlo non con le armi ma con la cura delle persone, con la difesa dei diritti, con la costruzione di possibilità di crescita umana e culturale di ogni singola persona.
Al fine di dare un segnale che possa essere punto di partenza per un nuovo percorso di rigenerazione e rivendicazione abbiamo creato un coordinamento tra soggetti che, non solo condividono questo stesso background, ma che collaborando insieme, hanno reinventato il proprio ruolo sul piano cittadino.
Non siamo un semplice coordinamento di realtà in cerca di spazi ma ci proponiamo come interlocutore politico e sociale, vogliamo far parte del nostro territorio in maniera attiva e concreta, per questo vogliamo costruire e proporre nuovi modelli e nuovi approcci per contribuire a sviluppare l’economia e la cultura a Torino e in Piemonte.
Vogliamo rappresentarci ed essere rappresentati.
Siamo stati le promesse emergenti di questa città. Adesso noi siamo il presente.
Ecco il programma del 25 Aprile
12 – Pranzo alle Officine Corsare (via Pallavicino 35)
15 – Partenza del carro
17,30 – Arrivo al Parco del Valentino
22 – Ripartenza carro
22,30 – Arrivo al CAP10100 (corso Moncalieri 18)
24 – Afterparty al CAP10100
Dopo la festa del 25 Aprile, quelli di Aldo Dice si riuniranno di nuovo il 30 aprile occasione di Precarissima - festival culturale, politico e artistico che affronta il tema della precarietà lavorativa e del suo riflesso come precarizzazione esistenziale. In quell'occasione verrà redatto un elenco di proposte da rivolgere alle istituzioni.
Questo video, questo manifesto, questo 25 aprile sono un punto di ri-partenza, riassumono anni di lavoro, dietro le quinte, di musicisti e nuovi operatori culturali che vivono Torino e la riconoscono in maniera diversa da come spesso viene rappresentata. Oserei dire "più bella" di come spesso viene rappresentata.
RispondiEliminaIl dialogo che abbiamo intrapreso è un dialogo costruttivo di una generazione che fa rete da anni internamente ed esternamente a sè stessa e che vuole uscire sempre più allo scoperto mostrando un modello culturale e sociale funzionante, comprovato e denso di contenuti. Un modello riconosciuto da molti a livello locale e nazionale, ma spesso sminuito e non riconosciuto dalle istituzioni e dalle vecchie generazioni torinesi. C'è chi parla di rivendicazione sindacale. Qua si parla di riconoscimento e rigenerazione, perchè si vuole bene a questa città e a chi la vive. Una generazione che si è fatta da sola, senza aiuti e senza risorse, creandosi e plasmandosi tra le crepe del sistema, vuole che a Torino si continui a fare e a farsi. Fare cultura, Farsi società, Fare rete e anche Farsi furbi.
Una Torino "smart" è anche una Torino che sa ascoltare il territorio, che ottimizza le risorse, che valorizza i contenuti culturali che ci sono prima di inventarsene di nuovi.
Ad ogni modo adesso prendo l'ombrello e mi faccio un bel giro al Jazz Festival, perchè adesso è il momento di ascoltare. Voglio ascoltare il Jazz e la gente, ascoltare le piazze e i vari fringe, ascoltare la musica anche in questi giorni come la ascolto quotidianamente quando mi viene proposta, in qualità di musicista e direttore artistico di un festival.
Il 30 aprile a Precarissima sarà il momento di parlare di nuovo e stendere un piano programmatico per formulare proposte concrete.
Grazie Gabriele per il tuo articolo sentito e viscerale!
Daniele C
Chi non c'era il 25 Aprile sopra e sotto il carro di Aldodice, può guardare quel video "Aldo dice Torino: ma chi ha detto che non c'è" E' stato fatto con poco (abbiamo pure fatto la questua per montarlo:-) ma con grandissima partecipazione e nessun personalismo. Qui non si vedono certo tutti ma si vede molto. E questa è evidenza. Appena si fanno le cose insieme, c'è evidenza. In più ci si emoziona, proprio come emoziona quel cielo che si muove su Torino https://www.youtube.com/watch?v=SNsPJz-_5vI
RispondiEliminaA forza di ascoltare mi sono convinto che la forza di Aldodice, e il suo magnetismo, è quel mettersi assieme che è un progressivo prendere coscienza: di quel che si fa, del valore del proprio lavoro, e di ciò che sta attorno.
RispondiEliminaA Precarissima si parlerà di precarietà e lavoro a 360 gradi, ma un’intera giornata ha preso forma attorno al tema del lavoro culturale e all’esperienza concreta di chi fa parte di questo mondo, a cui Aldodice ha dato voce con le note del 25 aprile.
Si parte dal lavoro degli artisti. Prima di tutto per ribadire che proprio di lavoro si tratta… e che merita fermarsi a ragionare anche sugli aspetti fiscali o previdenziali, sulle tutele, sulle forme di sostegno a un reddito per essenza discontinuo.
La precarietà nel mondo del lavoro artistico e culturale è un tema tutt’altro che nuovo, ma oggi ci troviamo a dover affrontare nuove sfide, come i mutamenti nelle modalità di finanziamento della cultura, spesso in direzione tutt’altro che rassicurante.
E certe risposte le possono cercare solo i diversi attori di questa “scena contemporanea” appunto, che sono cresciuti tra mondi al tramonto, vecchie e nuove promesse, strumenti diventati d’un tratto inutili. Così come i lavoratori della cultura di ogni ambito, sono stati lasciati al mercato e alle sue presunte virtù taumaturgiche sul piano organizzativo e divinatorie in materia di giudizio estetico; hanno dovuto reinventare professionalità passando per cambiamenti delle forme di produzione, distribuzione e fruizione dei prodotti culturali.
Mettersi assieme e prendere coscienza vuol dire allora anche parlare di quegli elementi concretissimi – come una ridefinizione delle procedure amministrative e delle modalità di accesso ai contributi – che sono alla base della produzione culturale, e così anche della dignità del lavoro di tutti coloro che in questa ogni giorno sono impegnati.