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COMPENSI DA FAME AL FRINGE? PARLIAMONE

Io detesto gli anonimi: penso che se uno ha qualcosa da dire, allora deve dirlo mettendoci la faccia. Altrimenti è un quaquaraquà, e con i quaquaraquà non si può dialogare. Però nessuno è tenuto al martirio, e nel mio mestiere mi capita abbastanza spesso di incontrare gente che magari ha una sua verità degna di ascolto, ma non se la sente di esporsi in prima persona, per ragioni anche comprensibili.
A volte quella "verità" mi sembra attendibile, o quantomeno degna di essere discussa, ed eventualmente smentita. E allora pubblico. Come nel caso di questo musicista che, invocando l'anonimato (e lo capisco, guadagnarsi la pagnotta è sempre più complicato), mi scrive: "Sono uno dei musicisti che suoneranno al Torino Jazz Festival (Fringe). Il cachet medio di un musicista per il festival (ovviamente non si riferisce alle star, ma ai musicisti locali coinvolti nel Fringe, Ndr) si aggira intorno ai 70-90 euro. Più o meno quello che si guadagna tutto l'anno suonando nei locali, a fronte di una dichiarata spesa di 800mila euro complessivi. L'anno scorso si guadagnava 100-150 euro. Sorge quindi la domanda: dove saranno finiti tutti quei soldi? Non nelle tasche di noi musicisti, è ovvio. Poi, ben venga il Festival, ma di questo passo tra qualche anno chiederanno di suonare gratis, e qualcuno come al solito accetterà".
Beh, qualche risposta posso azzardarla io: tipo che il Fringe è il fratello "povero" del Torino Jazz Festival, sui cui costi ho ben altre e più gravi riserve. Il budget del Fringe - dichiarazione del direttore Furio Di Castri - quest'anno è 140 mila euro tutto compreso. E su questa spesa incidono non poco gli allestimenti, a partire dalle "torri" di piazza Vittorio. Detto ciò, mi aspetterei che una rassegna fatta da musicisti sia rispettosa dei musicisti: magari ne scritturi un po' di meno, ma li paghi il giusto. Però mi sembra - mia opinione personale - che il difetto stia nel manico: non vedo perché io, organizzatore di una rassegna sostenuta con denaro pubblico, dovrei pagare, metti, 200 euro lo stesso artista che la settimana prima (e la settimana dopo) accetta di suonare per meno della metà. O si è professionisti tutto l'anno, o non lo si è mai. La questione, mi rendo conto, è spinosa: bisogna pur sopravvivere, e di questi tempi 90 euro sono meglio che nulla. Ma ragionando così si svilisce il proprio lavoro, e non ci si può poi lamentare se osti, birraioli e tavernieri giocano al ribasso senza nessun rispetto. Le tariffe applicate da Fringe, in tal caso, non fanno che adeguarsi al mercato, e non vedo perché con il denaro pubblico si dovrebbe spendere di più di quanto non spendano i privati senza suscitare apprezzabili contestazioni da parte degli artisti (non mi risultano, in tempi recenti, scioperi dei musicisti). Semmai, il "prestigio" del palcoscenico che viene proposto potrebbe (ma non so se sia corretto) costituire un ragionevole motivo per pagare di meno.
Dopodiché, non sono un contabile, né un musicista, e nemmeno un organizzatore di festival. Quindi, la risposta definitiva non spetta a me. Spero che da Fringe arrivino parole chiarificatrici.

Commenti

  1. Intanto vorrei rassicurare l’anonimo musicista, che ha presentato le sue rimostranze, che né ora né in futuro verrà mai chiesto a nessuno di suonare gratis al Fringe – almeno non fin che sarò io a seguirlo.
    Il Fringe è nato su due principi fondamentali: quello di essere un festival sostenibile e una manifestazione aperta e sperimentale. Fin dall’inizio la nostra preoccupazione è stata di riuscire a coniugare una spesa accettabile con il coinvolgimento di una larga rappresenta di musicisti, sia in termini numerici che stilistici, e la partecipazione di vari locali della città. Non è sempre immediato trovare un buon equilibrio tra le esigenze di tutti ma ci siamo posti come obiettivo quello di garantire ad ogni musicista almeno un cachet netto di 150 euro – il che in termini di costi sociali significa circa 225 euro. Purtroppo a volte questo non è possibile o perché si tratta di gruppi particolarmente numerosi o perché si tratta di proposte musicali interessanti che arrivano all’ultimo ma che vale la pena inserire in programma - credo che uno di questi sia il caso di cui stiamo parlando.
    L’idea è di offrire al musicista della città condizioni migliori di quelle che a cui deve sottostare nell’arco dell’anno e offrire al musicista “ospite” condizioni a cachet più basso di quello che potrebbe ottenere in altre manifestazioni. Questo perché vogliamo avvicinare i musicisti tra di loro, i più e i meno famosi di Torino e non, per condividere e costruire insieme un modo diverso di fare musica più, passatemi il termine, “orizzontale”. Naturalmente discutiamo sempre con gli artisti del Fringe su ogni questione così come sul compenso a cui si può anche rinunciare, se ritenuto non adeguato.
    Detto questo, mi dispiace che il disappunto venga presentato sotto anonimato e non di persona.

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  2. Scusi si stupisce dell'anonimato ? Lei ritiene che a Torino una persona che si espone denunciando qualcosa non rischi ritorsioni personali o sul suo lavoro ?

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  3. Mammia mia che impressione. "Non ritiene che a Torino una persona che si espone denunciando qualcosa non rischi ritorsioni personali o sul suo lavoro?". E come no. Peggio che a Casal di Principe. Ti gambizzano. Gente dura e senza cuore, non c'è da scherzare. Voglio sperare che sia una botta di umorismo, questa domanda. "Ritorsioni personali", addirittura. Lasciamo queste cose, serie, alle situazioni serie, che in Italia non mancano. Certo, a rompere i coglioni non ci si fa degli amici, questo no. Ma insomma, la dignità personale vale pur qualcosa: si può pagare un prezzo - peraltro minimo - pur di andare in giro a testa alta. Qualche piccola rottura, magari, non la escludo. Però vuoi mettere la soddisfazione? Capisco un lavoratore precario che rischia la pagnotta (e in tal caso sono il primo a fare eccezioni, come con questo post). Ma per il resto, l'anonimato, in una situazione ambientale come quella torinese, non ha giustificazioni credibili: è quasi sempre il rifugio dei vigliacchi, dei livorosi, dei falliti e cacasotto. Brutta gente che fa brutte cose. Tipo, per l'appunto, tirare la pietra e nascondere la mano.

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