Gianni Morandi canta, sempre stasera, al PalaOlimpico |
Levante è in concerto stasera a Hiroshima mon Amour |
Stasera ci sono due concerti che, per motivi diversi, mi attirano. Gianni Morandi al PalaOlimpico e Levante a Hiroshima mon Amour. Non ho ancora scelto. Morandi è un amico, lo saluterei volentieri; ma Levante non l'ho ancora sentita dal vivo in un concerto intero e quindi è probabile che alla fine andrò a Hiro.Però magari prima passo dal PalaOlimpico. Vassapere.
Sul numero di Extratorino in edicola adesso ho pubblicato un'intervista con Morandi. Ve ne posto una parte. Se vi interessa, intera vi costa appena 2 euro, compreso tutto il resto della rivista - dove c'è pure un altro mio servizio sui Perturbazione. Come al solito, non dite che sono taccagno a non metterla intera: per me non fa differenza, ma quelli di Extratorino pagano (poco...) per i miei servigi, mi sembrerebbe brutto piratarli. Ecco qui il frammento dell'articolo morandiano.
Per questa intervista ho chiamato Gianni a metà marzo. E
l’ho beccato giusto mentre stava allenandosi per la Maratona di Boston. Devo
ammettere che non è un’impresa straordinaria beccare Morandi mentre si allena a
correre. Si allena sempre. “Adesso sono attorno ai settanta-ottanta chilometri
alla settimana – mi annuncia con malcelato orgoglio – e solo domenica scorsa ne
ho fatti trentuno. Ma sai, la maratona è la maratona, non si scherza. Direi che
per Boston finora sono attorno ai milletrecento-millequattrocento chilometri in
tutto, come allenamento”.
Ecco, queste sono cose che fanno male. Gianni ha dieci anni
più di me (a proposito, auguri anticipati: a dicembre sono 70), e per allenarsi
alla Maratona di Boston s’è sciroppato, a piedi, più chilometri di quanti ne
abbia camminati io nella vita intera. O almeno mi pare. Insomma,
millequattrocento chilometri è tutta l’Italia a piedi. Provateci voi ventenni,
e poi mi fate sapere.
Correre è un karma, per Morandi. Difatti, quando gli chiedo
altri ricordi torinesi, ricaschiamo lì: “Quando venni con il teatro tenda, e mi
fermai un bel po’ di giorni, tutte le mattine andavo a correre. Mi piace,
quando sto in un posto, andare a correre. Mi fa vivere la città. E poi con
Torino ho un rapporto speciale. Credo che sia questo uno dei motivi per cui l’ho
scelta per uno dei concerti di maggio”.
Già, perché quella del 17 al PalaOlimpico è la seconda delle
quattro sole date del tour di Morandi, che parte il 10 maggio da Bologna e,
dopo Torino, va a Roma il 24 e si chiude a Taormina il 31.
“Sai – mi fa – la voglia mi è tornata dopo quei due
meravigliosi spettacoli all’Arena di Verona, quelli della diretta su Canale 5. Non
facevo concerti da cinque anni, e mi sono accorto che sentivo di nuovo il
bisogno di cantare, di ritrovarmi con la gente, di scambiare emozioni con il
pubblico. Così ho messo insieme una band di 15 musicisti, e una scaletta di
canzoni che sono la mia storia, e spero anche la storia di chi mi verrà ad
ascoltare”.
Ogni intervista che si rispetti deve toccare temi
d’attualità. Però del campionato del Bologna no, non gli chiedo nulla: non sono
abbastanza iena per affrontare l’argomento. So rispettare il dolore di un uomo.
Quindi ripiego sul Festival di Sanremo. So benissimo che quando leggerete quest’articolo
ve ne sarete serenamente dimenticati, del Festival di Sanremo; però a metà
marzo l’argomento è ancora caldo. Tanto più che sto parlando con l’uomo che il
Festival lo ha presentato prima di Fazio. Per due volte consecutive, come
Fazio. Però chiedergli un giudizio su Fazio, così, diretto, sarebbe tempo sprecato.
Opto quindi per un’astuta manovra di aggiramento, e gli domando un parere sul
Festival. Resto sulle generali, insomma.
“L’esperienza di presentare Sanremo è bella, emozionante –
mi risponde. – Però non è il mio mestiere. Diciamo che va bene una volta nella
vita. E infatti ho un ricordo straordinario del primo Festival, quello del
2011. Accettai di rifarlo l’anno dopo soltanto perché ero strasicuro che
sarebbe venuto Celentano. Presi un rischio, ma ragionevole: con Adriano hai la
garanzia che lo spettacolo ci sarà, e la curiosità del pubblico anche. Però in
genere la seconda volta non riesce altrettanto bene. Non è così brillante”.
Ecco, questo io lo metterei sotto la voce “Fazio”. Però il nome non l’ha mai
pronunciato. Giuro.
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