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CON DE GREGORI A COLLISIONI

La copertina e le pagine interne del libro

Domenica prossima, 20 luglio, a Collisioni presentiamo in anteprima assoluta "Guarda che non sono io", la fotobiografia autorizzata di Francesco De Gregori curata da Silvia Viglietti e Alessandro Arianti, che era stata annunciata durante l'ultimo Salone del Libro e con una videointervista per LaStampa.it. Adesso il volume è stampato, e Steve Della Casa ed io ne parleremo con De Gregori. L'appuntamento domenica a Barolo è alle 17 nella Piazza Blu.
Di recente ho parlato del libro in un'intervista al Principe uscita sul numero di Extratorino adesso in edicola: qui ne pubblico la parte iniziale.


In vent’anni che ci conosciamo, ho scritto decine di articoli su Francesco De Gregori. Soprattutto interviste. De Gregori è uno dei pochi che mi piaccia intervistare. Perché sono interviste vere. Lui s’appassiona, o s’incazza, a seconda. O si chiude come un istrice. Ma se parla, lo fa perché ha qualcosa da dire. E non sono mai interviste di quelle sceme, con intervistato e intervistatore che sono lì perché devono, ma in realtà non hanno niente da dirsi.

Il problema è che dopo tanti anni siamo diventati amici, Francesco e io, e le interviste non ci riesce più di farle. Voglio dire, due amici quando sono insieme parlano, no? E allora cosa stai a fare l’intervista? Sembra ridicolo. A volte ci proviamo ancora, perché siamo professionisti seri, ma a me un po’ scappa da ridere. Forse anche a lui.

L’ultima volta ci siamo visti al Salone del Libro. A causa di un libro, giustappunto. Un libro che si intitola “Guarda che non sono io”, e che dopo lunga gestazione è quasi pronto, uscirà a settembre e verrà presentato in anteprima il 20 luglio a Barolo, al Festival Collisioni. Ma già che c’era il Salone, ne abbiamo approfittato per combinare un incontro con il pubblico. Per parlare, ovviamente, di libri. E del libro. Un libro molto speciale, e che conosco bene. Se volessi fare il vantone, scriverei che l’ho visto nascere. Eppure non so come definirlo: “biografia fotografica” forse rende l’idea. E’ un ritratto – uno dei tanti possibili – di un autore di canzoni – un “cantante”, come ama definirsi – lungo quarant’anni. Un ritratto fatto di parole e immagini.

Gli autori sono due torinesi,  Silvia Viglietti e Alessandro Arianti. Alessandro è il tastierista della band di De Gregori: ma è pure il suo fotografo di fiducia. Ha fissato con l’obiettivo centinaia di momenti di vita on the road. Viglietti e Arianti hanno scelto, di quei momenti, le foto migliori, e altre le ha tirate fuori dai cassetti di casa De Gregori. Immagini domestiche, private, che nessuno aveva mai visto. Poi hanno cucito insieme decine di interviste al Principe, trasformandole in un racconto nuovo, che ha la voce di De Gregori: ne è venuto fuori un volume molto bello, che è quanto di più vicino a un’autobiografia si possa immaginare per un artista che non scriverà mai un’autobiografia. Al fondo del volume ci sono anche due interviste inedite: una a Guido Guglielminetti, il mitico “capobanda”. E l’altra a Lui di persona personalmente, ma affidata all’intervistatore più improbabile: Steve Della Casa, il critico cinematografico che conduce “Hollywood Party”, trasmissione cult di Radio3 di cui De Gregori è stato a suo tempo ospite. Il risultato è davvero divertente. L’intervista più insolita e sorprendente che De Gregori abbia mai rilasciato.

Ok, ammetto che faccio fatica: con questo libro, il problema è che non si può dire che è “di” De Gregori. Però De Gregori se l’è visto e rivisto, ci ha messo tanto del suo, come non era mai capitato prima. In qualche modo, lo ha fatto “anche” lui. Però se lo dico, lui mi toglie il saluto.

“Non si deve dire perché non è vero – mi rimbecca Francesco. – Il libro è di Silvia e Alessandro, loro sono gli autori. Io mi sono limitato a una disponibilità che in altre occasioni non c’era. Voglio dire: di solito, se scrivono un libro su di me, io non ne so nulla. Lo scopro per caso, magari guardando la vetrina di una libreria. Stavolta invece l’ho seguito fin dall’inizio, in qualche modo sono rimasto coinvolto. Ma non come autore. Ho dato il mio contributo, diciamo così, recuperando vecchie immagini e ricordi di famiglia, e revisionando con gli autori una quantità incredibile di interviste rilasciate nel corso degli anni…”.

Vabbé. Diciamo che è una “biografia non auto”. “E’ una fotografia. E non solo perché è principalmente un libro di fotografie, spero belle. Come dire? Io sono questo. Qui e ora. Non è una storia definitiva”.

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