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LA CULTURA E' UN BENE PRIMARIO (MA PURE IL COPIA-INCOLLA HA IL SUO PERCHE')

Sia reso onore al merito del consigliere cinquestelle Vincenzo Napolitano (subentrato nell'ottobre 2019 al collega dimissionario Fabio Gosetto) primo autore della proposta di delibera 14764 in virtù della quale Torino è oggi la prima città a riconoscere nel proprio Statuto la Cultura come bene primario e essenziale. In concreto, il punto H dell'articolo 2 dello Statuto del Comune ("Finalità del Comune"), che finora suonava così: "h) Valorizzare, anche sul piano nazionale ed internazionale, il patrimonio storico, artistico, culturale ed ambientale della città e promuovere la conoscenza delle tradizioni culturali piemontesi e delle altre culture e specificità della comunità cittadina", d'ora in poi sarà il seguente: "h) Riconoscere la Cultura come bene primario e essenziale della comunità cittadina, fonte di sviluppo economico e benessere sociale psicofisico. Assicurare il diritto inalienabile ad accedere, praticare e produrre cultura. Valorizzare, anche sul piano nazionale ed internazionale, il patrimonio storico, artistico, culturale ed ambientale della città e promuovere la conoscenza delle tradizioni culturali piemontesi e delle altre culture e specificità della comunità cittadina".
Una bella notizia? Beh, direi di sì: magari più d'apparenza che di sostanza, ma vabbé, almeno c'è la buona volontà. Se non fosse per il copia-incolla, ahiahiahiahi. 
E' la solita storia: uno deve presentare una relazione, un saggio, un compito delle vacanze, vuol fare bella figura e così a volte pur di tirarsela da splendido gli scappa il copia-incolla. Stavolta gli è scappato pure al consigliere, come potete leggere sul Corriere oggi in edicola, o a  questo link.

Per agevolare i lettori più curiosi e volonterosi, riporto qui sotto il testo completo della proposta di delibera firmata dal consigliere Napolitano (nella prima stesura, quella originale, che ora appare sostituita - pur senza variazioni di rilievo - nell'archivio elettronico del Consiglio comunale da una seconda versione co-firmata anche dal consigliere Giovara): nel testo ho evidenziato in neretto i paragrafi prelevati da un articolo a firma Eleonora Orlando dal titolo "Cultura e Costituzione" pubblicato nel 2008 dalla rivista online "InStoria". A seguire pubblico, in corsivo, l'articolo originale di "InStoria" con gli stessi paragrafi evidenziati in neretto corsivo.

La proposta di deliberazione
I diritti culturali sono stati espressamente citati per la prima volta nell’articolo 22 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948). In esso si dichiara che la realizzazione dei diritti culturali sia “indispensabile” alla dignità umana e al libero sviluppo della personalità. All’articolo 27 comma 1, viene sancito quindi il diritto di ogni individuo a prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici. Tutte le fonti a livello internazionale trarranno fondamento da questi due articoli, espandendo e rafforzandone i valori. Nel Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 all’art.15 oltre a ribadire i diritti espressi sopra, si impegnano gli Stati che lo hanno sottoscritto a conseguire alla loro piena attuazione e al mantenimento, lo sviluppo e la diffusione della scienza e della cultura, rispettando la libertà indispensabile per la ricerca scientifica e l'attività creativa. Nel gennaio 1976 entra in funzione il Comitato dei diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite (in Italia il 15 dicembre 1978) allo scopo di sovrintendere, con maggiore specificità e continuità, all'applicazione del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. Nel 2009 il Comitato dedicherà il General Comment n°21 al diritto a prendere parte alla vita culturale, il quale costituisce un imprescindibile riferimento per definire gli obblighi cui le autorità statali, ma anche tutti i membri della società civile (individui, gruppi, comunità, minoranze) sono sottoposti nel dare piena attuazione al diritto di ognuno di prendere parte alla vita culturale.
Nella Costituzione italiana il diritto alla cultura è sancito tra i diritti fondamentali. L’art. 9 dispone che La Repubblica debba promuovere lo sviluppo della cultura, la ricerca scientifica e tecnica, debba tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Il seguente articolo ("seguente" che cosa? NdG) sembrerebbe suddivisibile in due parti, corrispondenti ai suoi due diversi commi: infatti, il primo comma illustra la funzione promozionale per cui la Repubblica s’impegna per sviluppare la cultura e la ricerca scientifica e tecnica; il secondo, viceversa, allude ad una logica conservativa, ponendo l’obbligo di tutelare il paesaggio e il patrimonio storico-artistico nazionale.
La ‘promozione’ alla quale fa riferimento il primo comma, non è, tuttavia, diretta ad un bene già sorto, ma ad un bene in continuo divenire (lo «sviluppo della cultura») e per giunta immateriale; essa acquista efficacia solo con la legge ordinaria di attuazione, la quale determina le tipologie degli interventi tesi allo «sviluppo della cultura» e le «forme» culturali che si intendono favorire. Diversamente, nel secondo comma, che ha ad oggetto beni materiali individuati o individuabili, l’interesse alla tutela scaturisce direttamente dalla norma costituzionale. Entrambe le disposizioni assolvono, comunque, ad una medesima funzione, che è quella di introdurre un valore eticoculturale tra i primi valori della Costituzione.
Un’ulteriore differenza tra i due commi dell’articolo 9 della Costituzione può cogliersi sotto il profilo del rapporto delle singole disposizioni costituzionali rispetto al diritto di libertà artistica e scientifica (art. 33 Cost.). La disposizione contenuta nell’art. 9 deve essere correlata, infatti, con la norma di cui al 1° comma dell’art. 33 della Costituzione, secondo cui «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Tale precetto considera l’arte e la scienza come valore assoluto, che come tale non è passibile di essere condizionato dall’esterno, ma deve essere lasciato alle libere scelte dell’individuo, in quanto espressione della genialità umana e della personalità del singolo.
Emerge chiaramente dal testo costituzionale che la tutela dei beni culturali e dell’ambiente sia finalizzata all’arricchimento della personalità dell’individuo. Tale tutela non ha significato in sé, ma in quanto i beni culturali e le bellezze naturali sono un indispensabile strumento dell’arricchimento della persona e risultano finalizzati allo scopo di elevare il livello di civiltà dei componenti della società.
Il fine perseguito dalla Costituzione è, dunque, la crescita del pluralismo culturale, in quanto strumento di sviluppo della personalità dei singoli e, quindi, della collettività. 
Tutte le azioni a tutela del diritto universale alla cultura sorgono dalla consapevolezza che essa è elemento fondamentale dell’esistenza della persona e quindi della società.
Per le fonti internazionali la cultura è indispensabile alla dignità e allo sviluppo della personalità dell’individuo, il quale deve poter partecipare alla vita culturale della comunità.
I nostri padri costituenti hanno impegnato la Repubblica ad investire risorse ed energie sull’arte e il paesaggio in quanto essenziali a rimuovere ciò che osta all’uguaglianza e permettere lo sviluppo della persona umana come indicato all’articolo 3; L’arte che nel passato ha legittimato il dominio dei sovrani degli antichi Stati, ora rappresenta visibilmente la sovranità dei cittadini, consacrata dall’articolo 1. la proprietà collettiva del paesaggio e del patrimonio artistico è un potente fattore di equità morale e sociale. La cultura è dunque inconfutabilmente un valore assoluto e in quanto tale non assimilabile a logiche economiche, come riportato nella sentenza n°151 del 24 giugno 1986 della Corte Costituzionale “(…) la primarietà del valore estetico-culturale che non può essere subordinato ad altri valori, ivi compresi quelli economici”. Carlo Azelio Ciampi nel 2003 cita la suddetta sentenza affermando che “la stessa economia si deve ispirare alla cultura, come sigillo della sua italianità (…) La promozione della sua conoscenza, la tutela del patrimonio artistico non sono dunque un’attività ‘fra altre’ per la Repubblica, ma una delle sue missioni più proprie, pubblica e inalienabile per dettato costituzionale e per volontà di una identità millenaria”. E’ constatato che la comunità libera di godere delle arti produce benefici, mentre un basso livello culturale rende difficile la difesa del patrimonio di beni, materiali e immateriali, che formano l’identità culturale, producendo ad esempio una maggiore illegalità che investe il paesaggio o danni all’ambiente. Un modo competente e sostenibile di vivere, consumare, desiderare sono invece alla base di ogni sviluppo appropriato della popolazione nel rispetto e nella valorizzazione di tutte le risorse. L’Eurobarometro 2017 riporta che la partecipazione culturale migliora anche la salute e il benessere, che il 71% degli europei intervistati ritiene che vivere in prossimità di luoghi legati al patrimonio culturale dell’Europa possa migliorare la qualità della vita. Inoltre le ricerche confermano che l’accesso alla cultura è il secondo più importante fattore determinante del benessere psicologico, preceduto dall’assenza di malattie. Il ruolo della cultura nello sviluppo sostenibile delle nostre comunità è fondamentale. La città cambia forma quando cambia la cultura, assume l’aspetto dei cittadini che la compongono, dei loro sogni e delle loro esigenze. Può essere veicolo di trasformazione urbana. Una città fatta di pietra e cultura è inclusiva, democratica e sostenibile. Una Smart-city è quella che mette in relazione i due commi dell’art.9 della costituzione “lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica” (arte e innovazione) e “la tutela del paesaggio e del patrimonio” (architettura e urbanistica). Tecnologia, ambiente, ricerca, formazione, informazione oltre alle già contemplate espressioni artistiche, quelle dell’architettura e dell’urbanistica sono i sintomi creativi da mettere in relazione in una democrazia culturale di cui le città hanno sempre più bisogno. Stiamo attraversando un momento storico di grande mutazione socio-economica accelerata esponenzialmente dalla pandemia. La crisi dovuta all’emergenza sanitaria COVID-19 ha reso evidente che gli attuali modelli di sviluppo e i loro assunti devono essere ripensati. Sta cambiando il senso di ciò che è importante, evidenziato ciò che è fragile, quello che abbiamo trascurato e ci sta mostrando cosa è urgente. Sanità, cultura ed innovazione sono gli aspetti fondamentali su cui ci siamo trovati impreparati a causa di un passato di investimenti ben al di sotto del necessario, a tagli di risorse sempre maggiori e di una scarsa priorità data a questi valori. Alla cultura vengono continuamente tolte risorse a testimonianza del fatto che l’indicazione lungimirante data dai costituenti non è stata perseguita e il volano alimentato dalla tutela e dalla promozione che genera cultura e quindi civiltà, con conseguente benessere e benefici sull’economia, inevitabilmente bloccato. Il comparto culturale già barcollante ha ricevuto dalla crisi sanitaria il colpo più duro, è stato infatti il primo ad essersi bloccato ed è l’unico a non essere ripartito e ad avere scarsissime prospettive di ripresa fino a quando si potrà raggiungere un’auspicata immunità di gregge.
Si evince dunque che malgrado i diritti sanciti sia a livello internazionale che nazionale, la tutela e la promozione necessaria sia stata applicata a ribasso e nei minimi termini. È dunque necessaria una riflessione importante. Deve esserci un radicale cambio di paradigma. La cultura non deve essere più soltanto e legittimamente un diritto del cittadino ma uno dei beni primari che la comunità deve garantirgli, principio fondamentale di uguaglianza, di tutela della dignità, di pari opportunità, nonché indispensabile allo sviluppo della persona e quindi della comunità stessa. 
Tutto ciò premesso, Visto il Testo Unico delle leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali, approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267;
PROPONE AL CONSIGLIO COMUNALE
secondo l’articolo 87 del titolo IX dello Statuto della Città di Torino e l'Articolo 6 del Testo Unico delle leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali, approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e per le motivazioni espresse in narrativa; i sottoscrittori Consiglieri Comunali propongono la revisione dello Statuto in tal senso: All’Articolo 2. Finalità del Comune si chiede di revisionare il punto H, che attualmente recita: h) valorizzare, anche sul piano nazionale ed internazionale, il patrimonio storico, artistico, culturale ed ambientale della città e promuovere la conoscenza delle tradizioni culturali piemontesi e delle altre culture e specificità della comunità cittadina; con la nuova formulazione h) Riconoscere la Cultura come bene primario e essenziale della comunità cittadina, fonte di sviluppo economico e benessere sociale psicofisico. Assicurare il diritto inalienabile ad accedere, praticare e produrre cultura. Valorizzare, anche sul piano nazionale ed internazionale, il patrimonio storico, artistico, culturale ed ambientale della città e promuovere la conoscenza delle tradizioni culturali piemontesi e delle altre culture e specificità della comunità cittadina;
17/05/2021 IL CONSIGLIERE Firmato digitalmente da Vincenzo Napolitano

L'articolo di "InStoria"
CULTURA E COSTITUZIONE, QUALI I RUOLI?
di Eleonora Orlando
http://www.instoria.it/home/cultura_costituzione.htm

Il patrimonio culturale di un Paese rappresenta la testimonianza visibile e tangibile della storia di quella Nazione, nella sua evoluzione e nei cambiamenti che in essa si sono susseguiti.
Ciò che distingue un Paese da un altro non è solo l’aspetto morfologico del suo territorio ma anche, e forse soprattutto, la sua cultura, intesa come sintesi di arte, costume, tradizione sociale e culturale di una Nazione.
Anche la Costituzione italiana assume la cultura come valore fondamentale e inserisce tra i principi fondamentali la disposizione che impegna la Repubblica a promuoverne lo sviluppo (art. 9).
Come è affermato in dottrina, con la formulazione di questo principio è stata fatta la scelta di caratterizzare la Repubblica italiana come ‘Stato di cultura’, con il preciso indirizzo di assumere tra i compiti essenziali della stessa quello della promozione, dello sviluppo e dell’elevazione culturale della collettività, con il conseguente obbligo, per tutti gli enti territoriali nazionali, nell’ambito delle rispettive competenze, di promuovere sia le diverse attività legate ad espressioni artistiche, sia le attività di valorizzazione (oltre che di tutela) dei beni storico-artistici, che della tradizione culturale della Nazione rappresentano la massima espressione.
Le norme costituzionali sull’organizzazione della cultura e dell’arte si sistemano principalmente intorno a due distinti poli d’attrazione: da un lato l’art. 9 Cost., a norma del quale «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura» e tutela altresì «il patrimonio storico e artistico della Nazione»; dall’altro, l’art. 33 Cost., secondo cui «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento».
L’art. 9 Cost. sembrerebbe suddivisibile in due parti, corrispondenti ai suoi due diversi commi: infatti, il primo comma illustra la funzione promozionale cui la Repubblica s’impegna per sviluppare la cultura e la ricerca scientifica e tecnica; il secondo, viceversa, allude ad una logica conservativa, ponendo l’obbligo di tutelare il paesaggio e il patrimonio storico-artistico nazionale.
Da una prima interpretazione letterale sembra ravvisabile una differente prescrittività tra il primo comma, che lascia al legislatore un’amplissima discrezionalità nella scelta degli strumenti opportuni a «promuovere lo sviluppo della cultura» (attraverso, ad esempio, incentivi ad attività teatrali, cinematografiche, alla diffusione di opere artistiche ed altre forme di promozione), ed il secondo comma, che invece pone un dovere di tutela di determinati beni.
La ‘promozione’ alla quale fa riferimento il primo comma, non è, tuttavia, diretta ad un bene già sorto, ma ad un bene in continuo divenire (lo «sviluppo della cultura») e per giunta immateriale; essa acquista efficacia solo con la legge ordinaria di attuazione, la quale determina le tipologie degli interventi tesi allo «sviluppo della cultura» e le «forme» culturali che si intendono favorire. Diversamente, nel secondo comma, che ha ad oggetto beni materiali individuati o individuabili, l’interesse alla tutela scaturisce direttamente dalla norma costituzionale. Entrambe le disposizioni assolvono, comunque, ad una medesima funzione, che è quella di introdurre un valore etico-culturale tra i primi valori della Costituzione.
Un’ulteriore differenza tra i due commi dell’articolo 9 Cost. può cogliersi sotto il profilo del rapporto delle singole disposizioni costituzionali rispetto al diritto di libertà artistica e scientifica (art. 33 Cost.). La disposizione contenuta nell’art. 9 Cost. deve essere correlata, infatti, con la norma di cui al 1° comma dell’art. 33 della Costituzione, secondo cui «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Tale precetto considera l’arte e la scienza come valore assoluto, che come tale non è passibile di essere condizionato dall’esterno, ma deve essere lasciato alle libere scelte dell’individuo, in quanto espressione della genialità umana e della personalità del singolo.
Sembra, dunque, emergere chiaramente dal testo costituzionale che la tutela dei beni culturali e dell’ambiente sia finalizzata all’arricchimento della personalità dell’individuo. Tale tutela non ha significato in sé, ma in quanto i beni culturali e le bellezze naturali sono un indispensabile strumento dell’arricchimento della persona e risultano finalizzati allo scopo di elevare il livello di civiltà dei componenti della società.
Per ciò che attiene il 1° comma dell’art. 9, questo, nell’attribuire alla ‘Repubblica’ compiti di promozione culturale, non consente (né presuppone) un’ingerenza del potere politico sulla spontanea evoluzione della vita culturale. Una siffatta interpretazione è, infatti, esclusa dall’art. 33 Cost., che tende proprio ad impedire la formazione di un’arte o di una scienza ‘di Stato’ e che, anzi, assicura una tutela ‘privilegiata’ alla libertà di manifestazione del pensiero in materia artistica e scientifica. Il dovere di promozione culturale non può, pertanto, tradursi in una pianificazione della cultura da parte dell’apparato pubblico, ma impone un’azione statale finalizzata alla realizzazione del valore della libertà dell’uomo in campo artistico.
Il Costituente ha, dunque, avvertito la necessità dell’intervento pubblico, inteso non come intervento ‘di parte’ o ‘politico’, ma come intervento ‘imparziale’ o ‘neutro’, in forza del quale l’incentivazione culturale dello Stato, per essere legittima, non deve essere tesa a soddisfare le esigenze politiche della maggioranza o a realizzare interessi economici, ma deve essere indirizzata prevalentemente a sostegno delle posizioni di minoranza.
Il fine perseguito dalla Costituzione è, dunque, la crescita del pluralismo culturale, in quanto strumento di sviluppo della personalità dei singoli e, quindi, della collettività.
Con la promozione della cultura le istituzioni si prefiggono «per l’appunto di formare cittadini colti e per colto deve intendersi anzitutto chi conservi una memoria storica del passato e sappia valutare criticamente l’epoca in cui vive». L’interesse costituzionalmente tutelato non è ravvisabile pertanto nel mero interesse alla cultura, ma nell’interesse all’identità culturale della Nazione.
Nell’art. 9 Cost., pertanto, il riferimento non sarebbe a cose, beni o interessi, ma ad una funzione culturale, da collegare alla formazione intellettuale dell’individuo attraverso processi educativi intesi in senso ampio, ove i beni costituiscono, dunque, strumento di cultura.
Nella Costituzione, dunque, la nozione di ‘cultura’ appare comprensiva non soltanto dei beni materiali, ma altresì dei valori incorporali che vanno tutti preservati e salvaguardati in quanto concorrono a mantenere l’identità delle diverse culture, regionali e locali, in cui si riassume l’identità culturale della Nazione.


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