Comunicato stampa
LA CULTURA IN PIEMONTE. OLTRE I DATI, QUESTIONE DI FUTURO
Relazione Annuale dell'Osservatorio Culturale del Piemonte 2020/2021
Ammonta a oltre 200 milioni di euro la stima delle mancate entrate registrate dal comparto culturale piemontese nel corso del 2020. Dopo un anno di pandemia, è tempo di bilanci per l’Osservatorio Culturale del Piemonte, che rende noti i dati raccolti nel corso del monitoraggio di tutto il 2020 e della prima parte del 2021, con uno sguardo rivolto alla ripartenza e a nuove strategie per affrontare le criticità del settore culturale.
Torino, 8 luglio 2021 - L’Osservatorio Culturale del Piemonte ha presentato oggi, presso il Teatro Carignano di Torino, la Relazione Annuale 2020-2021 La cultura in Piemonte. Oltre i dati, questione di futuro.
È stata l’occasione per presentare alcune delle evidenze emerse dalle attività di monitoraggio, condotte da OCP tra marzo 2020 e aprile 2021, degli effetti che la crisi pandemica e le disposizioni adottate per l’emergenza sanitaria hanno avuto sul comparto culturale piemontese in termini economici, occupazionali e di offerta.
A partire dallo status quo di impoverimento generalizzato del comparto, occorre riconoscere al settore culturale la natura di ecosistema complesso, in dialogo costante con gli altri ambiti economici, come punto di partenza per combatterne fragilità e precarietà intrinseche.
Il quadro regionale: dagli effetti economici agli effetti sull’occupazione
Il Covid si è abbattuto su un comparto già in condizioni di sostenibilità precaria, indebolito da lunghi anni di crisi economica, caratterizzato da grande frammentazione interna e da un quadro normativo incompleto e contraddittorio, anche a livello internazionale. La situazione al 2019, a pandemia ancora non dichiarata, non era il migliore dei mondi possibile, la sofferenza del comparto culturale era evidente, così come la fragilità dei modelli di business.
Nell’anno segnato dalla pandemia, il settore ha vissuto “non una contrazione, non un ridimensionamento; uno tsunami piuttosto, e un salto di stato”. L’OCP stima una perdita diretta per il comparto in Piemonte di circa 200-220 milioni di euro. Si tratta di una grandezza economica che riguarda solo gli impatti diretti e non il “knock-on effect” e che rappresenta pressappoco la stessa cifra media – tra 230 e 250 milioni – erogata annualmente a sostegno della cultura negli ultimi anni dall’insieme dei finanziatori pubblici e privati. La stima è frutto dell’analisi congiunta delle informazioni condivise da circa 800 organizzazioni culturali e 150 singoli operatori nel corso di quattro survey online, delle serie storiche sui consumi culturali in Piemonte e dei dati ufficiali messi a disposizione da fonti secondarie (Siae, Agis-Cinetel e Sistan).
I danni economici generati dalla pandemia sul settore culturale si riflettono necessariamente sui lavoratori coinvolti nelle attività: a partire dalle risposte fornite da 276 organizzazioni piemontesi si stima una riduzione complessiva dei lavoratori pari al 16%. Guardando al solo settore dello spettacolo, si contano in Piemonte 12.231 lavoratori, il 22% in meno (3.500) rispetto al 2019 (Fonte: INPS).
L’impatto sulle attività: uno sguardo ai settori
Il cinema: nel 2020 i 104 cinema del Piemonte sono stati chiusi al pubblico per 173 giorni e hanno venduto 2,1 milioni di biglietti, per un incasso complessivo di 12,9 milioni di euro. Un risultato che, rispetto al 2019, segna una riduzione del -72% di incassi e presenza. Segnali di ripartenza arrivano dal sistema di produzione cinematografica e audiovisiva che in Piemonte, grazie anche all'incremento della dotazione dei fondi europei attivati dalla Regione, al rafforzamento della Rete Regionale degli stakeholders locali e all’attività della Film Commission Piemonte, è stato in grado di ripartire con un certo slancio considerando che nei primi cinque mesi del 2021 sono già state contate 53 settimane di produzione - in tutto il 2019 erano state 65 - e la domanda di personale qualificato è in continua crescita.
Musei e beni culturali: nel 2020, i musei e beni culturali del Piemonte sono stati chiusi al pubblico per 137 giorni, a causa delle restrizioni alle attività imposte dalle misure previste per far fronte all’emergenza. Durante il corso dell’anno, i 200 musei piemontesi hanno registrato complessivamente 1,94 milioni di ingressi, poco più di quelli riscontrati nella primavera 2019 nei soli musei di Torino, segnando una flessione del 71% rispetto all’anno precedente. Il dato è in linea con il calo registrato dai musei statali italiani, che nel 2020 hanno perso in media il 75% delle visite.
Spettacolo dal vivo: nel corso del 2020 in Piemonte sono stati realizzati 18,8 mila eventi di spettacolo (tra concerti, teatri, manifestazioni con più generi, ballo), 57 mila in meno rispetto al biennio precedente (-75%) per un totale di 1 milione di biglietti venduti, l’80% in meno (-4 milioni). Questa riduzione ha comportato una contrazione della spesa al botteghino dell’88%, pari a 86 milioni di euro in meno incassati dalle organizzazioni, esclusivamente per la vendita di biglietti. La crisi del settore interessa tutti i generi di spettacolo, seppur con alcune differenze: l’attività concertistica è quella che più ha risentito della pandemia, con una perdita dell’86% degli spettatori e un crollo della spesa al botteghino pari al 91% (particolarmente segnata dallo stop dei concerti di musica leggera); l’attività teatrale segna -67% nel numero di spettacoli realizzati e -78% nella spesa al botteghino, pari a 16,7 milioni di euro di incassi in meno rispetto al biennio precedente.
Biblioteche civiche: nell’anno della pandemia grazie al digital lending le biblioteche hanno potuto continuare a garantire il servizio di consultazione e prestito, anche durante i lockdown. Nelle biblioteche degli 8 sistemi bibliotecari piemontesi (su 21) in cui è attivo MLOL, nel 2020 gli utenti unici totali sono aumentati del 193% rispetto all’anno precedente, mentre gli accessi al portale on line del 106% con picchi maggiori tra marzo e maggio 2020.
Che fare? La traversata continua: sfide, aspettative e priorità
Oggi non abbiamo contezza di come si chiuderà il 2021 ma oltre alla constatazione del danno esteso, profondo e di difficile risarcimento prodotto dalla pandemia, uno degli elementi di maggior preoccupazione consiste nella difficoltà a immaginare vie d’uscita praticabili e strategie anche di lungo termine.
Diventa necessario trovare altri modi di diffondere i contenuti culturali e di reperire risorse aggiuntive per compensare la diminuzione degli incassi di biglietteria, anche perché è probabile che non vi sia un ritorno completo – in un tempo breve – alle soglie di frequenza ammissibili pre-covid. Le condizioni di riapertura non sono indifferenti e oggi propongono un doppio vincolo particolarmente difficile da sciogliere: in primo luogo le misure di contingentamento per arginare la pandemia, anche qualora fossero parzialmente e progressivamente attenuate, almeno sul breve-medio periodo, rendono insostenibili economicamente gran parte delle attività culturali; in secondo luogo il ritorno al pre-pandemia non è un’opzione risolutiva, essendo già manifesti a quel tempo tutti gli elementi di criticità e di insostenibilità economica, e dovendo ora affrontare un periodo in cui la domanda di cultura va nuovamente incoraggiata.
Sembra in qualche modo inevitabile una trasformazione profonda delle istituzioni culturali, che riguarda sia musei e beni, sia spettacolo dal vivo e altre attività, in “editori di prodotti e di servizi culturali” da distribuire in una gamma amplissima di supporti, tra i quali il digitale giocherà un ruolo sicuramente crescente, senza affatto escludere la presenza dal vivo.
Emerge la necessità di riconnettere l’offerta culturale in primis con i residenti, con i territori, di vivere appieno la cultura come occasione di socialità, collante delle comunità, luogo di incontro e confronto attorno a una proposta artistica. “Se i contingentamenti e le precauzioni, pur allentandosi, continueranno a interessare un ampio arco di tempo, la necessità di risorse integrative diventerà indispensabile e così il cominciare a pensare a un diverso piano di sviluppo delle attività culturali, un business model orientato al futuro. Occorre un impegno collettivo al quale il comparto culturale non può sottrarsi se si vuole mantenere un’autonoma capacità propositiva, aprire nuovi fronti di ricerca, mettere a punto nuove missioni”.
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