Arturo Brachetti è il "videocicerone" della mostra "Dalle piazze alle Corti" alla Reggia |
Un consiglio per chi andrà alla Reggia di Venaria per visitare la mostra "Dalle piazze alle Corti. Storie di giochi e spettacoli tra '700 e '800": prendetevi il vostro tempo, più che vederla questa mostra dovete leggerla. Gli oggetti esposti - dipinti d'epoca, lanterne magiche, marionette, stampe - sono interessanti, e valorizzati da una guida d'eccezione come Arturo Brachetti che accompagna il visitatore, sala per sala, con i suoi videointerventi.
Però gli oggetti, a parer mio, sono soltanto il contorno: il nucleo più sorprendente, e a mio avviso più importante, della mostra è costituito dai manifesti - avvisi, locandine, fogli volanti che pubblicizzavano i pubblici intrattenimenti - provenienti dalla raccolta dell'Archivio vescovile di Asti. Leggeteli uno per uno: vi spalancheranno un mondo. Quei testi roboanti e ingenui - che magnificano fenomeni viventi e bestie esotiche, saltimbanchi e ciarlatani, ballerini e chanteuses e prodigi di lanterne magiche - ci raccontano una società ingenua e crudele, pronta allo stupore per una "fantasmagoria di spettri, fantasmi, teschi e diavoli" ma anche a godersi curiosa e divertita l'esibizione, che oggi ributterebbe alle nostre coscienze, del "bambino senza braccia che scrive". Ne esce così una descrizione realistico della vita del popolo a cavallo fra Sette e Ottocento, una vita che aveva nella piazza il proprio fulcro sociale: piazze che, come ci raccontano i dipinti in mostra, svolgevano più o meno - nel bene e nel male - la funzione oggi propria dei centri commerciali, o della "piazza virtuale" del web.
Andrea Merlotti, curatore della mostra con Silvia Ghisotti, dice che "partendo dall’idea che il gioco sia in grado di raccontare la società, e che Venaria è da sempre luogo di giochi intesi come spettacolo, raccontiamo la capacità delle attività ludiche di mettere in relazione la corte e la piazza, senza opposizioni". Il che impone una nota a margine, a proposito di coscienze moderne: la political correctness contemporanea ha suggerito di escludere dalla mostra i giochi d'azzardo. Scelta comprensibile (altrimenti ve le immaginate le intemerate dei soloni?) ma che - come sempre quando entra in campo la cancel culture - distorce il quadro storico: per quanto deprecabile, l'azzardo - dalla "zecchinetta" del popolo al "faraone" della nobilità - era a quel tempo il gioco per eccellenza, la colonna portante dell'intrattenimento, e la causa prima della rovina economica, per ogni classe sociale.
Sempre nel tema del gioco - che sarà il fil rouge delle attività della Reggia nel 2022, come l'anno scorso è stato l'ambiente - si apre oggi alla Venaria anche la mostra fotografica "Foto in gioco! Un racconto di 18 fotografi italiani", organizzata in collaborazione con Camera. Ormai le mostre fotografiche sono un must irrinunciabile, ovunque e alla Reggia più che mai. Giustappunto Andrea Merlotti ha dichiarato: "Se non vogliamo essere un ospizio in movimento dobbiamo imparare a utilizzare nuovi linguaggi e sollecitare il pubblico più giovane. Solo così i musei sopravviveranno". ("È che il pubblico vuole si parli più semplicemente, così chiari e precisi e banali da non dire niente, per capire la storia non serve un discorso più grande, signorina Cultura si spogli e dia qui le mutande", cit. Francesco Guccini)
Presumo che sia figlia di tale affermazione di principio la mostra "Videogame, arte e oltre" in programma alla Venaria dal 22 luglio. Ma da vero passatista io attenderò con pazienza l'autunno che, dopo il restaurato dipinto di Palma il Giovane "Celebrazione della vittoria della battaglia di Lepanto" oggi visibile, porterà alla Venaria la mostra su John Constable: non sarò moderno, non sarò tecnologico, non sarò gggiovane, ma continuo a preferire Constable a Grand Theft Auto.
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