La fine (del tutto virtuale e burocratica, sia ben chiaro) dell'emergenza sanitaria porta con sé un tale fiorir di mostre che si fatica a starci dietro: ho perso il conto di quante se ne inaugurino soltanto questa settimana.
Però fa piacere, a prescindere dalla mostra, tornare dopo due anni a Palazzo Saluzzo Paesana, in quel lussureggiante appartamento padronale che l'associazione BArock gestisce con gran gusto, proponendo sempre incontri non convenzionali con l'arte contemporanea. Finito il blocco da covid, Gabriele Ferrarotti e Enrico Debandi riprendono il filo del discorso e, mentre preparano eventi per celebrare il trecentesimo anniversario della inaugurazione del palazzo nobiliare di via della Consolata 1 bis, propongono dal 7 aprile e fino al 21 maggio (dal mercoledì al sabato dalle ore 16 alle ore 19 o su appuntamento, ingresso libero) "Nouvella Vague", una personale dell'artista nizzardo Benoît Barbagli.
Com'è noto, l'arte contemporanea non è esattamente la mia cup of tea e dunque non fingerò di aver capito a fondo le grandi tele segnate da ceneri e dilavate dal vento e dal mare che - devo dire - fanno un bel contrasto con gli ori rococò dei saloni. Quello che so di Barbagli è che dev'essere un tipo interessante, che si arrampica sui monti o sugli scogli marini per trovare il posto giusto - quello che la sua insindacabile ispirazione reputa "giusto" - per martirizzare le sue tele in vista di un risultato che noi umani raggiungiamo con i nostri accappatoi o lenzuoli in notti di deboscia o settimane di litigi con la lavanderia.
Per tutto il resto, mi affido alla descrizione dell'opera barbagliana fornita dagli organizzatori della mostra:
L'artista Benoît Barbagli, nato nel 1988 a Nizza e diplomato alla École Nationale Supérieure d'Arts di Villa Arson, è cresciuto all'interno di una famiglia da sempre attiva nel mondo dell’arte, che ha stimolato ed appoggiato la sua formazione espressiva fin dagli esordi nel 2011, anno a cui risale la sua prima performance - Concert Fluxus al MoMA di New York - insieme al nonno Ben Vautier. Questa è la decima personale dell'artista e rappresenta una esaustiva carrellata su gran parte delle tematiche affrontate negli ultimi otto anni. La mostra descrive un inno alla vita e all’amore attraverso il linguaggio magico degli elementi della Natura, oltre ad essere un personale manifesto della libertà espressiva dell’arte.
La mostra è costituita da 30 opere ed è suddivisa in due sezioni principali, in perfetta simbiosi tra loro. La prima sezione raccoglie una serie di tele, per la maggior parte di grande formato, tra cui quattro trittici e un polittico, dipinti a carbone mediante una tecnica che mescola Dripping, Action Painting e Land Art, utilizzando differenti scenari naturali e selvaggi come “atelier” e facendo collaborare gli elementi della Natura. La seconda sezione presenta una galleria di opere fotografiche a testimonianza di altrettante performance, che raccontano esperienze diverse, ma sempre in costante equilibrio tra Amore e Natura.
I grandi saloni di rappresentanza dell’Appartamento dei Marchesi di Saluzzo accolgono sulle loro grande pareti il ciclo “Ecotopìa”, grandi tele bianche dipinte con carbone nero attraverso una particolare tecnica capace di racchiudere in sé i quattro elementi principali della natura: terra, fuoco, acqua e aria. Le opere traggono origine e ispirazione dalla scelta del luogo in cui nascono, che si manifesta sotto forma di Genius Loci e che è presente in maniera differente in ciascuna opera: dalla foresta di Fontainebleau vicino Parigi, già scenario delle prime sperimentazioni en plein air degli Impressionisti, agli scogli di Cap Ferrat, su fino alla cima di Notre Dame d’Amirat e alle montagne sacre di Anapurna in Nepal. I luoghi scelti ospitano le diverse fasi della realizzazione di tali opere, a partire dalla creazione del pigmento utilizzato, che è ottenuto polverizzando il carbone frutto della combustione di legnami raccolti negli stessi luoghi, come a rievocare antichi rituali pagani. Il pigmento miscelato con un fissante vegetale viene gettato sulle tele e poi “dipinto” tramite l’intervento degli agenti atmosferici, come le onde del mare e il soffio del vento, che lo spargono e diffondono, creando pattern astratti e affascinanti nella loro unicità.
I boudoir e i salottini dell’Appartamento Padronale sono invece occupati dalla sezione fotografica della mostra. I 15 scatti selezionati appartengono a un insieme molto più vasto e tuttora in divenire, che evocativamente porta il titolo di “10 ans d’amour” e che documenta il profondo aspetto “romantico” dell’artista, così come avrebbero potuto intenderlo i poeti del 18mo secolo, ovvero la maniera in cui Benoît evoca costantemente il potere del mondo naturale, celebrandone la sua fragile bellezza. Tra i vari ambienti spicca la “wunderkammer” del Palazzo, un tempo sede delle collezioni di oggetti esotici e curiosi del Marchese di Saluzzo, dove sono esposti per la prima volta tutti insieme i “Saut Amoureux”. Questa serie di scatti fotografici realizzati a partire dal 2014 che documentano altrettanti “salti nel vuoto”, evocativi del più celebre “Saut dans le Vide” di Yves Klein del 1960 che idealmente ricollega l’opera di Benoît alla corrente del Nouveau Réalisme. Nell’incantevole Rade de Beaulieu situata in Costa Azzurra l’artista salta verso l'incognito protendendo verso il cielo, nello spazio di un istante, di volta in volta un oggetto diverso: un bouquet di fiori, uno strumento musicale, una fiaccola ad illuminare il buio della conoscenza, il frutto iconico dell'Arte da Andy Warhol a Cattelan.
Sparse nelle varie sale del percorso espositivo, quasi a fare da “trait d’union”, vengono infine presentate alcune sculture realizzate in resina come “Geste d’amour”, che ripropone il gesto simbolico dell’artista di “offerta” di un mazzo di fiori, quasi a dare il benvenuto ai visitatori all’ingresso della mostra, e le due “Chrysalithe” realizzate in collaborazione con l’artista parigina Aimée Fleury, forme dalla sensualità organica che rimandano a un soffice universo immaginario di ricchezza e operosità femminile.
I grandi saloni di rappresentanza dell’Appartamento dei Marchesi di Saluzzo accolgono sulle loro grande pareti il ciclo “Ecotopìa”, grandi tele bianche dipinte con carbone nero attraverso una particolare tecnica capace di racchiudere in sé i quattro elementi principali della natura: terra, fuoco, acqua e aria. Le opere traggono origine e ispirazione dalla scelta del luogo in cui nascono, che si manifesta sotto forma di Genius Loci e che è presente in maniera differente in ciascuna opera: dalla foresta di Fontainebleau vicino Parigi, già scenario delle prime sperimentazioni en plein air degli Impressionisti, agli scogli di Cap Ferrat, su fino alla cima di Notre Dame d’Amirat e alle montagne sacre di Anapurna in Nepal. I luoghi scelti ospitano le diverse fasi della realizzazione di tali opere, a partire dalla creazione del pigmento utilizzato, che è ottenuto polverizzando il carbone frutto della combustione di legnami raccolti negli stessi luoghi, come a rievocare antichi rituali pagani. Il pigmento miscelato con un fissante vegetale viene gettato sulle tele e poi “dipinto” tramite l’intervento degli agenti atmosferici, come le onde del mare e il soffio del vento, che lo spargono e diffondono, creando pattern astratti e affascinanti nella loro unicità.
I boudoir e i salottini dell’Appartamento Padronale sono invece occupati dalla sezione fotografica della mostra. I 15 scatti selezionati appartengono a un insieme molto più vasto e tuttora in divenire, che evocativamente porta il titolo di “10 ans d’amour” e che documenta il profondo aspetto “romantico” dell’artista, così come avrebbero potuto intenderlo i poeti del 18mo secolo, ovvero la maniera in cui Benoît evoca costantemente il potere del mondo naturale, celebrandone la sua fragile bellezza. Tra i vari ambienti spicca la “wunderkammer” del Palazzo, un tempo sede delle collezioni di oggetti esotici e curiosi del Marchese di Saluzzo, dove sono esposti per la prima volta tutti insieme i “Saut Amoureux”. Questa serie di scatti fotografici realizzati a partire dal 2014 che documentano altrettanti “salti nel vuoto”, evocativi del più celebre “Saut dans le Vide” di Yves Klein del 1960 che idealmente ricollega l’opera di Benoît alla corrente del Nouveau Réalisme. Nell’incantevole Rade de Beaulieu situata in Costa Azzurra l’artista salta verso l'incognito protendendo verso il cielo, nello spazio di un istante, di volta in volta un oggetto diverso: un bouquet di fiori, uno strumento musicale, una fiaccola ad illuminare il buio della conoscenza, il frutto iconico dell'Arte da Andy Warhol a Cattelan.
Sparse nelle varie sale del percorso espositivo, quasi a fare da “trait d’union”, vengono infine presentate alcune sculture realizzate in resina come “Geste d’amour”, che ripropone il gesto simbolico dell’artista di “offerta” di un mazzo di fiori, quasi a dare il benvenuto ai visitatori all’ingresso della mostra, e le due “Chrysalithe” realizzate in collaborazione con l’artista parigina Aimée Fleury, forme dalla sensualità organica che rimandano a un soffice universo immaginario di ricchezza e operosità femminile.
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