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CHRIS & CHRIS E LA PROMESSA DI GIORGIA

Febbraio 2018: il faccia a faccia Meloni-Greco
Se in Italia tutte le promesse elettorali venissero mantenute, l'avvento di un governo a guida Fratelli d'Italia preluderebbe a un radicale spoil system al Museo Egizio, con l'immediata cacciata del direttore Christian Greco e della presidente Christillin. La promessa è d'antica data, risale a quattro anni fa: e oggi potrebbe essere mantenuta.
Eppure al Museo Egizio non si respira aria da si salvi chi può. Greco e Christillin stamattina hanno presentato la nuova mostra "Il papiro del re", e non sembravano preoccupati neppure un po'.
Non credo si tratti di beata incoscienza, bensì di sano realismo. Nessuno, all'Egizio, prevede imminenti sconvolgimenti: e tale fiducia si fonda su ottimi motivi.
A questo punto, però, come nei migliori romanzi d'appendice s'impone un flashback per ricostruire gli antefatti. La pietra dello scandalo fu, nel 2018, anno elettorale, l'iniziativa promozionale (e temporanea) dell'Egizio di offrire l'ingresso gratuito alle "persone di lingua araba". Insorsero Lega e Fratelli d'Italia, che parlarono di "discriminazione contro gli italiani" a favore "dei musulmani" (il che tecnicamente è inesatto, poiché non tutti i musulmani parlano arabo, e non tutti gli arabofoni sono musulmani). Salvini bollò l'iniziativa, e addirittura la Meloni andò di persona a protestare davanti all'Egizio: in quell'occasione Giorgia ebbe pure un faccia a faccia - peraltro civile - con il direttore Greco. A quel putiferio seguì uno sdegnato "appello di solidarietà" pro-Greco dei Comitati tecnici del Mibact contro "le strumentalizzazioni e gli attacchi politici". Ciò indispettì non poco i Fratelli, che reagirono con un pizzuto comunicato di Federico Mollicone, responsabile nazionale della comunicazione del partito e oggi tra i papabili per la poltrona di ministro della Cultura. Mollicone definì l'iniziativa dell'Egizio "sintomo della malattia dell'Occidente, un pensiero debole che distrugge la propria storia e identità a favore delle altre, una iniziativa ideologica e anti italiana". La nota molliconica si chiudeva con una promessa (o una minaccia, dipende dai punti di vista): "Stiano tranquilli il direttore Greco e gli estensori dell'anacronistico appello - scriva Mollicone in data 11 gennaio 2018. - Una volta al governo Fratelli d'Italia realizzerà uno dei punti qualificanti del proprio programma culturale che prevede uno spoil system automatico al cambio del Ministro della Cultura per tutti i ruoli di nomina, in modo da garantire la trasparenza e il merito, non l'appartenenza ideologica". Beh, ammetterete che suona come un avviso di sfratto per Greco e Christillin.
Nel 2018 Fratelli d'Italia non andò al governo. Ci andò invece la Lega, con i Cinquestelle. Ma non sfrattò nessuno. Anzi, a livello locale i rapporti del Carroccio con l'Egizio sono diventati quasi idilliaci, al punto che due anni dopo, nel 2020, troviamo un Fabrizio Ricca, assessore regionale e capataz della Lega piemontese, che il 24 giugno di quell'anno - mentre infuria lo scontro sulla conferma o meno di Evelina Christillin alla presidenza dell'Egizio per un terzo mandato - dichiara: "Come Lega abbiamo intenzione di premiare la competenza e di portare avanti una linea di gestione museale che fino a ora ha funzionato. L’Egizio è patrimonio cittadino e regionale che vanta un prestigio internazionale, il dibattito e lo scontro politico non possono e non devono rischiare di danneggiarlo”.
Però due anni fa la Lega era ancora il partito egemone della coalizione, nel Paese e in Piemonte; oggi le posizioni si sono invertite, per cui torna d'attualità quanto scritto dal portavoce di Fratelli d'Italia nel 2018. Ma fra il dire e il fare, fra promettere "uno spoil system automatico per tutti i ruoli di nomina" e far partire le lettere di benservito, ci sta di mezzo il mare delle regole. E - a voler rispettare le regole - c'è di mezzo il mare delle regole.
Il primo punto da chiarire è che il Museo Egizio non è un museo statale: fa capo a una fondazione pubblico-privata, e dallo Stato non riceve un centesimo di contributi. Non dipende dallo Stato né economicamente, né giuridicamente.
Quanto al direttore Christian Greco, egli è in carica dal 2014, è stato confermato nel 2018, e il suo contratto scadrà all'inizio del 2025. Sul piano personale, Greco non ha nessun problema: se lasciasse l'Egizio si scatenerebbe un'asta tra le maggiori istituzioni museali mondiali che gli farebbero ponti d'oro pur di accaparrarselo. Insomma, andrebbe a guadagnare di più, il che come punizione pare piuttosto singolare. 
In punta di diritto, inoltre, secondo l'articolo 10 dello Statuto  "l'incarico al direttore può essere rinnovato, previa valutazione degli obiettivi conseguiti". 
Gli obiettivi conseguiti sono sotto gli occhi di tutti. I dati più recenti parlano di 640.816 visitatori dall'inizio dell'anno a oggi (erano state 655.574 nell'intero anno 2019). Da maggio, quando sono terminate le restrizioni-covid, l'affluenza s'è impennata, superando subito le presenze mensili del 2019, e da allora il trend è stato in crescita costante.
Quanto all'eventuale ulteriore rinnovo, la decisione spetta al CdA, nel quale l'unico rappresentante del governo è il presidente, nominato dal ministro della Cultura. 
L'anello debole, se vogliamo chiamarlo così, è appunto il presidente: Evelina Christillin ha iniziato il suo terzo mandato nel 2021, e scadrà a dicembre 2024. Un eventuale spoil system ad opera del governo dovrebbe slittare a quella data, poiché - almeno formalmente - Roma interviene soltanto sulla nomina del presidente.
In teoria un sistema c'è, se davvero Fratelli d'Italia intendesse dar seguito immediato alla promessa/minaccia di quattro anni fa: il nuovo ministro della Cultura potrebbe chiedere a Christillin di rimettere il proprio mandato, ricevuto dal precedente ministro Franceschini. In tal caso l'Egizio perderebbe non soltanto la presidente, ma anche il direttore: di fronte a un tale atto di forza sulla Christillin, con la quale costituisce una coppia inscindibile quanto vincente, Greco non rimarrebbe neppure un giorno in più, e toglierebbe immediatamente il disturbo.
Una tale eventualità, per quanto ammissibile sul piano giuridico, creerebbe tuttavia una contraddizione interna con la stessa volontà manifestata da Fratelli d'Italia di "premiare il merito e non l'appartenenza ideologica"; ma soprattutto verrebbe vissuta a Torino come un attacco gratuito a un'istituzione che funziona brillantemente e che rappresenta per la città un asset primario sul piano turistico, economico e d'immagine.
Picconare una delle poche realtà museali torinesi in piena salute non porterebbe alcun vantaggio ai picconatori: non la punizione dei reprobi (Greco e Christillin se la passerebbero benissimo anche senza il Museo Egizio) bensì un danno al Museo (che senza Greco e Christillin non si sa come se la passerebbe).
Il pragmatismo di Giorgia Meloni è un dato di fatto, ed è talmente vasta la sproporzione fra danni e benefici di un eventuale ukase all'Egizio da far dubitare che la neo-premier - con tutte le gatte che si ritroverà da pelare - abbia la pur minima voglia di invischiarcisi per una questione di principio. A meno d'alzate d'ingegno di qualche zelota zelante, è probabile che la "promessa elettorale" del 2018 non verrà mantenuta nel 2022. Se un minimo di buonsenso è rimasto nella classe politica italiana, nulla cambierà all'Egizio almeno fino alle celebrazioni del bicentenario del 2025. Poi sarà ciò che dovrà essere.

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