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L'ANOMALIA DELL'EGIZIO

Christillin e Greco (foto Alessandro Di Marco / courtesy Ansa)

Stamattina dovrei scrivere un bel po' di notizie sul Museo Egizio: ieri infatti il dinamico duo Chris & Chris ha presentato la nuova mostra "Il dono di Thot: leggere l'antico Egitto", i nuovi spazi espositivi, e il nuovo progetto di candidatura al Patrimonio Unesco. Tutto in un giorno. Uno fatica a star dietro a tanto attivismo. L'Egizio macina progetti su progetti - mostre in sede e all'estero, ristrutturazioni, ampliamenti, campagne di scavo, podcast, cicli di conferenze, streaming, didattica - oltre a fare, con la massima nonchalance, ciò che a tanti musei riesce poco e male, quando riesce: riempirsi di visitatori e tenere i bilanci in ordine - anzi, in attivo - e reinvestendo i guadagni nella ricerca scientifica. 

A Torino ci sono musei sonnacchiosi, dove non succede mai nulla, sempre uguali a se stessi; musei chiusi da tempo immemorabile; musei che cadono a pezzi e per i quali ogni minimo intervento edilizio diventa un dramma e un interminabile calvario. E poi c'è l'Egizio, che è stato completamente ripensato e ristrutturato in un paio d'anni e senza chiudere un solo giorno, e che continua a evolversi, a cambiare pelle, ad aprire nuovi spazi, ad adottare nuove tecnologie, ad attrarre talenti, a crescere in visibilità e autorevolezza internazionale. E tutto ciò, badate bene, nonostante gli innumerevoli tentativi di svariati genii della politica di azzopparlo, sabotarlo, denigrarlo, immiserirlo, e finalmente normalizzarlo abbassandolo alla mediocrità corrente dei tanti carrozzoni mal gestiti da servi di partito inetti e fanfaroni.

L'Egizio è l'evidente dimostrazione che non è impossibile far funzionare un museo. E che la differenza la fanno, come sempre, i cervelli. Ricordate che cos'era l'Egizio prima di Chris & Chris? Era il posto dove portavano gli scolaretti per fargli vedere le mummie, così poi avevano gli incubi per un mese e all'Egizio non ci mettevano più piede per il resto della vita. 

L'anomalia dell'Egizio dimostra due scomode verità: primo, anche in Italia, e perfino a Torino, è possibile mantenere i musei all'onor del mondo; secondo, non è vero che uno vale uno, e la differenza la fa il cervello.

Ora: alle promesse del mitico Mollicone, che minacciava spoil system all'Egizio, il governo meloniano finora non ha dato seguito. Ma il problema si porrà nel 2024, quando scadrà il terzo mandato della presidente Evelina Christillin. Allora ne vedremo delle brutte, potete scommetterci. Anche perché l'eventuale arrivo alla presidenza di un qualche inadeguato personaggio provocherebbe infallantemente l'uscita di scena del direttore Christian Greco, al quale peraltro già oggi non mancano le laute offerte dei più importanti musei del mondo. Cari miei, godiamoci l'Egizio così com'è, e finché c'è. Come dice il filosofo Carotone, "felicità a momenti, futuro incerto".

E dopo queste considerazioni di moderato ottimismo, ecco il comunicato sulla mostra che s'inaugura oggi, e a seguire il lancio Ansa sulla candidatura Unesco.

Dal geroglifico al copto, dallo ieratico al demotico: è la scrittura dell’antico Egitto, nelle sue varianti ed evoluzioni, la protagonista della mostra “Il dono di Thot: leggere l’antico Egitto”, che debutta al Museo Egizio il 7 dicembre, nei nuovi spazi del Museo. Si tratta di 500 metri quadrati, distribuiti tra piano terreno e ipogeo, concessi dall’Accademia delle Scienze di Torino al Museo Egizio, dopo un’opera di restauro, sostenuta dalla Fondazione Compagnia di San Paolo.
Curata da Paolo Marini, Federico Poole e Susanne Töpfer, egittologi del Museo Egizio, la mostra è frutto di un progetto scientifico ideato dal direttore del Museo, Christian Greco ed è sostenuta dalla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino.
Sono 170 i reperti in esposizione, tutti provenienti dalle Collezioni del Museo Egizio, ad eccezione delle tavolette cuneiformi provenienti dai Musei Reali di Torino.
Se il focus dell’esposizione è rappresentato dai segni e dai testi, in mostra non ci sono solo papiri, ma anche capolavori della statuaria, oggetti in alabastro e statuine lignee, a testimonianza di quella cultura materiale attraverso cui egittologi e storici hanno ricostruito la biografia non solo degli oggetti, ma dell’intera civiltà nilotica.

"Vogliamo candidare il Museo Egizio e l'Accademia della Scienza, che hanno sede nello stesso palazzo barocco, come patrimonio Unesco. Non solo il palazzo architettonico e la collezione, ma anche la cultura immateriale". Lo ha detto il direttore Christian Greco durante la presentazione della mostra "Il dono di Thot: leggere l'antico Egitto".
"L'Egizio - ha spiegato Greco - non sta mai fermo: entro il 2024 trasformeremo il Museo in vista del bicentenario. Per la candidatura è ancora tutto in nuce. Vogliamo valorizzare l'unicità del luogo in cui siamo, il fatto che all'interno di questo palazzo storico, di grande valore architettonico e artistico, ci sia da 200 anni una collezione. La convivenza però non è solo tra cultura materiale/collezione e cultura materiale/palazzo, ma vogliamo valorizzare tutta la cultura immateriale, tutto il sapere che plasticamente si identifica nell'accademia: le collezioni arrivarono qui perché c'era il sapere dell'antico. Il patrimonio Unesco ora tende a valorizzare i sapere intangibile/immateriale".

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