Il nuovo direttore del Tff |
La nomina di Giuliobase alla direzione del Torino Film Festival è ampiamente trattata sul Corriere di Torino di stamattina: c'è un mio modesto commento, ma soprattutto c'è una magistrale intervista al neodirettore, firmata dall'esperto collega Fabrizio Dividi. Vi consiglio di leggervela da cima a fondo (sul cartaceo, o a questo link): vale da sola ben più del prezzo del giornale. Ed è talmente bella che mi permetto di estrapolarne alcuni passaggi, che giudico particolarmente significativi.
Ecco qui le domande e le risposte che più mi hanno entusiasmato. In neretto le domande, in chiaro le risposte, in corsivo le mie chiose:
Emozionato a dover essere «profeta in patria»?
«Ovvio, ma studierò. In questo anno e mezzo studierò e tiferò per Steve Della Casa e per il suo festival, ma sempre stando un passo indietro, con umiltà e discrezione».
Qualcuno lo avverta: l'hanno nominato per l'edizione 2024. Ciò significa che dovrà cominciare a lavorare, pancia a terra, al più tardi fra quattro mesi e mezzo, esattamente dal 3 dicembre di quest'anno, appena terminata la seconda e ultima edizione diretta da Steve Della Casa. Se pensa di "studiare per un anno e mezzo, sempre stando un passo indietro", cominciamo davvero male.
Perché ha partecipato al bando?
«Qualcuno me lo ha segnalato, così mi sono incuriosito. Sono andato a rileggermi l’elenco dei direttori che erano in gran parte registi o torinesi. Ero presente in almeno due di queste categorie e mi sono detto: “Ci provo”».
Massì: regista e torinese, due categorie su due. Meglio di Rondolino, Barbera, Della Casa, solo torinesi; e meglio di Moretti, Virzì e Amelio che sono "solo" registi. Perché non provarci? Quanto a me, mi sono riletto l'elenco dei direttori del Corriere della Sera, che sono tutti giornalisti e maschi: Albertini, Ojetti, Spadolini, Ottone, Stille, Mieli... Anch'io sono giornalista e pure maschio, quindi alla prima occasione ci provo.
Cosa pensa della clausola disattesa in materia di «esperienza in festival»?
«Non credo di averla infranta. Per com’è formulata, sono sicuro di avere i requisiti. Sono nella giuria ai David di Donatello e in Venezia Classici. E poi ho fondato e diretto per cinque anni il festival del Teatro a Finale Ligure».
Ah, beh, il festival del teatro a Finale Ligure cambia tutto... E posso aggiungere che non è disatteso neppure un altro requisito, ovvero aver prodotto "saggi, testi, articoli, e/o altre pubblicazioni attinenti la disciplina cinematografica": scopro infatti che Giuliobase ha dato alle stampe per ADD almeno un testo, "Le regole di Base per una vita felice". Vale?
Come commenta le voci sui contatti frequenti del sottosegretario Borgonzoni con il presidente Enzo Ghigo?
«Ho appena letto una nota in cui la sottosegretaria mi augura ogni bene. Testimonia stima e amicizia e mi fa piacere. Lei è una donna che lavora per il bene del cinema e la rispetto per questo».
Sì, ok, è una donna e una santa. Ma la domanda era sui "contatti frequenti" con Ghigo. Vabbè, forse la domanda era superflua: già ieri il presidente del Museo del Cinema, a mezzo comunicato stampa, ha affermato "con assoluta determinazione" che la nomina di Giuliobase "è avvenuta esclusivamente valutando i meriti del candidato e non è stata in alcun modo condizionata da valutazioni esterne". Con assoluta determinazione.
E sulle ipotesi di pressioni dal ministero?
«Ogni tanto ti danno del raccomandato. Forse non sarò il più bravo, ma in 40 anni di carriera qualcosa avrò combinato, no? Ricordo che fu il ministro Franceschini a nominarmi nella Commissione per la Classificazione delle Opere Cinematografiche. Se sei apprezzato “bipartisan” è segno di stima che va oltre la politica».
Ecco che ci risiamo, a rispondere ciò per broca. Franceschini aveva ruolo istituzionale per nominarti in una Commissione, e ti ha nominato: buon per voi. Ma la domanda era su eventuali "pressioni" del ministero di Sangiuliano, che - almeno per ora - non ha ruolo istituzionale per pressare sulla nomina del direttore del Tff. Come d'altronde non ce l'aveva per pressare sulla nomina del direttore del Salone.
Che cinema le piace?
«Sono onnivoro, me lo hanno insegnato i festival: passare da un film in costume a un filippino e a un classico. Inoltre con la mia famiglia abbiamo un gruppo su WhatsApp che si chiama “Cinefili”, può bastare?».
No.
Rispetto alle sue pubblicazioni, mi è piaciuto ancor più che nella risposta ha citato la sua tesi, non l'ha fatta impazzire?
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