Cominciamo con i dati di fatto.
Dichiarazioni di Paolo Giordano per comunicare la decisione di ritirare la sua candidatura alla direzione del Salone del Libro: "Non ci sono le condizioni di indipendenza e serenità con cui iniziare un percorso così importante, in un momento di passaggio tanto delicato per il Salone". "Un processo di scelta alterato da elementi che non direi politici e nemmeno partitici ma di convenienze". "Ho avvertito che non ci sarebbe stata una piena libertà nella mia gestione di direttore. Si sono poi aggiunte delle richieste di presenze dell’area di destra nel comitato editoriale, non scelte da me ma imposte". "La cultura e il Salone del Libro non meritano di essere lottizzati dal partitismo". Onore a Paolo Giordano: he would prefer not to, Bartleby lives.
Successiva dichiarazione dell’Associazione Torino la Città del Libro (i privati proprietari del marchio): "Constatiamo la mancanza delle condizioni per mantenere aperto il tavolo dei lavori del Comitato Direttivo, istituito per la nomina della direzione editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino (ci credo, e immagino che l'ultima seduta, convocata martedì sera per cercare in extremis un accordo introvabile, sia stato uno spettacolo degno delle peggiori riunioni di condominio. NdG). Siamo rammaricati che Paolo Giordano abbia manifestato la sua intenzione di ritirare la propria candidatura alla direzione del Salone del Libro. Dopo l’attenta valutazione delle candidature, Paolo Giordano continua a essere per noi il candidato ideale per la sua levatura intellettuale, la sua conoscenza del panorama editoriale nazionale, per lo sguardo attento alle trasformazioni della contemporaneità. Riteniamo che il Salone debba continuare a essere libero e indipendente (e se ritengono necessario ribadire un fatto tanto ovvio, significa che qualcuno ha brigato, neppure troppo nell'ombra, contro libertà e indipendenza. NdG). Le diverse sensibilità (e chiamale "diverse sensibilità": a casa mia si chiamano animalesche pulsioni, mentalità bassamente bottegaie, insaziabili appetiti, schifosi maneggi, meschini egoismi. NdG) emerse nel corso della valutazione delle candidature e la necessità di concentrarsi sull’edizione 2023 del Salone, ancora diretta da Nicola Lagioia, rendono necessario richiedere ai nostri partner istituzionali di rimandare a giugno il processo di nomina. Al termine del Salone del Libro 2023, l’associazione inizierà a lavorare per costruire un progetto che conduca il Salone verso le future sfide e nel rispetto del modello organizzativo che da sempre lo ha reso vincente: l’accoglienza delle proposte degli editori all’insegna dei valori di pluralismo, indipendenza e libertà di pensiero. L’Associazione ribadisce il proprio ruolo di struttura organizzatrice che, al di là degli interessi politici ("interessi" è un pietoso eufemismo: trattasi in realtà di arrembaggi, razzie, assalti alla diligenza. NdG), opera per tutelare l’integrità del rapporto con case editrici, autrici, autori, comunità del libro tutta, con la sola finalità di rendere il Salone una manifestazione sempre più grande, solida e in continua crescita".
Ecco. A questo bel risultato ci hanno trascinato, in due mesi di inverecondo suq a spese del Salone, le patetiche esibizioni di dilettanti della politica famelici di potere e visibilità che si immischiano, si intromettono, si sbrodolano immaginandosi eminenze grigie di 'sti cojoni. E giù a sproloquiare di pluralismo, gli sfessati: pluralismo che nel loro vocabolario di trecento parole significa che loro hanno ragione perché sono loro, e tutti gli altri non sono un cazzo.
Saranno soddisfatte, adesso, le teste di minchia che a furia di sgomitare per mettere le zampe sul Salone sono riuscite, nell'ordine, a:
1) confermare la loro miseria umana, politica e intellettuale (e fin qui poco male, si sapeva);
2) gettare il discredito sulla politica (se mai ce ne fosse stato il bisogno) e sulle istituzioni (già più grave);
3) umiliare, scoglionare e infine far scappare a gambe levate i candidati coinvolti loro malgrado nell'inqualificabile rissa da lavandaie, e per nulla inclini a lasciarsi inzaccherare dagli schizzi di merda sollevati dai politicanti arraffoni;
4) rallentare i normali ritmi organizzativi del Salone, mettere a repentaglio l'immagine della manifestazione, ridicolizzare Torino davanti all'Italia tutta;
5) confermare ancora una volta la profonda verità del detto popolare "quand che la merda a monta en scran o la spusa o la fa dan". Stavolta, però, hanno messo a segno un formidabile en plein: tanfo e danno.
E vorrei sottolineare ancora una volta l'oscena volgarità con cui si sono mossi i maneggioni. Cinghiali in un negozio di cristalli, non possiedono neppure la curialesca cautela, la diplomatica ipocrisia, la felpata perfidia dei maneggioni di una volta. Sono ingordi, e manco sanno usare le posate. 'Sti bei tomi dovrebbero vergognarsi, se fossero capaci di vergogna. Invece se ne vanno tronfi, e magari pure convinti di essere figherrimi.
Beh, non lo sono. Sono soltanto dei poveracci. Non meritano neppure un vaffanculo.
Ma io sono generoso, e glielo concedo lo stesso.
Crash!! Senti che rumore fa il Giordano che cade dal pero. Ingenuo come un bimbominkia
RispondiEliminaIl tag merdacce è geniale!
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