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AL BUIO FRA I SASSI: POST D'ARTE, CROCIATE E PESCI SPADA

In penombra fra i sassi: la mostra di Villar Rojas alla Fondazione Sandretto
Stasera - anzi, vista l'ora è già ieri sera - ho fatto un salto alla Fondazione Sandretto dove s'inaugurava "Rinascimento", la prima personale in Italia dell'argentino Adrian Villar Rojas.
Arrivo e trovo tutto buio. Entro, ed è tutto buio. Sparito il desk della biglietteria, sparito il bookshop, vuoto totale. Sospetto di aver sbagliato giorno, e pure indirizzo. Ma fuori s'assembrano le truppe torpedonate dei collezionisti di Artissima in visita di gala, e si avvistano i mai-più-senza dei vernissage sandretteschi. Scambio due ciance con la direttrice di Artissima Sarah Cosulich e intravedo Patriziona Asproni e l'imminente doppia direttrice di Rivoli e Gam Carolyn Christov Barkargiev. Quindi non ho sbagliato giorno. Capisco allora che anche questo buio e questo vuoto sono la mostra.Villar Rojas è un artista così. La sua installazione è immane quanto elusiva. Niente spiegazioni, poca luce, niente riscaldamento. E niente artista, che c'è ma non si vede, per la disperazione di Patrizietta Sandretto che scalpita per la foto ricordo. L'artista è inafferrabile quanto la sua opera è indicibile, ciascuno la interpreti (e lo interpreti) come vuole.
Relitti e detriti: sui sassi ci trovi la qualunque
Per ospitare la titanica installazione, l'intero impianto della Fondazione è stravolto - anzi, azzerato. "Abbiamo compiuto vent'anni, azzerare ciò che siamo stati è anche un ripensamento su di noi", mi spiega la curatrice Irene Calderoni, che fa gli onori di casa. Questa è gente che ha coraggio. Io per il mio prossimo compleanno mi accontenterò di rinfrescare le pareti del soggiorno. Forse.
Entro in un'unica grande sala con grandi massi sparsi. Subito penso a Carnac. L'ipotesi megalitica vale quanto qualsiasi altra, per cui mi sento per un nanosecondo un raffinato critico d'arte. Le rocce sono arrivate tutte dalla Turchia, perché in Turchia, mentre lavorava per la Biennale di Istanbul (con la Christov Bakargiev, tout se tient), Villar Rojas ha concepito l'opera. I pietroni sono davvero grossi: megaliti, appunto. Per portarli a Torino ci sono voluti nove Tir. Dicono sia stato il più imponente trasloco della storia dalla Turchia all'Italia. A parte, presumo, il sacco di Costantinopoli durante la quarta Crociata.
Sui pietroni - blocchi di granito, di arenaria, di sedimento marino, di ossidiana, persino alberi fossili - sono collocati oggetti vari: conchiglie, un'ancora arrugginita, una pala, corna di cervo, barilotti, vasi, nature morte composte con frutta e cacciagione che, mi spiega la gentile curatrice che m'accompagna, per volontà dell'artista non verranno rinnovati per l'intera durata della mostra. Quattro mesi. 
Pesciazzo in mostra: lo spada sul masso
Nell'anticamera del cervello mi balena il sospetto che l'artista sia un tritamaroni micidiale, mentre mi interrogo sullo stato della frutta fra quattro mesi. A quel punto mi cade l'occhio su un grosso pesce spada adagiato su un masso erratico. Domando alla gentile se è imbalsamato. La gentile mi spiega, con un sorriso un po' forzato, che il pesciazzo è stato soltanto trattato con sale per rallentare il corso della natura. E mi conferma che la nobile salma resterà in loco fino alla conclusione della mostra. Accenna anche un lieve afrore che già si avverte. Ringrazio il cielo di essere anosmico. Certe rare volte quest'handicap è una vera benedizione.
Però voi dotatevi di opportune pinzette per il naso, e andate a vedere la mostra alla Fondazione Sandretto. Al netto delle sensazioni olfattive, sulle quali non sono attrezzato per testimoniare, vi garantisco che è affascinante. Forse la più strabiliante in città, in questo mese dell'arte contemporanea.

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