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"In merito alle polemiche e alle notizie apparse sui vari media nei giorni scorsi a proposito della nomina del nuovo Direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino, Domenico De Gaetano, il Comitato di Gestione precisa che la nomina è avvenuta seguendo modalità e procedure del tutto trasparenti condivise dai consiglieri all’unanimità fino a subito prima della votazione finale, nel pieno rispetto delle regole che il Comitato si è posto.
Il dato fondamentale resta che, a seguito di un lungo e rigoroso processo di selezione, il Museo ha finalmente un nuovo Direttore, in possesso di un curriculum e di competenze sulle quali nulla può essere detto al di fuori di opinioni personali e pregiudiziali.
La decisione assunta dal Comitato rappresenta una volontà univoca e collegiale – ancorché espressa a maggioranza – dell’organo di amministrazione. Il Comitato non entra nel merito delle dichiarazioni, che ritiene inopportune, rilasciate dall’ex Presidente, e sta esaminando attentamente ogni dichiarazione, articolo o giudizio espresso pubblicamente in questi giorni dai vari soggetti, al fine di valutare eventuali iniziative legali da intraprendere a tutela del Museo e dell’onorabilità dei membri del suo Direttivo.
Il Comitato ribadisce la piena fiducia al nuovo Direttore Domenico De Gaetano, al quale spetterà il compito della gestione e del rilancio del Museo, nella certezza che possieda il profilo pienamente adeguato alle attuali esigenze della Fondazione.
Il Museo Nazionale del Cinema non merita polemiche immotivate che rischiano solo di creare danni alle sue attività e al ruolo centrale assolto dall’Ente nel mondo della cultura".
Beh. Io lo trovo interessante. Direi stimolante. Tant'è che mi stimola un'analisi puntuale dei passaggi essenziali. Cominciamo pure.
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"Il Museo ha finalmente un nuovo Direttore, in possesso di un curriculum e di competenze sulle quali nulla può essere detto al di fuori di opinioni personali e pregiudiziali". E infatti null'altro è stato detto: le critiche di Toffetti riguardavano appunto curriculum e competenze di De Gaetano. Sulle quali è lecito a Toffetti, e pure a Beatrice, ma persino a mia zia e a mio cuggino, esprimere opinioni ancorché personali come sempre sono le opinioni, e financo pregiudiziali, ammesso che il confine fra i due concetti sia chiaramente tracciabile. Così come è lecito a qualsiasi contribuente esprimere valutazioni su curriculum e competenze di chiunque sia chiamato a assolvere a una funzione pubblica, pagata con denaro pubblico. Aggiungo che ciò vale anche per impieghi privati ma di rilevanza o visibilità pubbliche: altrimenti nessun tifoso sarebbe autorizzato ad affermare che la propria squadra del cuore ha ingaggiato come centravanti una mirabolante pippa. Né un solo lettore, foss'anche un membro del Comitato di gestione del Museo, potrebbe liberamente sostenere che come giornalista faccio schifo. Beh, è una prospettiva niente male, lo ammetto: purtroppo non funziona così.
Diverso sarebbe se qualcuno scrivesse o dichiarasse che i membri del Comitato di gestione o il neodirettore in pectore o anche il centravanti pippa e persino il sottoscritto sono dediti all'abigeato, al contrabbando o alle rapine in banca, o affetti da indicibili tare morali, o al limite da effettive inadeguatezze però non inerenti alla funzione pubblica svolta: ciò sarebbe, sì, falso, diffamatorio, o non pertinente. Ma nel caso del Museo nulla di tutto questo è accaduto, a quanto mi risulta.
"La decisione assunta dal Comitato rappresenta una volontà univoca e collegiale – ancorché espressa a maggioranza – dell’organo di amministrazione" . De iure, senz'altro; né credo che nessuno intenda contestarlo. Che poi il presidente Toffetti, dissentendo da quella "volontà unica e collegiale", si dimetta ed esterni i motivi delle sue dimissioni, non mi sembra "inopportuno": è anzi un atto di trasparenza giuridicamente corretto e moralmente encomiabile. E' vero: in alcune parti del mondo e in alcune realtà politiche è accaduto e accade che il dissenso dalle "volontà uniche e collegiali" non sia particolarmente apprezzato, e talora provochi reazioni piuttosto ruvide ai danni dell'incauto dissidente. Se oggi, in questo paese, è successo qualcosa che mi è sfuggito, siete pregati di avvertirmi. Vuol dire che chiederò asilo politico in Cina.
"Il Comitato non entra nel merito delle dichiarazioni, che ritiene inopportune, rilasciate dall’ex Presidente". Perché non entrare nel merito? Entrino pure, si accomodino: un aperto e franco dibattito su temi e beni di pubblico interesse è sempre auspicabile, e chiunque deve sentirsi libero di esporre le proprie ragioni. Sulla "inopportunità" delle dichiarazioni, ho già detto sopra.
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Non sottilizzerò sul fatto che l'espressione "sta esaminando attentamente ogni dichiarazione, articolo o giudizio espresso pubblicamente in questi giorni dai vari soggetti, al fine di valutare eventuali iniziative legali da intraprendere" possa suonare vagamente intimidatoria nei confronti non soltanto di Toffetti (e Beatrice), ma anche dei giornalisti ("vari soggetti" è suscettibile di un'interpretazione assai estensiva) che seguono il caso riportando le dichiarazioni delle parti ed esercitando il sacrosanto diritto di critica garantito dalle leggi. Ma questo è folklore: i giornalisti che rischiano davvero nel nome della libertà di stampa stanno a Baghdad, o a Mosca, non a Torino.
Mi preme piuttosto sottolineare che il Comitato di gestione non è il vero protagonista della vicenda, e dunque neppure il reale destinatario di critiche e proteste. Credo anzi che quelli del Comitato si attribuiscano un peso che non gli è proprio, se non per unzione superiore. Sappiamo tutti benissimo che i motori della vicenda sono i politici. I componenti del Comitato di gestione sono nominati dai soci del Museo - il Comune, la partecipata comunale Gtt, le due fondazioni bancarie e la Regione, che esprime il presidente - e mi pare troppo pretendere che i contribuenti accettino senza il minimo dubbio la tesi di una totale mancanza di influenza dei soci su chi li rappresenta nel Comitato: ci sarebbe da domandarsi, allora, cosa li hanno nominati a fare.
In alternativa, posso anche credere all'esistenza di un politico che nomina un suo rappresentante con il preciso mandato di venirne regolarmente contraddetto, smentito e sfanculato. Ma escludendo tale ipotesi masochista, ne deriva che la responsabilità per le decisioni del Comitato di gestione ricade, in prima istanza, sui soci. Su quelli politici innanzi tutto. Di ciò si sta discutendo in questi giorni, se qualcuno non se ne è accorto o finge di non accorgersene. Lo so, i politici chiamati in causa giurano solennemente di non aver fatto nulla per influenzare l'esito del bando. Non me ne vorranno, quei politici, se i loro giuramenti non sono ai miei occhi una garanzia assoluta. Lo so, non credere ai politici è qualunquistico e populistico. Ma non sono io che sono qualunquista: sono loro che mi hanno abituato a pensar male...
"Nella certezza che (De Gaetano) possieda il profilo pienamente adeguato alle attuali esigenze della Fondazione". Questa certezza certificata dal Comitato di gestione è l'opinione di alcune persone, tra cui i quattro componenti del Comitato di gestione. Opinione rispettabilissima, ma purtroppo in conflitto con le opinioni, ben diverse ma parimenti rispettabili, di altre persone: e non soltanto di Toffetti e Beatrice, protagonisti della vicenda come i quattro del Comitato. Aggiungo che talune di quelle persone sono perfettamente attrezzate, almeno quanto alcuni membri del Comitato, per esprimere un parere sensato sul profilo professionale del nominato direttore.
"Il Museo Nazionale del Cinema non merita polemiche immotivate che rischiano solo di creare danni alle sue attività e al ruolo centrale assolto dall’Ente nel mondo della cultura". Questo è ciò che penso anch'io. Quindi vorrei che mi spiegassero per quale maledizione ormai da tre anni il Museo sia condannato a dibattersi in un oceano di polemiche generate - a mio libero e personale giudizio - soprattutto da interessi che hanno più attinenza con la spartizione del potere che con l'espressionismo tedesco e la Corazzata Potemkin.
Di nomine, contratti e ricorsi: un quesito giurisprudenziale
Già che siamo in tema, e visto che anche oggi - ogni giorno ha la sua pena - alla fine della fiera mi è toccato di scrivere sulla ormai intollerabile storiaccia del Museo del Cinema, ne approfitto per chiedere lumi a chi ne sa più di me su una questione giuridica.Come detto, già due richieste di accesso agli atti sono state depositate da altrettanti candidati che sospettano irregolarità nel bando.
Le mie scarsissime e remote nozioni di diritto amministrativo mi inducono a domandarmi se - in presenza di un accesso agli atti per cui l'atto stesso rischia di essere impugnato e in ultima istanza persino annullato - la legge o quanto meno la prudenza del buon padre di famiglia non prevedano tale atto venga sospeso, in attesa che la vicenda si chiarisca. Purtroppo non ho sottomano il Mortati per verificare, quindi mi rivolgo direttamente ad Alberto Cirio, presidente della Regione nonché brillante laureato in Giurisprudenza, per una consulenza giuresprudenziale. Vorrei capire se è reale l'eventualità che, una volta firmato il contratto del direttore, gli effetti civili di quel contratto permangano anche se il bando venisse invalidato: costringendo così l'ente pubblico a cercare e stipendiare un nuovo direttore, e al tempo stesso pagare anche a quello "invalidato" le spettanze previste dal suo contratto.
Logica vorrebbe il contrario, ma non sempre logica e diritto vanno a braccetto e - essendo in ballo soldi anche miei - l'autorevole parere di persona competente tanto in legge quanto in pubblica amministrazione mi rassicurerebbe. Attendo con fiducia.
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